A Mosul il canto del cigno del Califfato in Iraq
“Le forze di polizia hanno liberato la zona di Bab al-Saray, nella città vecchia di Mosul”. Lo ha annunciato ieri mattina il comando della polizia irachena in una nota rilanciata dalla tv irachena ‘al-Sumaria. La nota precisa che le forze di polizia “hanno issato la bandiera irachena nel quartiere”, che si trova sulla riva destra della città di Mosul, dove le forze di sicurezza irachene sono impegnate nelle battaglie “per la liberazione degli ultimi covi dell’organizzazione dello Stato islamico (Is)”.
I soldati iracheni hanno eliminato ieri 7 donne kamikaze. Il colonnello Salam Hussein, delle Operazioni speciali in Iraq, ha spiegato che negli ultimi giorni a farsi saltare in aria sono con sempre maggior frequenza le donne.
Sono stati dilaniati dalle esplosioni sia soldati che civili (non è stato fornito il loro numero), mentre centinaia di persone fuggono dalla seconda più grande città dell’Iraq. Il colonnello ha spiegato che “sette donne hanno affrontato le nostre unità ma i nostri uomini le hanno neutralizzate. Alcune si sono fatte esplodere tra le famiglie in fuga. Si tratta di un tentativo crudele e vigliacco dei terroristi di causare perdite pesanti sia tra le forze di sicurezza sia tra i civili”.
Dovrebbero essere poche centinaia i miliziani del Califfato che ancora oppongono ancora una strenua resistenza alle truppe irachene che la scorsa settimana hanno riconquistato le rovine della simbolica moschea di al-Nouri, nel cuore di Mosul, da dove Abu Bakr al-Baghdadi aveva proclamato il Califfato tre anni or sono.
Una battaglia infuocata, combattuta nella Città Vecchia casa per casa a temperature superiori ai 40 gradi. Il comandante delle forze anti-terrorismo, generale Abdul Ghani al Asaadi, ha detto il 2 luglio che saranno necessari ancora alcuni giorni per “ripulire” gli stretti vicoli e gli antichi edifici della Città Vecchia dai 200/300 jihadisti che si stima vi siano ancora trincerati, decisi a contrastare fino all’ultimo le forze governative lealiste facendo ricorso a cecchini, autobomba e attentatori suicidi.
Una resistenza a oltranza già vista in altre città irachene (Ramadi, Fallujah…..) e nella città libica di Sirte che può aumentare il numero delle vittime cuvili e delle perdite tra le truppe di Baghdad (mai reso noto) ma non certo mutare l’esito della battaglia.
Il comandante della polizia federale, generale Raed Shaker Jawdat, ha annunciato che le sue forze hanno riconquistato altri settori dei quartieri di Bab Lakash e Bab al Jadid, compresa la moschea di Kaab bin Malik. Ma le operazioni procedono tra mille cautele a causa della presenza di civili e di trappole esplosive lasciate dai jihadisti prima di ritirarsi, che richiedono lunghe operazioni di bonifica del territorio riconquistato.
Il 1° luglio era caduto anche il quartiere di al-Shifa, ultimo in mano all’IS fuori dalla Città Vecchia.
E’ “la fine del falso Stato dell’Isis” ha detto nei giorni scorsi il premier iracheno Haidar al-Abadi anche se l’euforia per la caduta di Mosul ormai imminente ha fatto dimenticare che l’IS controlla ancora ampie aree in territorio siriano ma anche in Iraq dove mantiene il possesso di un’area di 500 chilometri quadrati ad Hawija, a ovest di Kirkuk, e una fascia di territorio lunga 400 chilometri alla frontiera con la Siria, settore dove operano le milizie scite filo iraniane congiuntesi con le truppe di Bashar Assad.
In molte aree i miliziani del Califfo sono di fatto circondati mentre lo stesso al-Baghdadi potrebbe essere stato ucciso dai raid aerei russi a fine maggio.
Nelle zone liberate cresce il timore di rappresaglie contro sunniti sospettati di essere fiancheggiatori o simpatizzanti dello Stato islamico. Vendette dietro le quali si nascondono anche rancori interetnici, interconfessionali e tribali. L’Onu ha espresso “estrema preoccupazione” per le minacce già ricevute da “centinaia di famiglie” di presunti membri dell’Isis o loro parenti.
Il portavoce dell’Alto commissariato per i diritti umani, Rupert Colville, ha parlato di “segnalazioni di cosiddette lettere notturne lasciate presso le abitazioni o distribuite nei quartieri” che intimano alle persone di lasciare le abitazioni a una data particolare, pena l’espulsione forzata.
L’Onu ha quindi esortato il governo iracheno a prendere provvedimenti per fermare questi sgomberi imminenti o qualsiasi tipo di punizione collettiva, che renderebbe ancora più difficile il già arduo percorso della riconciliazione nazionale.
La “questione sunnita” resta infatti aperta e se ampi settori dell’opinione pubblica sunnita hanno sostenuto il Califfato domani il governo scita di Baghdad dovrà varare un’ampia opera di inclusione politica di quella comunità se vorrà evitare nuovi moti insurrezionali.
Califfato alle corde anche a Raqqa dove i jihadisti combattono casa per casa (e nei giorni scorsi hanno lanciato con successo un paio di contrattacchi) contro le milizie curdo-arabe delle Forze Democratiche Siriane sostenute dagli USA che hanno liberato il 25% per cento del centro urbano.
La Giordania sta rafforzando le misure di sicurezza lungo i suoi 224 chilometri di confine con la Siria nel timore che un numero crescente di miliziani jihadisti sia spinto verso il sud del Paese dalle sconfitte dell’Isis a Mosul e a Raqqa, mettendo in pericolo la sicurezza del Regno hashemita. Gli Usa hanno fornito alla Giordania sistemi basati su tecnologie sofisticate per controllare la frontiera al fine di impedire ingressi illegali sul suo territorio.
Anche ai profughi provenienti dal territorio siriano non è più permesso di attraversare il confine, lungo il quale le autorità di Amman hanno contribuito ad allestire campi di accoglienza per gli sfollati. Ma i rifugiati alloggiati in questi campi lamentano la carenza di servizi essenziali, generi alimentari e acqua. “Secondo Fares Kreishan, esperto militare citato dall’Ansa, vi sono segnali che, a seguito delle sconfitte in Iraq e nel nord della Siria, l’Isis potrebbe spostare una parte dei suoi miliziani in particolare nella valle di Al Yarmuk, nei pressi del confine giordano-israeliano.
Foto: AP, Askanews e AFP/Getty Images
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