Il bilancio del raid Usa e delle operazioni russe in Siria

C’è ancora molto da chiarire circa l’esito dell’attacco  condotto con missili Tomahawk lanciati dai due cacciatorpediniere statunitensi Porter DDG78 e Ross DDG71 (classe Arleigh Burke) contro la base aerea siriana di Shayrat.

Aeroporto che ospita due squadroni di vecchi aerei da attacco Mig 23, Sukhoi Su-22 e Su-24 ma costituisce anche una base avanzata per gli elicotteri russi Mi-24, Mi-8/17, Ka-52 e Mi-28 (nella foto sotto) impiegati sul fronte di Palmyra.

I missili lanciati dalle navi sono stati 60 (30 per ogni nave) e non come 59 come precedentemente dichiarato dal Pentagono che ha poi ammesso che un Tomahawk si è inabissato in mare subito dopo il lancio.

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Secondo Washington tutti i 59 missili da crociera hanno colpito il bersaglio mentre i russi hanno fatto sapere che le loro forze basate in Siria hanno rilevato che solo 23 Tomahwak hanno raggiunto l’obiettivo.

Vale la pena ricordare che anche in occasione del lancio di missili da crociera russi Kalibr contro obiettivi dell’Isis e di altre formazioni jihadiste siriane da parte delle navi della Flottiglia del Mar Caspio gli Stati Uniti indicarono che un buon numero di missili da crociera russi non aveva raggiunto il bersaglio e alcuni erano addirittura caduti in territorio iraniano.

Notizia smentita a suo tempo da Teheran ma è evidente che su questo tipo di operazioni russi e americani si sfidano anche a colpi di propaganda mentre non è chiaro se ed eventualmente come le imponenti strutture di contromisure elettroniche messe in campo da Mosca nella base aerea di Hmeymin (Latakya) possano aver eventualmente disturbato il volo dei Tomahawk determinando la caduta di alcuni mentre le batterie antimissile S-400 dei russi non sono state attivate.

Per l’analista militare Alex Kokcharov, dell’IHS Maarkit, questi sistemi sono «pienamente in grado» di intercettare i missili Cruise Tomahawk e la maggior parte dei cacciabombardieri americani, a parte gli invisibili F-22. Se  gli S300 non hanno abbattuto i Tomahawk è perché i russi «hanno scelto di non farlo».

Circa i danni subiti dalla base siriana le valutazioni variano dai 6 ai 9 aerei distrutti (secondo Mosca 6 Mig-23)  insieme a diverse infrastrutture inclusi radar, shelter corazzati, magazzini e postazioni missilistiche di difesa aerea.

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Solo 6 i militari siriani uccisi (o forse 7 più 9 civili) incluso a quanto pare un generale di brigata, probabilmente il comandante della base; un numero limitato dal fatto che gli statunitensi avevano avvisato un’ora prima dei raid i russi che avrebbero avuto il tempo da trasferire i loro elicotteri e informare le forze aeree siriane in tempo per evacuare almeno gran parte del personale della base.

Già poche ore dopo l’attacco la base era tornata almeno parzialmente operativa come ha testimoniato un video dell’agenzia russa Sputnik confermato dall’Osservatorio siriano per i diritti umani, organismo vicino ai ribelli secondo il quale la base di Shayrat sarebbe “parzialmente attiva” e da lì sono decollati oggi due aerei per effettuare raid contro obiettivi dell’Isis nelle vicinanze di Palmira.

Nell’ipotesi di ulteriori raid aerei statunitensi, i russi hanno inoltre annunciato il potenziamento delle difese aeree siriane schierando ulteriori sistemi Buk, Pantsir, S-300 e S-400 in grado di coprire tutte le quote contro minacce diverse (aerei, missili da crociera e missili balistici).

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Il raid americano ha ottenuto il sostegno o quanto meno la “comprensione” degli alleati europei, alcuni dei quali non nascondono però le perplessità e il rischio che la tensioni tra russi e statunitensi possa avere ripercussioni sulle operazioni. Il raid su Shayrat ha infatti indotto il Belgio, membro della Coalizione anti-Isis a guida statunitense, a sospendere fino a nuovo ordine le operazioni dei suoi caccia F 16 sulla Siria.

Nei giorni scorsi il vice direttore del Dipartimento “Nuove sfide e minacce” del Ministero degli Esteri russo, Dmitry Feoktistov, ha fornito un bilancio provvisorio delle operazioni militari russe in Siria.

Dalla fine di settembre del 2015, quando presero il via le operazioni russe in Siria, i miliziani (“terroristi”) uccisi dai russi sono stati 35 mila inclusi 204 comandanti nel corso di 19 mila sortite in cui sono stati effettuati 17 mila attacchi aerei.

Foto CNN, Sputnik e US Navy

 

 

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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