IL SUPER MISSILE RUSSO E LA POLITICA DELLA DETERRENZA

da Il Mattino del 27 ottibre 2016

Mancava solo un nuovo missile balistico intercontinentale a rendere ancora più calda la rinnovata Guerra Fredda già caratterizzata dai battaglioni della Nato nelle repubbliche baltiche, dal rafforzamento delle forze russe in Crimea, dalle sfide tra i cacciabombardieri russi e Nato nei cieli del Mar Baltico, della Siria e del Mar Nero e dalle navi da guerra alleate inviate a mostrare i muscoli nel Canale della Manica al passaggio della flotta russa diretta in Siria.

Il nuovo tassello della progressiva escalation della tensione tra Stati Uniti e Russia, con in mezzo i partner europei della Nato sempre più perplessi e al tempo stesso preoccupati da una crisi in cui l’Europa sembra avere ben poca voce in capitolo e ancor meno autonomia e credibilità, si chiama RS 28 Sarmat.

Noto anche come Satan 2, è il successore del missile che la NATO chiama SS-18 Satan (nella foto a fianco) ,RS 36M per i russi, vettore intercontinentale entrato in servizio a metà degli anni’70 ma presente ancor oggi in oltre 100 esemplari nell’arsenale nucleare di Mosca.

Le autorità russe hanno pubblicato un’immagine del nuovo missile RS 28 che doveva entrare in servizio nel 2020 ma il cui sviluppo è stato accelerato per poterli schierare già entro il 2018 nei silos di lancio in Siberia e negli Urali meridionali che oggi ospitano i vecchi Satan.

Il nuovo missile mantiene un raggio d’azione di circa 11 mila chilometri e può essere armato con testate esplosive convenzionali o nucleari multiple ufficialmente vietate dagli ultimi accordi tra Mosca e Washington a partire dallo Start 2 del 1993 fino al New Start del 2010.

L’RS 28 potrà imbarcare dieci testate “pesanti” o 16 “leggere”, manterrà quindi la capacità di annientare con un solo vettore un intero grande Stato europeo o il Texas.

Rispetto ai missili più vecchi il Satan 2 incorpora nuove tecnologie che consentono di ridurre la traccia radar e di rendere manovrabili autonomamente le singole testate in modo da renderne più difficile l’intercettazione da parte dei nuovi sistemi di difesa antimissile statunitensi.

Inoltre l’elevata velocità di rientro nell’atmosfera, circa 7 mila chilometri orari, rende l’RS-28 troppo rapido per poter essere intercettato con gli attuali missili in dotazione alla difesa aerea esclusi forse i ”cannoni laser” in fase di sviluppo.

L’adozione dell’RS-28 rientra nei programmi di rinnovo dell’arsenale missilistico strategico di Mosca, composto per lo più da armi ormai molto datate e risalenti all’era sovietica, ma non indica necessariamente una predisposizione offensiva.

Nell’ottica di Mosca i nuovi insidiosi missili balistici rappresentano un elemento portante del rinnovato strumento di deterrenza teso a scoraggiare attacchi statunitensi con una serie di armi in grado di portare a termine pesanti rappresaglie nucleari nel cuore del territorio nemico.

Washington sta mettendo a punto sistemi di difesa antimissile e di attacco globale con armi convenzionali iperveloci nell’ambito del programma Prompt Global Strike (PGS – attacco fulmineo globale) che rischia di sovvertire le regole della deterrenza che hanno garantito all’Europa 70 anni di pace armata.

Il principio delle reciproca distruzione assicurata (Mutual Assured Destruction) ha impedito che la guerra fredda divenisse calda poiché nessuno avrebbe mai potuto vincere una guerra atomica in cui anche chi subiva il primo attacco avrebbe poi avuto la capacità di restituire il colpo in modo devastante.

Sovvertire questo equilibrio crea maggiori rischi di guerra globale legati alla consapevolezza che il nemico può essere neutralizzato con un attacco improvviso che ne annienti o paralizzi le capacità di risposta nucleare.

I nuovi missili di Mosca puntano a rinnovare gli arsenali per mantenere questa capacità rilanciando la deterrenza nei confronti della super potenza Usa.

Per questo gli RS 28 rovesciano la tendenza impostasi anche in Russia dopo la fine dell’Urss a disporre di missili monotestata come i recenti RT-2PM2 Topol M (nella foto a fianco), SS-27 Sickle per la Nato, e la valutazione ampiamente condivisa che in futuro le armi nucleari avrebbero avuto un possibile margine d’impiego solo per operazioni chirurgiche con armi a bassissimo potenziale.

Il ritorno dei missili balistici pesanti (l’RS 28 pesa 100 tonnellate, più del doppio di un SS-27)  ci riporta a un concetto di arma atomica che sembra evocare il rischio di una guerra totale.

In realtà l’obiettivo resta la pura deterrenza anche se, come nel secolo scorso, la corsa al riarmo imporrà costi finanziari crescenti.

Già in Europa comincia ad avvertirsi (ma non in Italia) un’inversione di tendenza dopo anni di tagli ai bilanci militari e un incremento delle spese militari viene sollecitato soprattutto da Washington che soffia sul fuoco accentuando l’allarme per il riarmo russo.

@GianandreaGaian

Foto: Pravda e Sputnik

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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