Se il generale deve risarcire le vittime di Nassiriya
da Il Tempo del 15 febbraio 2017
Ustica e Nassirya, due tragedie accomunate da due sentenze simili, ambedue di condanna dello Stato per non aver saputo proteggere la collettività, pronunciate ambedue da una giustizia bizzarra per Ustica, inadeguata per Nassirya, una giustizia quindi che continua a generare mostri senza sosta. Come appunto Ustica, per cominciare.
Riassumiamo: i1 27 giugno del 1980 cade un DC9 Itavia, perdono la vita 81 persone, il processo penale si conclude in Cassazione dopo 27 anni, 272 udienze, l’escussione di 4000 testi e la redazione di 115 perizie da parte dei maggiori esperti al mondo; vengono appurate le cause dell’incidente, una bomba a bordo, viene esclusa senza appello la ipotesi del missile, quella che per anni è stata l’unica verità che i media hanno profuso a piene mani, senza eccezioni.
Poi un giudice onorario aggiunto nel 2003, tale Francesco Batticani di Bronte, in sede civile, inspiegabilmente, e senza neppure acquisire gli atti del processo penale, dice che invece è stato proprio un missile a provocare l’incidente e condanna il Ministero della Difesa e quello dei Trasporti ad indennizzare i parenti delle vittime e quelli dei proprietari del vettore, per omessa vigilanza dei cieli. Insomma per uno stesso fatto due sentenze diametralmente opposte.
Per Nassirya invece, lo scorso 8 febbraio il generale Bruno Stano, comandante del contingente italiano dell’epoca, ed oggi titolare di un incarico di vertice operativo nelle nostre Forze Armate, ufficiale di indubbie qualità professionali ed umane, subisce la pesante condanna a risarcire i parenti delle 19 vittime per non aver saputo organizzare la loro protezione nella struttura in cui persero la vita, dilaniate da un camion bomba.
La sentenza, dopo più di tredici anni dalla strage, imputa al comandante della base Maestrale e della Joint Task Force “Iraq” la responsabilità della protezione della base e quindi dell’incolumità di chi ci viveva ed operava.
A nulla sono valse le argomentazioni che Stano aveva agito nell’esercizio di un dovere. Questi in estrema sintesi i due fatti; sul primo, quello di Ustica, non vale la pena di soffermarsi più di tanto, l’opinione pubblica è ormai comprensibilmente stanca, la sua ricettività è al lumicino proprio nel momento in cui è emersa, incontrovertibile, la verità sulle cause del disastro, la bomba a bordo, e quando allo stesso tempo il contrario di quella verità, il missile, ha dato il via ad un’emorragia di denaro pubblico a risarcimento di cittadini già abbondantemente risarciti, e che sembra non interessare alcuno più di tanto anche se ad ora l’ affaire ci è costato mezzo miliardo di euro.
Evidentemente dal punto di vista giuridico va messa a punto una diversa interazione tra processo penale e civile, ad evitare che i due percorsi conducano a conclusioni platealmente confliggenti. Il caso della tragedia di Nassirya e del generale Stano è diverso, più grave. Ricorda quello del generale Arpino, all’epoca Capo di Stato Maggiore della Difesa, quando ne1 1999 dovette difendersi in giudizio a causa di una sua presunta responsabilità per l’esplosione di una cluster bomb a bordo del peschereccio Profeta ed il ferimento di tre pescatori.
Più grave perché da allora ad oggi nulla è stato fatto per proteggere gli operatori dello Stato impegnati in un quadro emergenziale che si rinnova in continuazione giorno dopo giorno sia all’interno dei confini nazionali sia nelle missioni all’estero, un quadro in cui ogni fattispecie di comportamento viene giudicata con le norme della pacifica convivenza e non con quelle di scenari che nessuno ormai esita a definire come guerra.
Insomma, Stano è stato giudicato come se avesse compiuto un abuso edilizio ai Parioli e non come soldato in guerra; le norme vanno profondamente riviste, va individuato un quadro giuridico nuovo con cui affrontare il terrorismo ed affini in casa e fuori, ed è bieco che lo Stato abbandoni i suoi servitori migliori nelle mani di una giustizia forse formalmente giusta ma nei fatti ottusa, e nelle conseguenze profondamente ingiusta.
La cosa più esecrabile è che, mentre con Ustica lo Stato è stato condannato nella sua espressione di vertice di governo, nel caso di Nassirya si è colpita una persona in quanto Stato, e non può certo gravare su di lui la responsabilità dell’inadeguatezza del quadro legislativo che lo ha condannato.
Foto AP e TV7
Leonardo TricaricoVedi tutti gli articoli
Entrato in Accademia Aeronautica nel 1961, dove ha volato oltre 3mila ore su velivoli monoposto da caccia e da addestramento, è stato comandante della Quinta Forza Aerea Tattica Alleata della NATO di stanza a Vicenza e durante la guerra in Kosovo del 1999 ha assunto gli incarichi di comandante operativo delle Forze Aeree Italiane e di Vice Comandante della Forza Multinazionale impiegata nel conflitto. Consigliere militare di tre presidenti del Consiglio (D'Alema, Amato e Berlusconi) è stato Capo di stato maggiore dell'Aeronautica Militare dal 2004 al 2006. Attualmente è presidente della Fondazione ICSA.