E’ un foreign fighter francese il successore di al-Baghdadi

Abu Bakr al-Baghdadi avrebbe già un successore alla guida dello Stato Islamico: il tunisino Jalaluddin al-Tunisi, attuale leader del gruppo terrorista in Libia. La notizia è stata diffusa dall’emittente emiratina Al Arabiya, secondo cui Jalaluddin al-Tunisi è tra i pochi leader rimasti ed è “il più qualificato a prendere il posto di al Baghdadi”. Il suo vero nome è Mohamed Ben Salem Al-Ayouni.

Nato nel 1982 nella regione di Msaken nei pressi di Sousse, emigra in Francia negli anni ’90, dove ottiene la cittadinanza prima di rientrare in Tunisia nei giorni della rivoluzione.

Un aspetto non mrginale, la cittadinanza europea del nuovo leader dello Stato Islamico, soprattutto se messa in reazione ai reiterati allarmi dell’intelligence che valutano nuove possibili esplosioni di violenza terroristica in Europa in concomitanza con le sconfitte militari dell’Isis sui campi di battaglia del Medio Oriente

Nel 2011 Jalaluddin parte volontario per combattere il jihad in Siria. Nel 2014, dopo la proclamazione dello Stato Islamico da parte di Baghdadi alla Grande Moschea di Mosul, al-Tunisi annuncia di unirsi all’Isis, diventando molto vicino al leader iracheno.

La sua prima apparizione sui media avviene attraverso un video girato proprio nel 2014. Lo scorso anno, dopo la disfatta dell’Isis a Sirte, al Baghdadi lo nomina Emiro dell’organizzazione in Libia, perché – riferisce sempre Al Arabyia credeva fosse in grado di vincere e garantire la presenza dell’organizzazione, ma anche per i suoi buoni rapporti con altre organizzazioni estremiste attive in Nord Africa, quale Okba Ibn Nafaa, affiliata ad al-Qaeda.

Proprio il Nord Africa sarebbe in cima alla lista delle regioni dove l’Isis vorrebbe espandersi – o in qualche modo sopravvivere – dopo le sconfitte in Iraq e Siria. La Libia, in particolare, può garantire un rifugio sicuro per organizzarsi, reclutare e addestrare nuovi affiliati, sfruttando la persistente debolezza politica e istituzionale di un Paese ancora diviso.

Restano dubbi, almeno a Washington, circa la morte di al-Baghdadi confermata da Damasco, poi da Mosca, dallo stesso Isis e anche dall’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria, ong vicina ai ribelli anti-Assad basata a Londra con una vasta rete di informatori in Siria.

Ieri il capo del Pentagono James Mattis ha espresso molta cautela, affermando di non avere elementi certi sulla morte di al-Baghdadi sulla cui testa gli USA hanno posto una taglia da 25 milioni di dollari.

Ciò significa che, per le informazioni oggi note, a incassarli dovrebbe essere il pilota russo che ha lanciato gli ordigni che a fine maggio hanno ucciso il Califfo alla periferia di Raqqa.

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