Ultimi scontri a Mosul ma per Usa e Ue il nemico non e’ l’Isis

“I nostri reparti continuano ad avanzare e sono entrati nei quartieri di al-Saha al-Oula, al Zinjili e di al-Shifaa, oltre che nell’Ospedale repubblicano” ha annunciato il 29 maggio il portavoce del Comando congiunto delle operazioni (Joc) delle forze irachene che guida l’offensiva su Mosul dove sono stati liberati 83 degli 86 quartieri della città.

Un dato che non significa necessariamente che la battaglia sia ormai conclusa poiché già in passato (il caso della città libica di Sirte resta emblematico) poche centinaia di miliziani, isolati e senza più una catena di comando e controllo, hanno opposto una lunga e tenace resistenza.

L’Isis utilizza “autobomba, cecchini e kamikaze” contro le forze irachene nei quartieri a nord della Città Vecchia, ancora in gran parte controllata dall’Isis. Le forze aeree hanno lanciato per la seconda volta in una settimana volantini su alcuni quartieri della Città Vecchia (quartieri di (al-Saha, al-Zinjili e al-Shifaa) esortando gli abitanti a fuggire dalle zone controllate dall’Isis.

Lo stesso giorno 29, il premier iracheno Haider al-Abadi ha visitato le forze militari impegnate nell’ultimo atto della battaglia di Mosul

Per ridurre l’impatto degli attacchi suicidi, spesso eseguiti da terroristi vestiti da donna, il capo della polizia di Ninive ha vietato il niqab, il velo integrale, nei luoghi pubblici.

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I miliziani dello Stato islamico sono stati accusati dal governo iracheno e dalle Nazioni Unite di utilizzare i civili come scudi umani nella battaglia di Mosul, iniziata ad ottobre. Secondo l’Onu ci sarebbero ancora decine di migliaia di civili intrappolati nella Città Vecchia, dove scarseggiano cibo e medicine.

Nelle ultime 48 ore i miliziani dell’Isis avrebbero incendiato gli archivi dei principali “ministeri” del Califfato che si trovano nella vecchia cittadella che, assieme ad altri due quartieri di Mosul, non è stata ancora liberata dalle forze irachene. Lo riferisce la tv satellitare al Arabiya che cita una fonte dell’antiterrorismo iracheno. In diverse immagini pubblicate da France Presse, si vede il cielo di Mosul completamente coperto da enormi colonne di fumo.”Da questa mattina l’organizzazione terroristica ha cominciato a bruciare gran parte degli archivi dei suoi principali ‘Diwan’ (‘Ministeri’); tra cui al Husba (Polizia religiosa), la Sicurezza; il ministero dei Jund (Difesa), al-Zakat (Finanze) ed altri ancora che si trovano tra le abitazioni civili nella città vecchia” ha detto all’emittente la fonte irachena per il quale “dare fuoco agli archivi è un evidente segno di un grande crollo dell’organizzazione. Il rogo degli archivi e dei documenti da parte dell’Isis ha lo scopo di impedire di scoprire i responsabili dei grandi crimini perpetrati a danno di civili”, ha aggiunto la stessa fonte.

Le milizie sciite irachene filo-iraniane, che hanno aggirato Mosul puntando a nord, hanno raggiunto ieri il confine siriano che minacciano di oltrepassare per liberare dall’assedio Deyr az Zor e puntare su Raqqah, capitale dell’Isis, al fianco delle truppe di Damasco.

Hadi al Amiri, uno dei leader di spicco delle Forze di Mobilitazione Popolare (Hashd al-Sha’abi) – l’organizzazione irachena che riunisce le varie milizie, per lo più sciite ma anche sunnite e cristiane, formate nel 2014 ufficialmente per contrastare l’Isis – ha affermato che i suoi uomini hanno raggiunto il valico frontaliero di Umm Jaris. Partite dal distretto di Tall Afar, le milizie sciite si sono mosse verso i distretti di Qayrawan e Baaj verso la frontiera. Il corridoio che hanno aperto è ora limitato a sud dalla presenza dell’Isis e a nord dalle milizie curde dei Peshmerga iracheni e dell’YPG siriano.

