Guerra ai trafficanti: Tripoli ci offre un’opportunità da non perdere

da Il Mattino del 14 luglio (titolo originale “Se l’Italia fa bene ad aiutare la Libia”)

Mentre in Europa continuano le chiacchiere e il rimpallo di responsabilità tra istituzioni comunitarie e singoli Stati membri su come affrontare i flussi crescenti di migranti illegali che dalla Libia vengono sbarcati in Italia, Tripoli sembra offrire un’insperata opportunità che Roma dovrebbe assolutamente cogliere.

Dopo anni di blandi controlli delle acque territoriali e di sospetti casi di complicità tra le deboli forze navali di Tripoli e i trafficanti di esseri umani, pare finalmente che il premier riconosciuto dalla comunità internazionale, Fayez al-Sarraj, voglia combattere davvero la battaglia contro i criminali che gestiscono i flussi migratori.

Come ha rivelato Il Mattino, al-Sarraj ha ordinato l’accelerazione nella lotta ai trafficanti di uomini proprio alla vigilia delle visita del ministro degli Interni italiano, Marco Minniti, a cui ieri ha promesso che “la Libia farà tutto il possibile per lavorare con l’Italia per sconfiggere i trafficanti di esseri umani e alleggerire le pressioni sulle coste italiane”.

Già da settimane le poche motovedette libiche, incluse quelle donate da Roma, riportano indietro migranti (ieri 140 recuperati da un gommone che stava affondando), ingaggiano con successo scontri a fuoco con le imbarcazioni dei trafficanti che scortano gommoni e barconi “all’appuntamento” con le navi delle Ong le quali informerebbero i criminali circa la presenza delle motovedette libiche, come denunciato anche ieri dalla Guardia Costiera di Tripoli.

Ora però al-Sarraj sembra voler dichiarare guerra ai trafficanti mobilitando anche le forze aeree contro “l’emigrazione illegale”.

In realtà al-Sarraj non dispone di aerei da guerra ma le milizie di Misurata che lo sostengono hanno alcuni vecchi Mig 21 e Mig 23 ereditati dall’aeronautica di Muammar Gheddafi che potrebbero colpire gommoni e barconi in mare e sulle coste.

CNN Libya cost Guard

Un impiego peraltro difficile da attuare considerando che i vecchi jet russi non dispongono di bombe di precisione mentre un uso indiscriminato di ordigni a caduta libera potrebbe provocare molte vittime anche tra i migranti pur ottenendo probabilmente l’effetto di scoraggiarne l’imbarco.

Anzi, è probabile che lo stesso annuncio dei raid aerei abbia lo scopo di costituire un deterrente per scoraggiare le partenze e indurre i migranti a tenersi lontani dalle imbarcazioni dei trafficanti. Potrebbe quindi trattarsi per lo più di un annuncio propagandistico volto a consolidare sul fronte interno ed internazionale la pericolante posizione del premier minacciato dalle offensive delle forze del generale Khalifa Haftar verso la capitale (le sue forze avanzano da sud e da ovest, dove hanno già raggiunto Sirte) e dall’insurrezione interna alla Tripolitania guidata dall’ex premier Khalifa Ghwell, vicino ai Fratelli Musulmani e appoggiato da diverse milizie jihadiste.

Nei giorni scorsi le forze fedeli al governo di al-Sarraj hanno respinto un attacco proprio di queste ultime milizie nella zona di Garabulli, 60 chilometri a est a est di Tripoli.

E’ possibile quindi he le annunciate operazioni contro i trafficanti rappresentino la dura rappresaglia di al-Sarraj a quelle forze tribali, criminali e jihadiste che in Tripolitania sostengono Ghwell anche con i proventi dei flussi migratori che, secondo l’operazione navale europea Eunavfor Med, costituivano un anno or sono tra il 30 e il 50 per cento del PIl dell’intera Tripolitania. Nulla di nuovo se si considera che fin dal 2013 molti rapporti d’intelligence avevano evidenziato gli stretti legami tra trafficanti e organizzazioni jihadiste anche al di fuori dei confini libici.

In ogni caso la “congiuntura” offre all’Italia un’opportunità unica per rafforzare al-Sarraj anche in termini militari (da tempo gira voce che la sua sicurezza nella base di Abu Sittah, sia garantita dalle forze speciali italiane), con navi per la sua Guardia costiera e informazioni d’intelligence sui trafficanti che i nostri aerei, navi e droni tengono sotto controllo ormai da anni.

ANSA Pattugliatori italiani donati alla GC libica

Un supporto indispensabile a favorire le attività delle forze governative contro i criminali in mare e sulla costa in operazioni di contrasto cui né l’Italia né l’Europa hanno voluto impegnarsi direttamente.

Incrementare il coordinamento con le forze di al-Sarraj, anche avvicinando alle coste libiche le navi del dispositivo italiano “Mare Sicuro” e impiegando servizi segreti e forze speciali, consentirebbe di combattere per davvero i trafficanti e di attuare quei respingimenti dei migranti illegali soccorsi in mare che costituiscono l’unica opzione praticabile per chiudere la “rotta libica” e far cessare i flussi e le morti in mare.

Di fronte a un’Europa immobile, una simile iniziativa consentirebbe inoltre a Roma di assumere un ruolo di leadership nella nostra ex colonia, o almeno in Tripolitania dove sono concentrati il grosso degli interessi italiani in Libia rappresentati non solo dalla necessità prioritaria di sbaragliare il business dei trafficanti di esseri umani ma anche dall’esigenza di proteggere il terminal del gas di Melitha, gestito dall’Eni e che alimenta il gasdotto Greentream.

Foto: Getty Images, CNN e ANSA

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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