Le manovre di Mosca per diventare l’arbitro del conflitto siriano

 

di Pavel Felgenhauer AsiaNews

In queste ore il presidente Usa Donald Trump ha firmato due decreti esecutivi con l’obiettivo di “tenere fuori” dagli Stati Uniti i “terroristi”. Dando priorità “ai rifugiati cristiani”, egli ha sospeso “sine die” l’ingresso di profughi siriani. E per tre mesi bloccate le porte per i cittadini provenienti da Libia, Iran, Iraq, Somalia, Sudan, Yemen. “Vogliamo mantenere – ha detto l’inquilino della Casa Bianca – i terroristi islamici radicali fuori dagli Usa”.

Alle parole di Trump replica in queste ore il presidente iraniano Hassan Rouhani, che non risparmia critiche alla controparte statunitense. “Si sono dimenticati – ha detto il leader della Repubblica islamica – che il muro di Berlino è crollato molti anni fa. Anche se vi sono ancora oggi muri fra nazioni, essi vanno rimossi”.
Intanto si discute dei prossimi colloqui di pace Onu sulla Siria, in programma in un primo momento l’8 febbraio a Ginevra. Nelle ultime ore sono emersi dubbi e incertezze sulla data, che potrebbe slittare a fine febbraio anche se al momento non vi sono conferme.

Sulla situazione in Siria e sui recenti colloqui di pace di Astana, in Kazakhstan, sponsorizzati da Russia, Turchia e Iran vi proponiamo una riflessione della Jamestown Foundation.
Il mese scorso (dicembre 2016), la metà orientale di quella che prima della guerra era la città più popolosa del Paese, Aleppo, nelle mani dei ribelli dell’opposizione dal 2012, è caduta in seguito a un assalto incessante e congiunto di Iran, Russia e forze filo-governative. I combattenti dell’opposizione siriana, assieme ad una parte della popolazione civile, hanno potuto abbandonare Aleppo in direzione della vicina provincia di Idlib, nelle mani dell’opposizione, dopo che le loro difese sono state spezzate e la difesa ormai vana.

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Le forze leali al presidente Bashar al-Assad e le milizie sciite iraniane non sembravano felici per la ritirata delle opposizioni da Aleppo, ma Mosca ha insistito per offrire un passaggio sicuro. Un battaglione di rinforzo della polizia militare russa (Mp), formato da soldati musulmani sunniti – in maggioranza ex combattenti separatisti ceceni, ora al servizio della bandiera russa – con alcune frange di musulmani sunniti provenienti da altre regioni della Russia è stato stanziato in Siria (EDM, 8 dicembre).
Secondo quanto riferisce il leader paramilitare ceceno Ramzan Kadyrov, sono proprio queste forze militari musulmane cecene a garantire oggi la “difesa di Aleppo” (Instagram.com, 24 gennaio).

Dopo la caduta di Aleppo, il futuro delle forze di opposizione siriane appare fosco. Sembrava ragionevole aspettarsi che le forze pro Assad avrebbero approfittato del momento per spingere ancor più sull’acceleratore per sradicare l’opposizione siriana dalle loro ultime roccaforti: la città di Idlib, la provincia circostante così come i sobborghi di Damasco controllati dai ribelli.

Tuttavia, Mosca sembra avere altri piani. Alla fine di dicembre, Russia e Turchia hanno concordato un cessate il fuoco e colloqui di pace fra il governo siriano e le opposizioni armate, che si sono tenuti nei giorni scorsi ad Astana, capitale del Kazakhstan (Anadolu, 28 dicembre 2016). La tregua, benché traballante, è sembrata tenere. E in settimana si sono svolti i colloqui di pace di Astana, come previsti sotto gli auspici di Russia, Turchia e Iran. Dall’incontro di Astana non sono emersi risultati sconvolgenti, ma non vi sono state nemmeno interruzioni improvvise, né tracolli. Tutti i fronti hanno concordato sul mantenimento del cessate il fuoco e per la continuazione del dialogo mediante intermediari, cosa che ha permesso alla Russia di parlare di successo globale (RIA Novosti, 24 gennaio).

Le forze di opposizione erano rappresentante ad Astana non da intermediari politici delle forze rivoluzionarie anti-Assad, ma da una delegazione di comandanti in capo guidati da Mohammed Alloush, il leader di Jaysh al-Islam, una coalizione di unità estremiste islamiche e salafite operative in particolare nell’area di Damasco, nella città di Douma e nell’area orientale di Ghouta. Assenti altri gruppi armati di primo piano, in particolare Ahrar al-Sham, una forza dominante a Idlib, nel nord della Siria.

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Con solo una fazione delle forze combattenti di opposizione presenti, non vi erano ragioni pratiche per aspettarsi svolte clamorose da Astana. Gli Stati arabi che sostengono l’opposizione anti-Assad, anch’essi non erano rappresentati. Russia e Turchia hanno esteso l’invito alla nuova amministrazione americana del presidente Donald Trump, mentre l’Iran si è opposta con forza alla presenza di un qualsiasi funzionario proveniente dagli Stati Uniti.
Alla fine, gli Stati Uniti hanno inviato come “osservatore” l’ambasciatore ad Astana, George Krol, all’apparenza per giocare il ruolo di una mosca sul muro. Gli osservatori stranieri e i diplomatici accreditati ad Astana, assieme alla stampa, si aggiravano per le stanze del Rixos Hotel (teatro dei colloqui di Astana), evidentemente sconcertati nel tentativo di capire i reali scopi di Mosca nell’aver organizzato l’incontro.

