Francia: il cahier des doléances dell’Armèe
Lo strumento militare necessita di maggiori investimenti per evitare il collasso come ha detto chiaramente in alcune recenti interviste il capo di stato maggiore della Difesa d’oltralpe, Pierre De Villiers, chiedendo che la quota di PIL dedicata alle forze armate venga portata almeno al 2 per cento del PIL.
Troppe operazioni militari e non abbastanza mezzi disponibili. Nonostante gli sforzi varati dall’attuale governo – 162 miliardi di euro previsti per il 2015-2019 – le forze francesi necessitano di maggior sostegno. “Avete pagato una macchina in grado di andare a 100 chilometri all’ora per 100.000 chilometri, ma si è corso tre volte più veloce su una distanza cinque volte maggiore” ha detto il 21 dicembre scorso al giornale economico Les Echos aggiungendo che “il tempo stringe” e chiedendo di portare gli stanziamenti dall’1,77 al 2 per cento del PIL entro il 2020.
In assenza di maggiori risorse lo stato maggiore prevede un collasso delle prestazioni delle forze armate tra il 2020 e il 2023 con forti carenze in tutti i settori.
Senza mezzi termini De Villiers (nella foto sotto) ha detto che la Francia rischia, tra affaticamento operativo, usura dei materiali e loro insufficienza, un declassamento militare simile a quello registrato negli ultimi anni in Gran Bretagna dove la spesa militare spesa il 2% del PIL ma il governo ha varato tagli drastici al numero di navi, aerei, mezzi terrestri e reclutamento.
Dalle uniformi da combattimento agli elicotteri alle forze armate francesi mancano 17 miliardi di euro per sostenere l’attuale livello operativo che vede 30 mila militari impegnati oltremare.
Se il budget della Difesa non aumenterà sensibilmente già dal 2018 sarà troppo tardi” sostiene De Villiers. Carenze di munizioni, l’usura dei jet da combattimento per il prolungato impegno bellico, la flotta di sottomarini d’attacco ridotta da 6 a 5 battelli, le corvette ormai troppo vecchie di una marina che ha il 40 per cento delle sue unità che hanno compiuto i 30 anni di vita.
Nell’aviazione dell’Esercito solo il 38% degli elicotteri è in grado di volare, la mobilitazione di 10 mila militari per l’ordine interno (Operation Sentinelle) ha bloccato l’addestramento operativo di questi reparti mentre l’operazione Barkhane contro i jihadisti nel Sahel non sarebbe attuabile senza i 65 milioni di euro di sostegno logistico forniti dagli Stati Uniti.
Il cahier des doléances dell’Armèe è lungo e dettagliato.
Il governo Hollande ha mantenuto il programma varato da Nicolas Sarkozy che prevedeva la riduzione di 34 mila effettivi tagliando 30 miliardi di euro dalla legge di programmazione 2014-2019 rispetto alla precedente 2009-2014. Una tendenza parzialmente invertita dopo l’inizio del conflitto contro lo Stato Islamico e l’emergenza terroristica sul territorio francese e Manuel Valls, primo ministro fino al dicembre scorso, si è impegnato a portare le spese militari al 2 per cento del PIL ma solo nel 2025. Il generale De Villiers chiede invece almeno 36 miliardi già nel budget 2018 contro i 34 previsti, 38 nel 2019 e 40 nel 2020.
Finora gli ambienti politici francesi hanno mostrato scetticismo circa il raggiungimento del tetto del 2% del PIl in breve tempo, tranne Marine Le Pen che nel suo programma prevede di innalzare la spesa militare al 2% nel 2018 con una tendenza a raggiungere addirittura il 3% per cento (che sarebbe il record assoluto per un paese europeo, non lontano dal livello degli Stati Uniti) nel 2020.
L’obiettivo di fatto è ripristinare i livelli di forza del 2007 con il potenziamento di tutte le forze armate, la realizzazione di una seconda portaerei (Richelieu) e l’incremento di 50 mila effettivi.
Foto: Ministero Difesa Francese e Voix du Nord
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