SPORT E TERRORISMO: LA SICUREZZA DELLE OLIMPIADI IN BRASILE

Ripubblichiamo la parte dell’articolo sulla minaccia terroristica negli eventi sportivi riguardante le misure di sicurezza assunte per le Olimpiadi in Brasile. L’articolo integrale di Pietro Orizio venne pubblicato a inizio luglio sulle pagine di Analisi Difesa col titolo  “Da Euro 2016 alle Olimpiadi in Brasile: lo sport nel mirino dei jihadisti?”

 

Il sistema di sicurezza dei Giochi Olimpici di Rio de Janeiro sarà di responsabilità della Commissione Statale di Sicurezza Pubblica e Difesa Civile per i Giochi di Rio 2016 (COESRIO2016). Essa  fa parte della Segreteria Straordinaria di Sicurezza dei Grandi Eventi (SESGE) creata nel 2011 per pianificare, monitorare e coordinare tutto ciò che riguarda la sicurezza degli eventi a partecipazione massiva quali la Confederations Cup, la Coppa del Mondo 2014 e le Olimpiadi 2016 appunto.

I primi Giochi Olimpici sudamericani della storia daranno vita alla più grande operazione di sicurezza nella storia del Brasile, basata sulla stretta collaborazione tra Ministero dell’Interno, della Difesa e l’ABIN, l’agenzia nazionale d’intelligence. Nella città di Rio verrà attivato un Centro di Comando e Controllo Integrato che sarà collegato con altri centri subordinati presso i quattro hubs olimpici: Barra da Tijuca, sede del villaggio olimpico, stadio Maracanà, dove avranno luogo le cerimonie di apertura e chiusura dei giochi, Deodoro e Copacabana.

Essi soprassederanno le attività delle forze dispiegate in ognuna delle 54 aree di Rio de Janeiro utilizzate per i Giochi: strutture competitive e di allenamento, il villaggio olimpico ed il Centro Televisivo Internazionale.

Da presidiare ci saranno anche le città in cui avranno luogo le partite di calcio:São Paulo, Brasilia, Belo Horizonte, Salvador e Manaus.

Sul campo è previsto lo schieramento  di 85.000 uomini – il doppio di Londra 2012 – di cui 47.000 poliziotti e 38.000 militari di Esercito, Marina ed Aviazione.

Un’aliquota di soldati (~ 20.000) verrà dislocata a Rio de Janeiro mentre l’altra (~18.000) sarà suddivisa tra le altre 5 città in cui si trovano gli stadi. Presso il CML, Comando Militare Orientale di Rio de Janeiro, ha stabilito la propria sede il Centro Antiterrorismo Integrato, un reparto interforze di 2.000 uomini.

Mediante uno dei suoi ultimi provvedimenti, la presidente Roussef ha autorizzato le forze armate brasiliane ad abbattere velivoli “ostili” che sorvoleranno il territorio nazionale durante i Giochi; intendendo come tali qualunque velivolo “sospetto” che non si attenga agli ordini delle autorità.

Un ruolo considerevole verrà giocato anche dalle società di sicurezza private il cui settore brasiliano è decisamente sviluppato ed innovativo. Il dispositivo di sicurezza dei giochi sarà affidato per  il 41% alle forze di pubblica sicurezza  e per il 59% ai privati. Il Comitato Olimpico Internazionale infatti verserà alle compagnie di sicurezza private circa 63 milioni di euro per i loro servigi.

Tuttavia, a differenza della Coppa del Mondo 2014, il ruolo delle compagnie private di sicurezza a Rio 2016 sarà più defilato, ma pur sempre di 9.000 operatori. Essi si occuperanno infatti solo delle aree amministrative, lasciando le strutture sportive, il villaggio olimpico da circa 9.300 uomini della Força Nacional.

Questo per una scelta politica indirizzata al risparmio, visto che le forze pubbliche sono già pagate dai contribuenti mentre l’ulteriore dispiegamento di operatori privati avrebbe inciso troppo sui costi.

