HAFTAR VINCE LA SCOMMESSA PETROLIFERA IN LIBIA

da Il Mattino del 16 settembre

Sembrava un gesto avventato quello con cui domenica scorsa il generale Khalifa Haftar si è impossessato con le armi dei quattro terminal (Zueitina, Mersa el-Brega, Ras Lanuf e Sidra cacciando le milizie della Petroleum Facilities Guard di Ibrahim Jadhran e sfidando il governo riconosciuto dall’ONU di Fayez al-Sarraj.

Invece il blitz si sta rivelando vincente per Haftar, il governo di Tobruk e per gli interessi libici e potrebbe avere avuto complicità e appoggi insospettati.

Le tribù della “Mezzaluna Petrolifera” hanno appoggiato l’operazione militare stanche delle tasse imposte dagli uomini di Jadhran che a causa del blocco dell’export petrolifero non avevano più introiti.

Ragione che sarebbe all’origine della defezione di molte unità delle PFG, che hanno spalancato le porte all’Esercito Nazionale Libico.
Invece di gestire i pozzi, Haftar li ha consegnati alla Compagnia petrolifera nazionale (NOC), mantenendone però il presidio ai fini della sicurezza.

Il premier del governo di Tobruk, Abdullah al Thani, ha nominato ieri il colonnello Miftah Maqreef, responsabile della sicurezza dei terminal della Mezzaluna petrolifera e quindi comandante delle quattro brigate delle PFG al posto di Ibrahim Jadhran.

In un’intervista al giornale egiziano Al-Ahram al-Arabi, il generale Haftar, appena nominato maresciallo per i suoi meriti in battaglia dal parlamento di Tobruk, ha detto che “comprende le preoccupazioni espresse da alcuni Paesi occidentali su quanto sta avvenendo nella Mezzaluna petrolifera” ma ha aggiunto che “si tratta di timori infondati”.

“La nostra operazione è mirata a liberare i porti dalle mani di una banda di miliziani che hanno bloccato l’esportazione del greggio provocando enormi perdite all’economia” ha precisato. “Inoltre non c’è stato spargimento di sangue” e “nessun danno alle strutture”.

La Noc ha accolto mercoledì con soddisfazione la consegna dei porti petroliferi e il presidente della compagnia, Mustafa Sonallah, ha annunciato ieri che “le esportazioni riprenderanno immediatamente da Zueitina e Ras Lanuf, e continueranno a Brega”.

La Noc punta ad aumentare la produzione di petrolio dai 290mila barili al giorno attuali a 600mila barili al giorno entro quattro settimane e a 900mila barili al giorno entro la fine dell’anno.

Un contesto positivo per la Libia, auspicato dall’Onu, ma che esalta il ruolo di Haftar e mette in seria difficoltà il già debole esecutivo di Fayez al-Sarraj, costretto a dialogare con il maresciallo da una posizione di debolezza dopo che il Consiglio presidenziale, massimo organo esecutivo di Tripoli, si è diviso sulla risposta militare all’occupazione dei terminal petroliferi. Due dei nove membri, Ali al-Qatrani e Fathi al-Majbari, hanno espresso la loro contrarietà a “qualsiasi intervento militare” contro Haftar secondo quanto riferito dal giornale online Al-Wasat.

Anche le milizie di Misurata sono apertamente contrarie ad azioni contro Haftar e pronti ad accordi più ampi con il maresciallo sui quali ha chiesto dettagli ieri l’inviato dell’Onu Martin Kobler, giunto a Misurata con il consigliere militare, il generale degli alpini Paolo Serra.

La posizione di Misurata lascia spazio al dubbio di un’intesa preventiva al con Haftar sul blitz ai terminal petroliferi e del resto i combattenti della milizia cittadina sono provati dalla battaglia ancora in corso a Sirte contro lo Stato Islamico, dove i raid statunitensi dal 1° agosto sono salti a 150.

Inoltre molti a Misurata rimproverano al-Sarraj e le milizie di Tripoli di aver fatto ben poco per strappare la città natale di Muammar Gheddafi al Califfato.

L’assenza di conflittualità tra le truppe di Haftar e quelle di Misurata è una buona notizia per i 300 militari italiani che stanno raggiungendo la città della Tripolitania per l’operazione Ippocrate ma non per l’Occidente, Italia inclusa.

Dopo il documento firmato da Stati Uniti ed europei che intimava il ritiro senza condizioni di Haftar dai terminal petroliferi, in tutta la Cirenaica e a Zintan, nell’ovest della Tripolitania, ci sono state manifestazioni contro le ingerenze occidentali”. I leader tribali della Cirenaica hanno espresso pieno appoggio al generale Haftar sottolineando il diritto a “proteggere i beni della Libia”.

La crisi di consenso per americani ed europei in Libia fa il gioco di Haftar e dei russi che lo sostengono con discrezione ma contribuisce a indebolire al-Serraj che si è detto “contrario a un intervento militare straniero in Libia o ad un attacco militare contro qualsiasi altra parte del Paese per motivi politici, regionali o ideologici”.
Di fatto quindi il presudente di Tripoli , che ieri si è recato al Cairo per consultazioni (nell’Egitto grande sponsor di Haftar)  rinuncia a contestare con le armi il controllo dei terminal.

Una decisione che rende ancora più inconsistente il peso di al-Sarraj il quale rischia nuove contestazioni nella capitale da parte delle milizie islamiste, nemiche acerrime del governo laico di Tobruk e del maresciallo Haftar e che già avevano criticato la richiesta di intervento aereo agli Stati Uniti per colpire lo Stato Islamico a Sirte.

Foto Askanews, AP, AFP e a-Watan

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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