Le sanzioni dell’ONU condizioneranno Pyongyang?
La penisola coreana continua a rappresentare per la comunità internazionale motivo di enorme preoccupazione, alimentata dalla sempre più determinata corsa di Pyongyang al nucleare. Nel corso di quest’anno, la Corea del Nord, ignorando le sanzioni internazionali, ha più volte testato bombe nucleari sotterranee e missili. Per gli Stati Uniti e per la comunità internazionale, la Corea del Nord rimane una delle sfide più critiche per la sicurezza.
L’ostinazione della Corea del Nord nel perseguire lo sviluppo di armi nucleari e missili balistici a lunga gittata e la proliferazione delle armi, in violazione alle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (UNSCR), costituiscono una seria minaccia per Washington e per la regione.
Gli USA, nonostante le obiezioni di Cina e Russia, intendono dispiegare un sofisticato sistema antimissile (THAAD) in Corea del Sud per contrastare la minaccia nordcoreana. l leader nordcoreano, Kim Jong-un, sulle orme della politica dei suoi predecessori, continua a ignorare le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, sfidando la comunità internazionale mantenendo alta la tensione nella penisola. Una situazione che rischia di diventare incandescente giorno dopo giorno. Le sanzioni imposte a Pyongyang saranno in grado di modificare l’atteggiamento nordcoreano?
Ci sono opinioni diverse tra gli addetti ai lavori delle parti in causa. Alla fine del mese scorso, un alto funzionario dell’intelligence americana, James R. Clapper Jr., direttore dell’intelligence nazionale USA, ha espresso, durante il Council on Foreign Relations (che copre una molteplicità di crisi internazionali), profondo scetticismo circa la prospettiva di convincere la Corea del Nord a rinunciare alle armi nucleari, dichiarando che si tratta “probabilmente di una causa persa (…) penso che l’idea di ottenere dai nordcoreani la denuclearizzazione sia probabilmente una causa persa”. “Loro non lo faranno”, ha detto.
“Questo è il loro “ticket” per la sopravvivenza”. Il portavoce del Dipartimento di Stato, John Kirby aveva riferito, in una consueta conferenza stampa a Washington, che la posizione degli Stati Uniti sulla Corea del Nord è rimasta invariata, “vogliamo vedere un ritorno al processo dei colloqui a sei, e questo significa che abbiamo bisogno di vedere la Corea del Nord mostrare la volontà e la capacità di tornare a quel processo, cosa che non ha ancora fatto”.
Al momento, però, si dovrà attendere per vedere quale sarà l’approccio del neo eletto presidente americano, Donald Trump nei confronti del regime di Kim Jong Un. Da parte nordcoreana, Pang Kwang Hyok, vice direttore del dipartimento delle organizzazioni internazionali presso il Ministero nordcoreano degli Esteri, ha affermato che “le risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU, riguardo alle sanzioni, sono documenti criminali”. Lo stesso giorno, la missione della Corea del Nord alle Nazioni Unite ha rilasciato una dichiarazione simile, diffusa dai media di stato nordcoreani.
Pang ha ribadito che le sanzioni non fermeranno Pyongyang nello sviluppo del suo arsenale nucleare. “Posso affermare che si tratta di un errore di calcolo pensare che qualsiasi sanzione o pressione possa avere alcun effetto su di noi”. Le Nazioni Unite hanno imposto sanzioni contro la Corea del Nord dal 2006 per i suoi test nucleari e lanci di razzi. Alcuni giorni fa, il Consiglio di Sicurezza U.N. ha invitato i membri a “raddoppiare le sanzioni.”
La questione si è intensificata dopo che Stati Uniti e Corea del Sud hanno rilevato due test missilistici, falliti, effettuati recentemente dalla Corea del Nord, probabilmente con missili balistici a medio raggio “Musudan”. Le Nazioni Unite, in una dichiarazione approvata dai suoi 15 membri, hanno condannato tutti i test missilistici della Corea del Nord, sostenendo che lo sviluppo dei sistemi di lancio di testate nucleari contribuisce “all’aumento delle tensioni.
I membri del Consiglio di Sicurezza hanno invitato tutti i paesi “a raddoppiare le sanzioni” esprimendo rammarico sul fatto che Pyongyang stia distogliendo risorse ai suoi cittadini nel momento in cui “hanno grandi bisogni”. Le condizioni della popolazione sono sicuramente deprecabili, un rapporto dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA), del 13 settembre, riferiva che il governo aveva confermato la notizia circa la morte di 138 persone, di 400 dispersi e di circa 68.000 sfollati a causa di una delle peggiori inondazioni nel nord del paese. In un rapporto del WFP (World Food Programm) si esprimeva preoccupazione per la continua vulnerabilità della popolazione, proprio in concomitanza dell’arrivo del freddo invernale.
Oggi, resta da chiedersi quanto siano state efficaci le sanzioni ONU, applicate finora, contro il governo nordcoreano. Di certo non hanno mancato di far sentire i loro effetti sulle condizioni di vita già durissime della popolazione, anche se appare ormai chiaro che questa non sarà una motivazione sufficiente a far invertire la rotta a Pyongyang.
Foto: Daily Mail e KCNA – Vignetta: Ross Hendrick
Elvio RotondoVedi tutti gli articoli
Nato a Cassino nel 1961, militare in congedo, laureato in Scienze Organizzative e Gestionali. Si occupa di Country Analysis. Autore del Blog 38esimoparallelo.com, collabora con il Think Tank internazionale “Il Nodo di Gordio”. Alcuni suoi articoli sono stati pubblicati su “Il Giornale.it", “Affari Internazionali”, “Geopolitical Review”, “L’Opinione”, “Geopolitica.info”.