Inoltre, gli agenti pubblici avrebbero una preparazione superiore rispetto agli “stewards” impiegati durante la Coppa del Mondo; essi potranno essere sia in servizio attivo – anche facendo gli straordinari – che in congedo, senza esser necessariamente armati o in uniforme. Questo rappresenterebbe un altro sistema per evitare improvvise carenze di personale come a Londra 2012.

Nella sola Rio esistono più di 220 compagnie di sicurezza private ed in occasione delle Olimpiadi, molte ne hanno approfittato aumentando i propri tariffari fino a 4 volte.

A queste si affiancano realtà che operano senza i requisiti legali minimi o guardie del corpo free-lance che per un trasferimento da una struttura sportiva ad un altra, con autista e veicolo blindato arrivano a chiedere  tra 2.700 e 6.300 euro al giorno. Molti contractors stranieri che operano nel Paese si trovano obbligati a collaborare con società di sicurezza locali in quanto non è loro concesso portare armi.

Questo mentre le compagnie di sicurezza private autoctone, di Rio soprattutto, sarebbero responsabili di più del 30% delle armi da fuoco che finiscono nelle mani dei criminali. Secondo un report della Polizia Federale divulgato dal giornale Globo, infatti almeno 17.662 armi da fuoco sarebbero state rubate o trasferite dalle scorte delle compagnie private di Rio negli ultimi 10 anni, senza che ciò sia mai stato investigato dalla Polizia.

Come se non bastasse la ISDS, società multinazionale israeliana operante nel settore della sicurezza e con una propria succursale in terra carioca, nel ottobre 2014 aveva annunciato l’assegnazione di  un appalto da 2.2 miliardi di dollari per la consulenza ed il coordinamento dell’apparato di sicurezza dei Giochi.

Tuttavia, a seguito di un’accesa contestazione da parte di circa 30 sigle sindacali il Governo brasiliano si è visto obbligato a prendere le distanze da una società che, a detta dei contestatori, aveva collusioni con Israele, fornendole sistemi repressivi contro i palestinesi e con diverse feroci dittature centroamericane del passato.

La pressione avrebbe poi dovuto dirigersi verso il Comitato Olimpico affinché ritirasse il titolo di fornitore ufficiale dei Giochi Olimpici riconosciuto alla società.

Boicottaggio riuscito o meno, sul sito (non proprio aggiornato!) della società israeliana compare ancora una lettera che ne definisce titolo e compiti affidatogli: gestione dei rischi, intelligence sulle minacce, coordinamento tra polizia e servizi di sicurezza, gestione delle crisi compresi sequestro di persona a scopo di estorsione, test di penetrazione (valutazione della sicurezza di un sistema simulandone un attacco), contromisure di sicurezza e addestramento cercando di adattare alla specificità del caso il tanto decantato “metodo israeliano”. 

Decisamente singolare è risultata infine l’operazione Segurança Presente (Sicurezza Presente) lanciata il 1 dicembre da Fecomercio, federazione di 59 società. Per un contratto da 11,4 milioni di euro, quattrocento agenti stanno pattugliando tre zone commerciali e turistiche di Rio de Janeiro. Negli ultimi due mesi hanno fermato 869 persone per vari reati ed allontanato 209 senzatetto.

Sebbene le forze dispiegate siano consistenti, ciò che farà la differenza sarà la loro preparazione ed un’efficace azione preventiva.

Esercitazioni e simulazioni si sono svolte in continuazione considerando ogni possibile scenario – da sofisticati attacchi di cyber-terrorismo in grado di paralizzare servizi critici e d’emergenza ai droni “suicidi” carichi di esplosivo o sostanze chimiche, fino a tipologie di attacco più tradizionali, ma combinate fra loro – con particolare attenzione al miglioramento dell’interazione tra gli operatori di sicurezza civili e militari e alla gestione della folla. Aspetto questo trattato proprio in collaborazione con la polizia francese che allo Stade de France si è trovata a gestire 80.000 spettatori nel panico e per il quale, secondo il tenete Anne-Christine Poinchon “non si può essere mai preparati abbastanza”.

