Che ingrati questi jihadisti!

Almeno un po’ di gratitudine avrebbero potuto mostrarla questi terroristi islamici senza cuore. Donald Trump aveva appena rovesciato la politica anti-jihad annunciata con veemenza in campagna elettorale e nei primi mesi dal suo insediamento, bombardando le forze militari di Assad invece delle milizie islamiche.

Il presidente statunitense aveva persino incassato il plauso degli alleati europei e quegli ingrati di islamisti vanno a fare strage con un camion nel centro di Stoccolma.

Tutti i movimenti jihadisti hanno mostrato entusiasmo per il voltafaccia di Trump (divenuto improvvisamente il loro “eroe” almeno sui social network), che ha finto di credere alla boutade dei gas nervini di Assad e di commuoversi per i bambini siriani gasati (ma neppure una lacrima per i ben più numerosi bambini iracheni uccisi dalle bombe USA a Mosul a fine marzo), e poche ore dopo un fan dell’Isis ha travolto con un TIR rubato innocenti svedesi dediti allo shopping.

Ironia a parte è ovvio che non ci sono elementi concreti per mettere in relazione i raid missilistici americani contro le forze aeree di Assad e “l’attentato veicolare”(vedi l‘approfondimento di Analisi Difesa su questa arma terroristica firmato da Pietro Orizio) a Stoccolma ma è paradossale che nel momento in cui gli USA danno una mano alle milizie jihadiste (ormai barricate sulla difensiva nelle loro ultime ridotte in Siria e Iraq) con l’approvazione dell’Europa, un “soldato” dello Stato Islamico colpisca una capitale europea.

Svezia

L’Europa e soprattutto l’Italia sono da anni impegnate a spiegarci che i migranti illegali non si possono respingere, i trafficanti libici di esseri umani non si possono attaccare e neppure le navi che portano loro i gommoni cinesi triangolati via Turchia e Malta si possono intercettare perché non c’è un’autorizzazione dell’Onu a penetrare sulle coste libiche o a perquisire i mercantili sospetti.

Paradossale allora anche che gli stessi europei approvino l’operato di Trump che bombarda la Siria del tutto illegalmente senza una dichiarazione di guerra né un mandato dell’Onu e senza aver neppure chiesto il via libera parlamentare al Congresso.

E poi se per i leader europei Trump era giustificato a colpire dai “crimini di guerra di Assad” perché allora non sono stati sparati anche missili europei contro i suoi aeroporti militari?

L’ennesima figuraccia di un’Europa troppo coniglia per tutelare i suoi interessi nel mondo da non riuscire più neppure a difendere i suoi cittadini dal terrorismo islamico, mette in evidenza tutta la mediocrità di una classe dirigente già pronta a scodinzolare dietro a Trump (che fino a ieri insultava) come aveva fatto con Obama fino a tre mesi or sono.

Quanta ipocrisia c’è anche dietro la “sorpresa” con cui la Svezia ferita “scopre” candidamente di essere bersaglio dei jihadisti nonostante la sua tradizionale politica di apertura, tolleranza e integrazione tanto sbandierata ma ben poco realizzata a causa della resistenza opposta dalle comunità islamiche.

Dominati dalla dittatura del politically correct e dal timore di “sembrare razzisti” nel denunciare i crimini di matrice islamica, gli svedesi sono da tempo con l’acqua alla gola con gli immigrati musulmani, come o peggio di altri Paesi europei. Lo abbiamo raccontato con qualche dettaglio in un paragrafo del libro “Immigrazione: tutto quello che dovremmo sapere” mentre le ultime violenze con saccheggi e violenze risalgono a tre settimane or sono, proprio a Stoccolma.

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Un rapporto del Centro nazionale per gli studi sul terrorismo della Swedish Defence University di Stoccolma ha evidenziato i casi di moltissimi contributi del welfare per l’affitto, assegni familiari e prestiti per studenti percepiti da individui che hanno lasciato la Svezia per raggiungere Irak e Siria e non certo per trascorrervi le vacanze.

Sono 300 in totale i foreign fighters svedesi censiti, 120 quelli che hanno fatto ritorno in Scandinavia, tutti a carico del welfare svedese per recuperali alla società, mentre sono emerse truffe tese a incassare sovvenzioni per disabili, al fine di dirottarle ai jihadisti.

L’attentato di venerdì a Stoccolma “ha colpito tutti ma negli ultimi tempi i cittadini svedesi si sono sempre più abituati a notizie in cui la violenza arriva a toccare vette insolite per questi territori” sottolinea Il Giornale.

“Bande criminali straniere e svedesi hanno ormai preso confidenza addirittura con l’uso di bombe a mano e il sospetto è che siano importate dai Balcani da figure connesse ai canali di immigrazione illeciti.

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Negli ultimi due anni l’utilizzo è dilagato in tutta la Svezia: dai pochi e più isolati episodi del passato si è giunti a una cinquantina di esplosioni sia nel 2015 che nel 2016, con diversi feriti e un morto. Il 2017 non è esente: l’ultima esplosione risale alla fine di febbraio, a Malmoe”.

Come in altre città d’Europa anche in quelle svedesi l‘autoesclusione degli islamici crea pericolose sacche di illegalità diffusa con interi quartieri ormai off-limits per la polizia e persino per vigili del fuoco.

Ben 53 aree quelle mappate dal governo (un decimo delle ”no go area” censite dalla polizia in Francia), territori ormai fuori dal controllo dello Stato, amministrati dalla sharia e dai quali potrebbe venire proclamato in un futuro non troppo lontano il prossimo jihad.

Foto Rex, AFP e Getty Images

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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