Al termine dei due giorni di incontri è stato diffuso un vago comunicato finale. L’opposizione siriana e il governo si sono rifiutati di parlare faccia a faccia ed erano presenti – assieme – solo alla sessione plenaria di apertura.
L’inviato speciale Onu per la Siria Staffan de Mistura ha annunciato il proposito di proseguire nei colloqui a Ginevra, in programma il prossimo 8 febbraio [poi slittati a a data da definire, ndr], che dovrebbero coinvolgere anche l’ala politica dell’opposizione siriana, pur non avendo ricevuto alcuna garanzia di successo.

Russia, Turchia e Iran hanno concordato il monitoraggio congiunto del cessate il fuoco, mentre i delegati dell’opposizione hanno accusato l’Iran di interferenze nel conflitto siriano. Al tempo stesso, la delegazione governativa legata ad Assad ha accusato la Turchia di sostenere i “terroristi” (RBC, 24 gennaio).

Sotto un certo punto di vista, Astana assomiglia più a un tentativo prematuro di raggiungere un accordo complessivo sulla Siria; tuttavia, i veri obiettivi della Russia per l’incontro potrebbero essere stati diversi, e di molto. Il successo militare dell’offensiva di Aleppo dimostra la futilità dell’opporsi alla potenza militare russa all’aperto, o anche nelle vie di una grande città. Adesso, la Russia sta offrendo all’opposizione siriana – inclusi estremisti islamici e salafiti – un accordo: morire combattendo o registrarsi come collaboratori di fatto.

Questa strategia sembra aver funzionato almeno con Jaysh al-Islam e altri piccoli gruppi presenti ad Astana. Il leader di Jaysh al-Islam, Alloush, ha annunciato il proposito di continuare le trattative con Mosca e ha espresso la speranza che i russi possano limitare le attività dell’Iran e degli Hezbollah filo-iraniani (Rbc, 24 gennaio). A Idlib e nel nord della Siria, Ahrar al-Sham e altri gruppi di opposizione hanno, all’apparenza, beneficiato del sostegno della Turchia.

Tuttavia, a Damasco e nei dintorni, l’opposizione – compresa Jaysh al-Islam – è in realtà circondata. Un assedio sulla falsariga di quello compiuto ad Aleppo, con il sostegno della Russia, nella zona orientale di Ghouta si concluderebbe di sicuro con una sconfitta delle opposizioni. Tuttavia, al momento, Mosa sembra avere altri piani e Alloush ha beneficiato di una copertura mediatica positiva sulle televisioni di Stato russe.

Il capo della delegazione russa ad Astana, Alexander Lavrentyev, ha dichiarato ai cronisti presenti: “Entrambi i fronti stanno violando il cessate il fuoco, ma le forze governative pro Assad lo fanno con maggiore frequenza per le provocazioni lanciate da al-Nusra [il Fronte di al-Nusra, un gruppo estremista islamico radicale in Siria, ribattezzato di recente Jabhat Fateh al-Sham]. Lavrentyev ha anche annunciato che Mosca focalizzerà la propria attenzione nell’obiettivo di pacificare l’area orientale Ghouta e Wadi Barada, nella regione di Damasco “sebbene non si possa dire che l’area orientale Ghouta è controllata in toto dall’opposizione moderata” (Militarynews.ru, 24 gennaio).

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Accusare le forze di al-Assad di aver violato il cessate il fuoco è un cambiamento di tono; e, in precedenza, i militari russi hanno negato persino l’esistenza di una “opposizione moderata in Siria”. Secondo quanto riferisce Lavrentyev, i rappresentanti militari russi hanno svolto colloqui diretti separati con i delegati dell’opposizione ad Astana, che sono “proseguiti per tutta la notte”. I due fronti hanno concordato una mappa che definisce le opposizioni, che esclude i terroristi di Jabhat Fateh al-Sham e dello Stato islamico (Militarynews.ru, 24 gennaio).

I militari russi continuano i bombardamenti a tappeto contro lo Stato islamico e altri gruppi terroristi in Siria, a dispetto del cessate il fuoco, pur offrendo al contempo un luogo e un futuro politico alle opposizioni che intendono firmare un accordo e, infine, svoltare il cappotto come il ceceno “kadyrovtsy” (vedi sopra).
I colloqui diretti segreti a livello militare con la delegazione delle opposizioni ad Astana potrebbe essere stato il vero motivo per il quale si sono tenuti questi incontri. Mosca sembra intenzionata a distanziarsi dagli Assad e dai suoi sponsor iraniani. Al tempo stesso, Mosca sta all’apparenza cercando di costruire legami più stretti con i sunniti in Siria e, possibilmente, in tutto il Medio oriente, come base per un dominio futuro di lungo corso della Russia nella regione.

Foto Reuters e AFP

 

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