Addetti militari di oltre 20 paesi (tra cui Stati Uniti, Germania, Giappone, Russia e Gran Bretagna) hanno assistito personalmente alle esercitazioni in cui i padroni di casa hanno dimostrato di poter garantire al meglio la sicurezza, non solo dei propri concittadini, ma di tutte le rappresentanze.

L’attaché giapponese Toru Yamachi, il cui Paese sarà il prossimo ad ospitare i Giochi Olimpici, è stato decisamente soddisfatto e ha dichiarato che il modello di sicurezza integrato, già messo alla prova durante la Coppa del Mondo 2014, verrà adottato anche da loro.

Ha inoltre aggiunto che “In questa esercitazione, i poliziotti e militari brasiliani hanno offerto una grande opportunità di apprendimento. Abbiamo un sistema integrato simile, ma è importante vederlo messo in pratica”, e “credo che i giochi olimpici di Rio de Janeiro saranno un grande successo”.

L’addetto militare statunitense, Jose Espinosa, ha rimarcato l’importanza di trattare adeguatamente la minaccia terroristica e ha sottolineato la lunga collaborazione col Brasile,risalente alla Seconda Guerra Mondiale. In particolare è da segnalare il programma di addestramento antiterrorismo a cui sono stati sottoposti uomini delle forze dell’ordine brasiliane con i reparti antiterrorismo dell’Ufficio Sicurezza Diplomatica del Dipartimento di Stato.

Accordi per programmi simili sono in corso con Spagna, Francia, Gran Bretagna e Germania. Dal 2011 più di 13.000 agenti brasiliani hanno partecipato a questa formazione e altri 7.674 – 5.636 militari e 2.030 poliziotti – dovrebbero farlo entro inizio Giochi.

Per quanto riguarda l’Intelligence, più di novanta Paesi contribuiranno alla condivisione di informazioni sensibili, lasciando da parte eventuali rivalità.

Tramite il sistema API-PNR, le autorità brasiliane potranno controllare immediatamente i passeggeri dei voli in ingresso ricevendo in tempo reale tutte le informazioni necessarie dai vari Paesi d’origine.

Nonostante il Brasile si sia sempre considerato al riparo dal terrorismo, sia per la mancanza di gruppi interni che per le proprie scelte “non allineate” in politica internazionale, la minaccia sta progressivamente crescendo con l’approssimarsi dei Giochi Olimpici e Paraolimpici (dal 5-21 agosto e dal 7-18 settembre).

Luiz Alberto Sallaberry, direttore dell’antiterrorismo, ha ribadito che la situazione è peggiorata con gli attacchi in Europa e con l’aumento di simpatizzanti dello Stato Islamico nel Paese; Maxime Hauchard, cittadino francese legato allo Stato Islamico, ha minacciato apertamente su Twitter: “Brasile, tu sei il nostro prossimo bersaglio,”.

Il Segretario alla sicurezza dello Stato di Rio de Janeiro, Jose Mariano Beltrame ha dichiarato di non aver previsto variazioni nei piani di sicurezza in quanto la minaccia terroristica è sempre stata trattata con assoluta priorità.

Tuttavia, esperti di sicurezza indipendenti sostengono che i vertici brasiliani non si rendono conto dell’opportunità che i giochi olimpici rappresentano per chiunque voglia seminare il terrore: 300.000-500.000 turisti attesi, 7,5 milioni di biglietti emessi, circa 15.000 atleti, 206 delegazioni nazionali, 54 strutture olimpiche e 6 città interessate.

Per non parlare dell’ordine pubblico che deve essere comunque garantito anche nel resto del Paese. Paulo Storani, consulente di sicurezza internazionale ed ex capitano dei reparti speciali della polizia di Rio denuncia un’estrema ingenuità delle autorità causata dalla mancanza di nemici dichiarati e di esperienza dell’intelligence.

Dello stesso parere il Tenente Colonnello dell’Esercito Andre’ Soares, con un’esperienza trentennale nei servizi segreti, sia sul campo che a livello dirigenziale; il quale denuncia inoltre come l’ABIN – i servizi segreti brasiliani – sia così inefficiente da godere di una pessima reputazione nella comunità dei servizi, nonché una scarsa volontà di collaborazione con i partner internazionali per la bassa qualità del proprio lavoro.