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L’avanzata delle milizie scite rischia di prvocare la reazione militare degli Stati Uniti che con britannici e giordani sostengono milizie arabe nel sud della Siria nemiche di Assad e dell’Iran

Ieri velivoli americani hanno lanciato nel sud-est della Siria volantini di avvertimento alle milizie filo-iraniane che tentano di avanzare verso i posti di blocco di miliziani arabi filo-Usa.

Secondo le fonti, i volantini sono stati lanciati vicino al posto di blocco di Shahmi, lungo l’autostrada internazionale Damasco-Baghdad. “Lasciate questo posto di blocco e tornate a quello di Zaza”, si legge nei volantini di cui copie sono state raccolte da gente del posto. Nei giorni scorsi, gli Usa avevano annunciato di aver bombardato milizie filo-governative decine di chilometri dal valico frontaliero di Tanf, tra Siria e Iraq, controllato da milizie filo-Usa.

Le forze lealiste siriane, composte in larga parte da miliziani sciiti iracheni filo-iraniani tentano da giorni di avanzare da Suwayda e da Damasco verso est, puntando verso il valico di Tanf.

In territorio siriano a ridissi del confine giordano sono segnalate da tempo forze speciali britanniche, statunitensi e giordane al fianco dei miliziani arabi sunniti.

Su tutti i fronti siriani la situazione resta fluida. Quindici persone sono state uccise da un bombardamento con mortai compiuto lunedì notte dall’Isis su Dayr az Zor, località nell’est della Siria vicina al confine con l’Iraq dove le truppe governative sono da anni sotto assedio.

Secondo l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus, ong vicina ai ribelli anti-Assad) ) i mortai hanno colpito il quartiere di Qusur, nella parte di Dayr az Zor controllata dalle forze governative.

A conferma di come lo Stato Islamico non sembri rappresentare il vero nemico per l’Occidente, il 29 maggio il Consiglio Ue ha esteso per un altro anno fino al primo giugno 2018 le sanzioni contro Bashar al Assad ed il regime siriano. La decisione, è scritto in una nota, “è in linea con la Strategia Ue sulla Siria, secondo la quale la Ue manterrà le misure restrittive contro il regime siriano ed i suoi sostenitori finché continuerà la repressione dei civili”.

Il Consiglio ha anche aggiunto i nomi di tre ministri alla lista delle persone ed entità per le quali è disposto il congelamento dei beni ed il divieto di ingresso e rapporti con la Ue.

L’elenco, che al primo posto ha il nome di Bashar al Assad come “persona che autorizza e supervisiona il giro di vite contro i dimostranti”, ora riguarda 240 persone e 67 entità, tra cui la banca centrale, la compagnia petrolifera statale ed i ministeri dell’interno e della difesa.

Le sanzioni includono anche l’embargo sul commercio di petrolio, le restrizioni su alcuni tipi di investimenti, il congelamento del patrimonio della banca centrale siriana detenuto nella Ue, il blocco delle esportazioni di materiali e tecnologie che possono essere utilizzate per la repressione e le tecnologie per il controllo delle telecomunicazioni.

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La Ue, è scritto nella nota, “resta impegnata a trovare una soluzione politica duratura per il conflitto in Siria nel quadro esistente degli accordi Onu”. Ribadito il sostegno al lavoro del mediatore dell’Onu, ribadisce che “non può esserci soluzione militare del conflitto”. Inoltre la Ue torna a sottolineare si essere il “primo donatore di risposta internazionale con oltre 9,4 miliardi destinati dalla Ue e dagli stati membri per l’assistenza umanitaria e sviluppo” e ribadisce di “continuare a sostenere la consegna di aiuti umanitari a tutti i siriani, compresi quelli sotto assedio in zone difficili da raggiungere”.

Infine i 28 ripetono che “la Ue sarà pronta ad assistere la ricostruzione della Siria soltanto quanto sarà saldamente in corso una transizione politica globale, genuina ed inclusiva, che sia negoziata dalle parti siriane in conflitto sulla base della Risoluzione 2254 del 2015 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu e del Comunicato di Ginevra del 2012”.

Foto Twitter, Reuters, AP e CNN

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