Libia: le carte dell’Italia in Europa
da Il Mattino del 28 agosto 2017
Al vertice sull’emergenza migranti all’Eliseo per la prima volta l’Italia si presenta senza supplicare aiuti ma portando un ricco carnet di successi conseguiti nelle ultime settimane che hanno portato al “congelamento”, se non proprio al blocco, della “rotta libica”.
I flussi di migranti si sono più che dimezzati in luglio (meno 57% rispetto allo stesso mese del 2016) e questo mese sono sbarcati in Italia in meno di 3mila contro i 21mila dell’agosto scorso.
Un successo tutto italiano determinato dagli accordi stipulati dal ministro Marco Minniti con il premier libico riconosciuto Fayez al-Sarraj, dall’addestramento ed equipaggiamento della Guardia costiera libica che blocca molti barconi e gommoni contrastando con le armi i trafficanti ripristinando il controllo sull’area di ricerca e soccorso nazionale. Provvedimento quest’ultimo che ha messo fuori gioco le navi delle Ong il cui ruolo è stato condannato apertamente da Tripoli ma risulta ormai troppo ambiguo anche in Italia e non solo a causa delle inchieste giudiziarie in corso.
Scalpore ha suscitato la notizia di una misteriosa milizia libica che impedisce ai migranti di salpare da Sabratha, località di partenza del maggior numero di imbarcazioni cariche di migranti illegali. Ne ha dato conto l’agenzia Reuters e non è difficile mettere in relazione l’avvio delle operazioni della milizia anti-trafficanti con l’arrivo a Sabratha di un aereo italiano, coordinato dalla nostra ambasciata a Tripoli, carico di medicinali per l’ospedale della città.
Roma punta ad affiancare agli accordi con al-Sarraj anche le intese con le amministrazioni locali come conferma anche l’esito dell’ultimo vertice tra Minniti e i sindaci di 14 città libiche che riceveranno dall’Italia aiuti economici in cambio del contrasto ai trafficanti. Un’operazione concertata quella di Roma, che punta sul governo riconosciuto dalla comunità internazionale ma tiene conto del fatto che esso non controlla certo un’ampia porzione del territorio rendendo così necessarie intese con tribù e leader locali per bloccare l’intera ”filiera” dei trafficanti dai confini sahariani alle coste libiche.
Un successo, quello italiano, che va ora consolidaoa su tutti i fronti. Sul piano interno a Minniti non mancano certo gli avversari nello stesso governo, specie dopo lo stop a flussi che hanno finora garantito un ricco business “all’industria dell’accoglienza”.
Sul fronte europeo, oltre all’ostilità delle lobby legate alle Ong, è evidente che l’Italia deve fare i conti con l’antagonismo dei suoi “partner-competitor”, specie dopo aver dimostrato di poter influire, da sola, in modo decisivo sulla crisi migratoria.
A cominciare dalla Francia di Emmanuel Macron, maggiore rivale dell’Italia nella gara per l’influenza sulla nostra ex colonia, che dopo aver organizzato il vertice con al-Sarraj e il generale Khalifa Haftar ha sempre accolto con malcelato nervosismo le iniziative di Roma in Libia.
Anche Madrid, alle prese con i problemi del terrorismo islamico e dell’indipendentismo catalano, non vede certo con piacere i successi italiani nella lotta ai trafficanti. La Spagna era stata tra primi, insieme alla Francia, a rifiutare ogni ipotesi di condivisione dei migranti illegali in arrivo dalla Libia e sbarcati nei porti italiani anche dalle navi militari europee.
Ora che Roma ha bloccato la rotta libica, Madrid deve fare i conti con un netto incremento degli sbarchi illegali sulle sue coste.
Secondo l’Organizzazione internazionale per la migrazione tra gennaio e luglio sono arrivati 8.300 clandestini, il triplo dell’intero 2016. Nello stesso periodo in Italia ne sono arrivati circa 100 mila e in Grecia 14mila ma la tendenza da un paio di mesi si è invertita e inoltre la Spagna è esposta anche nei suoi territori africani di Ceuta e Melilla.
Per i paesi del Nord Europa la questione libica resta secondaria, almeno finché l’Italia accoglie immigrati illegali privi di diritto d’asilo, che non potranno essere ricollocati in altri Paesi dell’Unione. La politica di aiuti ai paesi africani voluta da Berlino potrebbe dare risultati concreti nello scoraggiare l’immigrazione solo tra qualche decennio ma già ora offre alla potenza europea uno strumento di penetrazione politica ed economica in un Sahel povero ma ricco di risorse.
Inoltre in Germania si vota tra meno di un mese e l’ennesima dichiarazione di Angela Merkel di solidarietà a Roma e Atene di fronte all’emergenza migratoria sembra rispondere soprattutto alla necessità di accattivarsi le simpatie degli elettori di origine italiana e greca. Specie ora che Ankara preme sull’elettorato turco-tedesco affinché faccia mancare il sostegno ai principali partiti in una Germania dove sono nati ben due partiti “islamici” filo-Erdogan.
Anche Londra gioca le sue carte in Libia e in modo spregiudicato al punto che il ministro degli Esteri britannico, Boris Johnson, si è recato a Bengasi promettendo oltre nove milioni di euro per combattere la tratta di esseri umani e il terrorismo al governo di Tobruk, rivale di quello riconosciuto dall’Onu guidato da al-Sarraj.
Johnson ha detto che il rovesciamento di Muammar Gheddafi nel 2011, attuato grazie anche al ruolo bellico del governo Cameron, dello stesso partito tory di Johnson, si è rivelato “finora una tragedia”.
Un’autocritica che certo non porterà Londra a sostenere gli interessi italiani in Libia. Non a caso al-Sarraj continua a lanciare appelli all’Europa perché aiuti con denaro e mezzi il suo governi a combattere i trafficanti di esseri umani ma ha chiesto solo alle forze italiane di entrare in acque libiche.
“L’Europa sarà sempre più a rischio di attentati se non aiuterà la Libia ad arginare il flusso di migranti tra i quali si nascondono potenziali terroristi” ha detto ieri al-Sarraj in un’intervista al Times. Il premier chiede da tempo che l’Onu revochi l’embargo sulle armi decretato durante la guerra del 2011 e si impegni a rimpatriare i migranti illegali bloccati in Libia.
Un intervento quest’ultimo caldeggiato anche da Roma, che chiuderebbe forse definitivamente la rotta libica, ma sul quale nessuno in Europa e nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu sembra voler prendere impegni concreti.
Foto: Ansa, Reuters e CNN
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.