Di certo non rincuorante ciò che l’ex campione di calcio verde-oro Rivaldo ha scritto su Instagram “Le cose qui si stanno facendo ogni giorno sempre più brutte. Consiglio a chiunque intenda visitare il Brasile per le Olimpiadi di Rio di restare a casa. Mettereste la vostra vita in pericolo qui. Senza parlare dello stato degli ospedali pubblici e tutto il caos politico brasiliano. Solo Dio può cambiare la situazione del nostro Brasile.”

Altre criticità sorgono dalle caratteristiche storiche, politiche e geografiche del Paese.

I confini sono sempre stati particolarmente porosi: 23.000 chilometri condivisi con 10 Paesi, spesso in zone impervie che rendono difficoltoso il contrasto al traffico di droga e di armi. Tra Brasile, Argentina e Paraguay si trova la Triple Frontera, un area di 2.500 chilometri quadrati in cui contrabbando e terrorismo trovano riparo e possono avere libero accesso ai vari Paesi.

Come se non bastasse, le autorità brasiliane hanno approvato l’esenzione del visto per un periodo di 90 giorni dal 1 giugno al 18 settembre, per incentivare l’afflusso di turisti da Stati Uniti, Giappone e Australia. Molte le proteste sul fatto che, dopo i tragici fatti di Parigi, l’importanza dei visti come sistema di registrazione di ingressi e transiti non dovrebbe essere trascurata.
La cosa più inquietante, però è che il Brasile risulta altamente pericoloso a prescindere dal terrorismo!

Le strutture olimpiche, così come alcune note spiagge ed hotel di lusso si trovano a pochi passi dalle favelas; baraccopoli in cui povertà, degrado e bande criminali la fanno da padroni: esse sono state teatro di vere e proprie battaglie – nel 2009 un elicottero della polizia è stato abbattuto mentre sorvolava una favela – con le forze dell’ordine.

Senza arrivare a queste situazioni estreme, molti posti restano comunque poco sicuri, specialmente nelle ore notturne. Secondo le statistiche, il Brasile ha circa 50.000 omicidi all’anno di cui 1.715 (dolosi) nella sola Rio de Janeiro, tra gennaio e aprile di quest’anno.

La situazione è tale che alcune delegazioni si faranno addirittura accompagnare dalle proprie forze dell’ordine: 2.000 gli agenti dell’FBI al seguito degli atleti statunitensi, mentre francesi, israeliani, canadesi, tedeschi e australiani avranno una media di 100-300 agenti di scorta.
Le morti attribuite alle operazioni di polizia, sempre nei primi quattro mesi dell’anno sarebbero 2.036 (+12% rispetto al 2015).

Queste cifre portano l’attenzione su di una polizia considerata tra le più letali del mondo: le vittime più diffuse sono giovani di colore, delle favelas, spesso giustiziati extra-giudizialmente quando già arresi o feriti. Le denunce di Amnesty International parrebbero trovar conferma nelle circa 40 persone uccise durante i Giochi Pan Americani del 2007 o i nove abitanti della favela Maré durante la Confederation Cup del 2013.

A dicembre le Nazioni Unite hanno accusato le autorità brasiliane di assassinare deliberatamente nel tentativo di “ripulire le strade” per le Olimpiadi. Vi sarebbe poi il problema delle ricollocazioni forzate per la realizzazione di infrastrutture sportive o di viabilità: circa 22.000 famiglie — o più di 77.000 persone — tra il 2009 e 2015.

La favela Vila Autódromo – zona occidentale di Rio de Janeiro – è stata quasi completamente demolita per costruire le strade d’accesso al Parco Olimpico.

La peggior recessione degli ultimi 100 anni, la disoccupazione allarmante e lo scandalo che ha investito Dilma Roussef ha fatto riversare nelle strade milioni di persone al grido di “Fora Dilma” (Vattene Dilma); numerose ed affollate anche le contro proteste a favore della Presidente, ritenuta vittima di un golpe.

