La minaccia politica di Erdogan (e dell’Islam) sull’Europa

Il presidente turco Recep Tayyp Erdogan cerca di influenzare il voto dei turchi con passaporto tedesco con quella che Berlino definisce un’ingerenza ma che ben rappresenta il futuro di un’Europa in cui masse islamiche potenzialmente omogenee sul piano politico potranno inficiare la nostra democrazia  influenzando l’esito di elezioni anche in obbedienza a indicazioni provenienti dall’estero.

Nei giorni scorsi Erdogan ha lanciato un appello ai propri concittadini residenti in Germania, chiedendo loro di non votare per i partiti “nemici della Turchia” nelle elezioni previste il prossimo 24 settembre. Dei tre milioni di tedeschi di origine turca residenti in Germania, poco più di un milione ha diritto di voto.

Un patrimonio che Erdogan non vorrebbe andasse né ai social democratici della Spd, nè ai cristiani democratici del Cdu e neppure ai Verdi del segretario di origine turca Cem Ozdemir, per il quale il presidente mesi fa chiese ironicamente, ma con accenti razzistici evidenti, “analisi” per verificare fosse davvero turco.

Il sindaco di Ankara, Melih Gokcek, lo ha addirittura definito un “servo armeno”, intimandogli di lasciare la politica: frasi e metodi non arbitrari nella Turchia islamizzata da Erdogan che ha definito i tre partiti tedeschi “nemici della Turchia per i quali non bisogna votare” scatenando la reazione del ministro degli esteri Sigmar Gabriel, che ha bollato come “interferenze” le parole di Erdogan il quale ha preso le critiche come avrebbe fatto un pashà lamentando il reato di “lesa maestà”.

“La Germania ha un ministro degli Esteri che va fuori dal suo ruolo. Chi si crede di essere per rivolgersi al presidente della Turchia? Dovrebbe parlare al nostro ministro degli esteri, invece di pretendere di darci lezioni. Ha esperienza in politica costui? Quanti anni ha?” ha detto Erdogan cercando di ridicolizzare Gabriel.

Il presidente non ha dato indicazioni esplicite di voto, ma i turchi di Germania hanno di recente fondato due partiti che correranno nel Reno Westfalia, il lander a maggiore densità di islamici e di estremisti islamici: l’Alleanza dei tedeschi democratici (ADD) e l’Alleanza per l’innovazione e la giustizia che richiama l’acronimo dell’AKP del partito Giustizia e Sviluppo del presidente turco.

Le polemiche tra i due Paesi avevano raggiunto il culmine in marzo, quando Berlino ha vietato a ministri turchi di fare campagna elettorale in Germania per il referendum costituzionale tenutosi lo scorso 16 aprile. Erdogan accusò di nazismo i tedeschi, la cui decisione fu poi imitata da Olanda e Austria. Più recentemente la tensione è tornata a salire dopo il rifiuto tedesco di estradare in Turchia 4.500 dissidenti che Erdogan reclama come “terroristi”.

Per comprendere il peso delle dichiarazioni di Erdogan, che già in passato aveva esortato i turchi in Germania a non farsi assimilare e a fare 5 figli per coppia in modi da poter domani garantire il dominio demografico islamico sul Vecchio Continente, occorre tenere presente il rapido imbarbarimento e le crescenti discriminazioni determinati in Turchia dall’islamizzazione della società, ben simboleggiata dall’istituzione in alcune città di “autobus per sole donne” o dai nuovi programmi scolastici incentrati sulla jihad tesi più a indottrinare in modo “coranicamente corretto” che a istruire.

“La jihad è un elemento importante della nostra religione – ha spiegato il ministro dell’Istruzione Ismet Yilmaz – Il vero significato della jihad è amare il proprio Paese e assicurare la pace”. Non del tutto in linea con questa interpretazione rassicurante è Ahmet Hamdi Camli, deputato del partito di governo per la Giustizia e lo Sviluppo (Akp) e membro della commissione parlamentare dell’istruzione, secondo cui “la jihad è il principale elemento dell’Islam: è del tutto inutile insegnare matematica a un bambino che non conosce la jihad”.

Benchè generalmente (e stupidamente) in Occidente il partito AKP, espressione turca dei Fratelli  Musulmani,  e lo stesso Erdogan vengano considerati “islamici moderati”, anche l’Isis e al-Qaeda concorderebbero con Camli, deputato di un paese membro della NATO e che qualcuno vorrebbe far entrare nella Ue.

Per Lale Karabiyik, accademica e deputata del Partito popolare repubblicano (Chp) d’opposizione “c’è il rischio di una crescente polarizzazione nella società” mentre Erdogan Doner, presidente dell’associazione Cem Vakfi, della minoranza (20%) scita alevita, sostiene che “insegnare la jihad come forma di culto o funzione religiosa nelle scuole è in linea con la dottrina dello Stato islamico ed è molto pericoloso”.

Con questi presupposti è evidente il peso che può avere Erdogan nell’influenzare il voto tedesco ma soprattutto è chiaro che le indicazioni di Ankara anticipano il peso che le pressioni del mondo islamico potranno avere in un futuro ormai presente su tutta l’Europa.

Paesi che hanno un ruolo leader nel mondo islamico (Turchia, Arabia Saudita, Qatar …) potranno sempre più efficacemente influenzare il voto in Europa agendo direttamente su partiti, organizzazioni e imam salafiti o della Fratellanza Musulmana da loro finanziati e quindi facilmente manovrabili.

Un rischio che è già una realtà in molti paesi dove gli islamici con cittadinanza sono alcuni milioni e l’emigrazione musulmana è già alla seconda o terza generazione. A differenza dell’Olanda (dove il partito islamico filo-turco Denk ha preso il 2,1% dei voti e siede cin 3 deputati in Parlamento), in Francia, Belgio e Gran Bretagna non ci sono partiti confessionali ma gli islamici influenzano le elezioni, specie quelle locali, spostando il voto dei musulmani verso i candidati che garantiscono maggiori vantaggi come la costruzione di moschee.

@GianandreaGaian

(con fonte Nuova Bussola Quotidiana)

Foto Reuters

 

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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