I qaedisti strappano due terminal petroliferi ad Haftar

(aggiornato alle ore 23,00)

Nuovo colpo di scena nell’infinita crisi libica che torna a far divampare l’area della Mezzaluna petrolifera, già teatro lo scorso settembre di pesanti scontri armati in cui le forze dell’Esercito Nazionale Libico del maresciallo Khalifa Haftar espugnarono la regione dei terminal strappandola alle milizie della Petroleum Facilities Guard guidate da Ibrahim Jadhran.

In quella occasione Francia, Germania, Italia, Spagna, Stati Uniti e Regno Unito condannarono il blitz, facendo appello a “tutte le forze militari che sono entrate nella Mezzaluna petrolifera a ritirarsi immediatamente, senza precondizioni”. La situazione si risolse quando Hftar cedette i terminal alla National Oil Corporation (Noc), l’ente libico petrolifero, mantenendo però le infrastrutture sotto il controllo militare di Tobruk.

Le Brigate della difesa di Bengasi, milizia qaedista fondata nel giugno del 2016 e che raggruppa combattenti di diversi movimenti jihadisti incluso Ansar al-Sharia e il Consiglio della Shura dei rivoluzionari di Bengasi, hanno preso il controllo dei due importanti terminal di Ras Lanuf e al-Sidra, scontrandosi con i soldati di Tobruk, che fanno capo ad Haftar e che avevano da poco completato la conquista di tutta l’area di Bengasi da cui i miliziani jihadisti erano stati costretti a ritirarsi.

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Il blitz è stato reso noto dal portavoce della Brigata 101, Faisal al-Zwei, precisando che un migliaio di miliziani, con circa 200 veicoli, si sono scontrati con le forze armate della Cirenaica costringendo quest’ultime alla ritirata. Al-Zwei ha poi aggiunto che a sostegno dei miliziani si sono aggiunti alcuni combattenti fedeli a Ibrahim Jadhran, in cerca di vendetta dopo la sconfitta patita sei mesi or sono.

Il governo di al Sarraj a Tripoli ha condannato quanto accaduto oggi e ha precisato di non avere alcun ruolo. Secondo il portale di informazione Libyanexpress, nei combattimenti si sarebbero registrate “molte vittime fra le fila dei soldati libici” mentre l’aerronautica di Tobruk avrebbe condotto diversi raid aerei per respingere l’avanzata dei jihadisti.

Ma le forze militari di Haftar non hanno al momento confermato tali bilanci. Fonti su Twitter riferiscono di combattimenti anche in serata nei pressi dell’aeroporto di Ras Lanuf, ma mancano conferme ufficiali a riguardo. Il petrolio è una delle principale risorse della Libia poichè il suo greggio, particolarmente leggero e quindi più facile da lavorare, è molto raro. Negli ultimi tre anni, il Paese ha perso oltre 100 miliardi di dollari in potenziali profitti.

Le truppe di Haftar hanno riconosciuto di aver dovuto cedere il controllo di due terminal petroliferi libici, Ras Lanuf e al Sidra, a una milizia jihadista di Bengasi. Il colonnello Ahmad al-Mismari, portavoce dell’Esercito Nazionale Libico, sostiene che tra le forze impegnate nell’offensiva vi siano un misto di milizie islamiste, tribù dell’est che si oppongono ad Haftar e uomini della Petroleum Facilities Guard che controllavano i porti prima dell’arrivo di Haftar.

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Mismari ha identificato le forze responsabili dell’incursione come le Brigate di Difesa di Bengasi che -ha detto- “sono arrivate sino all’aeroporto principale di Ras Lanuf”.

Alle milizie jihadiste si sarebbero uniti anche combattenti della milizia di Misurata fedele al governo di Fayez al-Sarraj sostenuto dall’Onu. La presenza di forze di Misurata, milizia che gode del sostegno di Stati Uniti, Gran Bretagna e Italia, induce a valutare la possibilità che si sti costituendo un’alleanza tra milizie di Tripoli e forze jihadiste “benedetta” da diversi paesi occidentali con l’obiettivo di sconfiggere le truppe di Haftar dopo che il Maresciallo ha firmato un accordo militare con la Russia.

Se così fosse il confronto tra Usa/Nato e Mosca si allargherebbe anche alla crisi libica mentre l’Occidente si troverebbe ancora una volta (dopo la guerra in Siria) dalla parte di jihadisti la cui ideologia è la stessa dei terroristi che colpiscono in Usa ed Europa

(con fonte AP)

Foto: AFP, Lapresse e Reuters

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