Mobilitazioni che possono degenerare rapidamente in tafferugli e scontri violenti ed avere ripercussioni sul dispositivo organizzativo e di sicurezza delle Olimpiadi. La violenza negli stadi poi non è da trascurare, visto che  dal 1988 ha causato la morte di ben 253 tifosi.

Questi rischi e minacce all’ordine pubblico e alla sicurezza dei Giochi sono accompagnate da un altro fattore che, seppur anch’esso minimizzato dalle autorità, dovrebbe far comunque riflettere. Per la sicurezza di Rio 2016, secondo la società 4GS, sono stati stanziati solamente  175 milioni di eutro contro i  781 di Londra 2012, gli 1,1 miliardi di Atene 2004 e i 2,6 miliardi di Sochi. A  sua volta lo stato di Rio de Janeiro ha ridotto il proprio budget per la sicurezza di circa  494 milioni di euro, visto che, come ha detto il Segretario Beltrame, non può focalizzarsi solo sui giochi, trascurando il resto della città.

Un contesto pericoloso

Sport e terrorismo sono purtroppo andati spesso di pari passo, perlomeno dagli anni 70.

Chi può dimenticare l’azione di Settembre Nero contro la delegazione israeliana alle Olimpiadi di Monaco del 1972 (17 morti), oppure le bome alle Olimpiadi Atlanta 1996 (2 morti) o  alla Maratona di Boston nel 2013 (3 morti); per non parlare degli atleti ripetutamente bersagliati durante le trasferte o nei loro alberghi e tutti gli attacchi sventati o che non hanno provocato vittime.

Nell’antica Grecia esisteva la “Tregua Olimpica” che prevedeva una sospensione delle ostilità durante i Giochi; oggi questi eventi sono diventati invece un catalizzatore per il terrorismo.

Un terrorismo che è diventato sempre più “sanguinario” negli anni, non solo per armi più potenti e semplici da reperire – gli attentatori della maratona di Boston hanno ucciso con pentole a pressione trasformate in bombe come istruzioni da “Preparare una bomba nella cucina di tua Madre”, articolo di Inspire, la rivista di Al Quaeda – ma proprio per l’intenzionalità di provocare sempre più vittime.

L’esperto di terrorismo Brian Jenkins, ha dovuto infatti modificare il suo famoso aforisma risalente agli anni 70 “Terrorists want a lot of people watching, not a lot of people dead” (I terroristi vogliono che molta gente guardi, non che muoia) in  “Terrorists want a lot of people watching and a lot of people dead” (parafrasando, più pubblicità e più morti).

Jenkins racconta che, anche se sempre terrorismo, quello del passato era maggiormente caratterizzato da una sorta di moralità e di una volontà di non alienarsi troppo l’opinione pubblica; ora invece si ricerca la violenza più brutale ed indiscriminata.

L’odio etnico e religioso ha soppiantato l’agenda politica e i “titoloni” sui giornali si ottengono con tanti morti! Ed ecco quindi una delle novità di gruppi come Al Qaeda e IS:  la gente comune si trasforma in bersagli tanto importanti quanto i VIP.

Un qualunque assembramento di persone allo stadio, al cinema, in un ristorante, al check-in di un aeroporto o in spiaggia diventa di estrema attrattività. I terroristi di Parigi non sono riusciti ad entrare nello stadio perché i controlli hanno funzionato, ma ciò non ha impedito la loro azione: certo, ne ha ridotto la letalità!

Parlare di sicurezza totale è pressoché un’utopia; non esiste un posto assolutamente sicuro, perfino le basi militari sono oggetto di attacchi, figuriamoci luoghi come stazioni della metropolitana o ferroviarie di libero accesso a chiunque. E’ più facile compiere un attentato che prevenirlo.

Ciò spiega il perché, nonostante draconiane misure di sicurezza, Paesi come Russia, Cina, Stati Uniti ed Israele siano sempre e comunque nel mirino. Anzi, per paradosso, esiste un filone di ricercatori che sostiene che quanto più una struttura sia protetta, più possa essere attrattiva per i terroristi.

