QUATTRO MILIONI PER LIBERARE GLI OSTAGGI ITALIANI IN LIBIA
I due italiani rapiti in Libia insieme all’italo canadese Frank Boccia lo scorso 20 settembre sono presumibilmente nelle mani di un gruppo guidato da un algerino legato ad al-Qaeda nel Maghreb Islamico (Aqmi).
Lo hanno rivelato fonti della sicurezza algerina citate dal sito web Middle East Eye, secondo cui il gruppo ha chiesto 4 milioni di euro per i tre ostaggi, che furono rapiti vicino Ghat, nel sud ovest della Libia, a due passi dal confine algerino.
Bruno Cacace (56 anni) e Danilo Calonego (68) lavoravano come tecnici alle dipendenze dell’azienda italiana Con.I.Cos presso l’aeroporto di Ghat. “Il gruppo è composto di libici e algerini ed è guidato da un algerino di nome Abdellah Belakahal.
Secondo le fonti, le autorità di Algeri, che hanno stretti contatti con le tribù di Tuareg e Toubou della regione, sono state sollecitate dall’Italia affinché vengano facilitati i negoziati con i rapitori.
La fonte della sicurezza algerina ha aggiunto che il gruppo di Belakahal ha minacciato di “consegnare gli ostaggi a una cellula di Aqmi e all’Isis” se il riscatto non sarà pagato.
Il gruppo malavitoso avrebbe chiesto, oltre al riscatto, anche il rilascio di due detenuti, tra cui il fratello di Belakahal, che è in carcere (in Algeria?) per traffico d’armi.
Secondo Middle East Eye i negoziati, condotti da tribù libiche come mediatori, sono a uno stadio avanzato e gli ostaggi dovrebbero essere “rilasciati presto”.
Indiscrezioni diffuse in passato intorno ai sequestri di cittadini occidentali effettuati da Aqmi riferirono che i riscatti chiesti si aggiravano solitamente intorno ai 9/11 milioni di euro.
Le notizie rese note ieri lasciano aperti molti interrogativi circa la loro veridicità e il ruolo dei “mediatori”: dubbi che forse potranno essere chiariti dagli uomini dei servizi di sicurezza italiani (AISE) la cui presenza a Ghat era stata resa nota nei giorni successivi il sequestro.
La minaccia di “vendere” gli ostaggi a gruppi jihadisti è credibile tenuto conto dei molti sequestri di occidentali effettuati negli anni scorsi da Aqmi allo scopo di finanziarsi.
Non si può però escludere che i sequestratori puntino a gonfiare l’ipotesi di consegnare gli ostaggi ai terroristi islamici allo scopo i velocizzare le trattative e incassare il riscatto.
Infine non si può escludere che tribù locali abbiano interesse a gestire il rapimento spacciandosi per mediatori per poi spartirsi il bottino.
Foto: La Stampa, al-Jazeera e Web
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