Mosul: una battaglia da vincere casa per casa

da Il Sole 24 Ore del 4 novembre

Nonostante la penetrazione tutto sommato abbastanza agevole delle forze d’élite dell’esercito e della polizia iracheni nei quartieri periferici di Mosul, bisognerà attendere ancora alcuni giorni per comprendere se la battaglia per la riconquista della seconda città irachena sarà o meno di breve durata.

Nella prima fase della campagna militare varata il 17 ottobre scorso e che coinvolge ormai circa 50 mila combattenti (tra forze regolari, milizie sunnite, scite, turcomanne e peshmerga curdi) lo Stato Islamico ha perso il controllo dei villaggi intorno a Mosul in gran parte abbandonati dagli abitanti subito dopo l’arrivo dei jihadisti nel 2014.

L’assenza di civili ha favorito l’impiego su vasta scala di cacciabombardieri, elicotteri d’attacco e artiglieria sia delle forze irachene che della Coalizione.

Un dispositivo che in due settimane ha rovesciato sulle postazioni dell’Isis 3mila proiettili, bombe e missili (dati forniti dal comando della Coalizione a guida Usa) che hanno contribuito in larga misura a provocare perdite tra i jihadisti che la stessa Coalizione stimava il 28 ottobre in 800/900 uomini e oggi salite a oltre un migliaio di 3/6mila combattenti che secondo le stime sono posti a difesa di Mosul.

 

Il comando iracheno non ha mai riferito dati sulle proprie perdite né sui nemici feriti mentre quelli catturati nei primi giorni dell’offensiva sono stati appena 23: un dato che sembra indicare una scarsa propensione delle forze di Baghdad (in larga parte composte da sciti) a pendere vivi gli uomini del Califfato e che scoraggerà eventuali tentazioni ad arrendersi che dovessero serpeggiare tra e fila dell’Isis.

Inoltre ieri le milizie scite filo-iraniane che manovrano a ovest di Mosul hanno occupato la strada per Raqqah chiudendo l’ultima via di fuga lasciata volutamente aperta dalla Coalizione per favorire la ritirata dei miliziani in Siria.

Un aspetto che evidenzia le diverse concezioni della guerra allo Stato Islamico. Mentre le milizie scite combattono il Califfato in Iraq come in Siria, per la Coalizione arabo-occidentale, costituita non a caso solo dopo la calata dei miliziani jihadisti sul nord ovest iracheno, l’Isis è “un po’ meno nemico” se lascia l’Iraq e torna a combattere in Siria le forze di Bashar Assad e i suoi alleati russi e iraniani.

Con l’ingresso a Mosul le forze di Baghdad non potranno probabilmente più disporre dell’ampio volume di fuoco da parte di velivoli e artiglieria per evitare di uccidere moltissimi civili utilizzati come scudi umani.

 

La tattica di schierare le proprie forze combattenti accanto alla popolazione è vecchia quanto la moderna guerriglia e tutti i gruppi insurrezionali privi di capacità aeree, contraeree e di una consistente artiglieria campale l’hanno adottata: da Hamas a Gaza a Hezbollah nel Libano meridionale, dai talebani in Afghanistan al Fronte al-Nusra ad Aleppo.

Il numero relativamente basso (benché in crescita nelle ultime ore) di profughi in fuga dalla città verso i campi predisposti nelle aree sotto il controllo governativo inducono a ritenere che un buon numero di abitanti sunniti sia fuggito verso regioni ancora in mano all’Isis temendo quelle rappresaglie da parte di truppe e milizie scite che Amnesty International ha cominciato ieri a segnalare nelle aree liberate intorno a Mosul.

Se l’Isis opporrà la fiera resistenza che ci si aspetta Mosul dovrà venire liberata casa per casa dalle fanterie coadiuvate da blindati e corazzati ma solo sporadicamente supportate da artiglieria e velivoli.

In quel caso le perdite per gli iracheni cresceranno sensibilmente mettendo alla prova la tenuta dei reparti che, su un fronte urbano più ampio, non potranno essere solo quelli d’élite mentre l’abbondanza di trappole esplosive richiederà la disponibilità di molti reparti di genieri che saranno particolarmente esposti al fuoco dell’Isis.

 

 

L’Isis ha avuto mesi per prepararsi all’attacco nemico e se sono vere le notizie di bunker e postazioni difensive ricavate in case e cantine, collegate da una fitta rete di tunnel e protette da una miriade di mine e ordigni improvvisati, l’avanzata verso la città vecchia non sarà agevole come la fase iniziale dell’offensiva.

Le prime indicazioni della volontà o meno dell’Isis di opporre una prolungata resistenza la si avrà quando le truppe irachene raggiungeranno a nord la zona universitaria e a sud l’aeroporto con le sue installazioni difensive che l’Isis ha “ereditato” dalle due basi costruite dagli americani.

 

Nelle ultime ore le truppe di Baghdad hanno consolidato le posizioni nei quartieri orientali di Gojali e Karama mostrando una giustificata prudenza nell’avventurarsi verso il centro della città.

Molti dei combattenti stranieri dell’Isis sono caucasici che certo conoscono le tattiche adottate nella battaglia di Grozny nel 1994, quando le truppe russe penetrate facilmente nel centro della capitale cecena vennero attaccate alle spalle dai mujhaiddin che avevano usato tunnel e rete fognaria per nascondersi spostarsi senza essere visti.

Foto: Askanews, AP,  AFP, Esercito Iracheno e Stato Islamico

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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