Da una parte l’esasperata protezione di certi obiettivi può dirottare gli attacchi verso altri, portando l’effetto sorpresa ai livelli massimi. Dall’altra un bersaglio estremamente protetto può spingere alla ricerca di metodi d’attacco sempre più potenti e letali.

L’approccio “ring of steal” (anello d’acciaio) adottato ai Giochi Olimpici di Sochi, ad esempio, è stato caratterizzato da un’estrema sorveglianza ed altissimi costi. Sebbene il dispositivo abbia funzionato evitando vittime, esso è stato altamente dannoso per il morale e la libertà, diffondendo un clima di estrema ansia tra partecipanti e spettatori.

Proprio per le sue caratteristiche, esso non può essere adottato per estesi periodi di tempo e resta appannaggio di pochi eventi solamente; manifestazioni minori non hanno di certo le stesse possibilità economiche, pur rimanendo possibili bersagli.

I costi e l’impossibilità per le autorità di presidiare in forze ogni evento a partecipazione massiva, permetteranno alle compagnie private di sicurezza di rivestire un ruolo sempre più importante.

Questo richiederà tuttavia una maggiore e migliore regolazione del settore, nonché l’applicazione di standard più elevati per i controlli dei propri dipendenti, sia al momento dell’assunzione, che prima di prestare servizio ad ogni singolo evento.

Una lattina esplosiva posta sull’aereo russo da un dipendente dell’aeroporto di Sharm, ha concretizzato uno dei peggiori incubi per la sicurezza: infiltrazioni per colpire dall’interno.

Una possibilità inquietante così come quella di bersagliare la  folla durante l’afflusso o deflusso dai grandi eventi o zone circostanti; ciò che è accaduto ai tifosi di calcio in Uganda nel 2010 ed in Nigeria nel 2014 dovrebbero aver insegnato qualcosa.

Gli attacchi saranno ormai sempre più indirizzati a grandi eventi o luoghi di aggregazione della più banale quotidianità – infrastrutture dei trasporti durante gli orari di punta – in quanto stracolmi di soft targets.

Obiettivi che possono essere colpiti con attentati tipo “Lo-fi” (bassa fedeltà, semplici): chiunque può impugnare coltelli, armi bianche, utensili o mettersi alla guida di veicoli da lanciare sulla folla.

L’Intifada palestinese dei coltelli o gli attentati di Pechino del 2014 dimostrano che per uccidere non servono armi all’ultimo grido. Panico e l’isteria di massa che si generano rappresentano un’ulteriore opportunità per l’effetto moltiplicatore che possono avere sul bilancio finale di vittime. Per non parlare del vantaggio tattico che la folla può fornire all’infiltrazione ed esfiltrazione di terroristi pre- e post-attacco.

I dispositivi di sicurezza di Euro 2016 e Rio 2016, così come di altri eventi del genere, sono frutto di studi, progetti, scelte ed accesi confronti; tutto sembra pronto e nulla lasciato al caso, ma vista l’imprevedibilità di minacce che si adattano ed evolvono sempre più rapidamente, gli organizzatori degli eventi potrebbero aver bisogno di qualcosa in più della propria preparazione.

Magari un po’ di fortuna. Ma come ebbe a dire un terrorista dell’IRA rivendicando il fallito attentato del 1984 alla Tatcher “noi dobbiamo essere fortunati una volta – voi dovete esserlo sempre.”

Foto:  AP, EPA, Reuters, AFP e  Forze Armate Brasiliane

Nato nel 1983 a Brescia, ha conseguito la laurea specialistica con lode in Management Internazionale presso l'Università Cattolica effettuando un tirocinio alla Rappresentanza Italiana presso le Nazioni Unite in materia di terrorismo, crimine organizzato e traffico di droga. Giornalista, ha frequentato il Corso di Analista in Relazioni Internazionali presso ASERI e si occupa di tematiche storico-militari seguendo in modo particolare la realtà delle Private Military Companies.

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