A MOSUL COMINCIA LA “VERA” BATTAGLIA PER LA CITTÀ
da Il Mattino del 29 ottobre
Dopo aver conquistato con una difficile marcia di avvicinamento i villaggi circostanti, le truppe di Baghdad hanno annunciato che è “imminente” il loro ingresso nel centro urbano di Mosul.
Circa 15 mila uomini dell’esercito, della polizia federale e delle milizie tribali sunnite sarebbero pronti a muovere dagli avamposti conquistati nei giorni scorsi come quello di Bazwaia, ad appena 3 chilometri dai quartieri periferici della città.
Almeno altrettanti combattenti tra milizie scite, peshmerga curdi e turcomanni addestrati e inquadrati dall’esercito di Ankara hanno il compito di impedire che da Mosul escano miliziani dello Stato Islamico come quelli che hanno attaccato nei giorni scorsi Kirkuk o che hanno cercato di colpire la Diga sul fiume Eufrate presidiata da truppe curde, irachene e italiane.
Unica via di fuga lasciata finora aperta è quella a nord ovest, cioè le strade che conducono Raqqah e che le forze di Baghdad non hanno finiora voluto occupare per consentire ai miliziani dell’Isis di ritirarsi verso i territori siriani del Califfato.
Un’ipotesi improbabile ma gradita alle truppe governative, che eviterebbero così di affrontare una lunga e sanguinosa battaglia casa per casa in cui le perdite sarebbero elevatissime e la tenuta dei battaglioni iracheni verrebbe messa a dura prova.
Le milizie scite filo-iraniane (Forze di Mobilitazione Popolare) che avanzano verso Tal Afar (Baghdad non vuole entrino a Mosul per ridurre i rischi di rappresaglie sui civili sunniti) potrebbero comunque chiudere entro breve questa via di fuga completando l’accerchiamento di Mosul.
Grazie all’appoggio aereo fornito dai jet e dagli elicotteri di Baghdad e della Coalizione (appena 9 le incursioni effettuate dai velivoli alleati giovedì sulle forze del Califfato in Iraq e Siria) e all’artiglieria dell’esercito integrata dagli obici francesi e statunitensi, l’avanzata verso Mosul non ha trovato ostacoli insormontabili: l’Isis ha perduto in battaglia 772 combattenti dall’inizio dell’offensiva secondo il comando iracheno che però rifiuta di fornire dati sulle perdite sofferte dai governativi.
Per la Coalizione nelle operazioni sono stati uccisi tra 800 e 900 jihadisti, appena 23 i prigionieri catturati mentre nessun accenno è stato fatto ai feriti tra gli uomini di Abu Bakr al-Baghdadi: dati che confermerebbero la brutalità della battaglie combattute dal 17 ottobre a oggi negli 87 villaggi liberati dalle forze di Baghdad.
Numeri in ogni caso non verificabili da fonti indipendenti mentre è certo che la “vera” battaglia di Mosul comincia ora con l’ingresso nell’area urbana dove raid aerei e artiglieria non potranno spianare la strada alle fanterie, se non con bombardamenti accuratamente mirati (tesi a colpire artiglieria e carri armati), per evitare il massacro tra i circa 700 mila civili che si stima siano rimasti in città.
Dall’inizio dell’offensiva meno di 12 mila persone hanno lasciato la città raggiungendo i campi profughi allestiti dall’Onu nelle aree in mano alle truppe governative, altri potrebbero essere fuggiti nelle regioni ancora in mano al Califfato mentre a Ginevra la portavoce dell’Agenzia Onu per i diritti umani, Ravina Shamdasan, sostiene che ottomila famiglie sono state sequestrate per essere impiegate come scudi umani dalle milizie dell’Isis.
Le forze del Califfato (stimate tra i 3 e i 6 mila miliziani e dotate di ampie scorte di armi e munizioni) hanno avuto molti mesi per prepararsi all’attacco e i rapporti della Coalizione confermano che a difesa della città è stata costruita una fitta rete di bunker, fossati e gallerie che uniti agli edifici costituiscono capisaldi protetti da un gran numero di mine e ordigni improvvisati mentre numerosi veicoli-bomba potranno venire impiegati per repentini contrattacchi.
Avanzare in un simile contesto tattico significa esporsi a perdite elevate soprattutto se, come nel caso dell’esercito iracheno, non si dispone di veterani esperti né di consistenti reparti del genio in grado di demolire le fortificazioni nemiche come hanno fatto in più occasioni le forze israeliane a Gaza.
L’esercito di Baghdad non è certo quello di Gerusalemme e difficilmente la Coalizione esporrà in una battaglia casa per casa propri reparti, esclusi i consiglieri militari e le forze speciali che affiancano le brigate di Baghdad.
Anche per questa ragione la battaglia di Mosul resta piena di incognite. Se l’Isis combatterà tenacemente, come è prevedibile, la battaglia potrebbe prolungarsi per settimane o mesi mentre un cedimento delle truppe regolari irachene renderebbe inevitabile il ricorso alle milizie scite che hanno già fatto sapere di voler partecipare alla liberazione della città anche se esiste il timore che, come in altre battaglie recenti, si lascino andare a feroci rappresaglie sui civili sunniti.
Intanto, come sempre accade in questa guerra, alla campagna militare contro l’Isis si affiancano i confronti interni ai diversi nemici del Califfato.
Ieri lo stato maggiore russo ha accusato i jet statunitensi di aver bombardato il 24 ottobre una scuola nel villaggio di Tel Keppe, 14 chilometri a nord di Mosul, ultimo di diversi raid aerei della Coalizione che avrebbero colpito i civili.
Una denuncia con la quale Mosca risponde per le rime alle dure accuse dell’Occidente per i “danni collaterali” provocati nei quartieri orientali di Aleppo in mano alle milizie jihadiste dai jet di Mosca e Damasco.
Anche i curdi, che non invieranno le loro milizie dentro Mosul, si preparano a incassare il frutto della loro tenace lotta all’Isis e il premier Nechirvan Barzani ha detto che, una volta ripresa la città, bisognerà cominciare a parlare dell’indipendenza del Kurdistan, attualmente regione autonoma dell’Iraq.
“E’ da tanto ormai che i tempi sono maturi per l’indipendenza” ha dichiarato Barzani al quotidiano tedesco Bild.
Foto: Askanews, Esercito Iracheno, Reuters, AP, AFP, Rudaw
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.