Siria: i curdi filo-USA puntano su Deir Ezzor per fermare Assad

I combattenti curdo-arabi siriani delle Forze Siriane Democratiche (SDF) sostenuti dagli Stati Uniti stanno avanzando nella provincia di Deir Ezzor a est del fiume Eufrate, strappando terreno ai miliziani dello Staro Islamico già indeboliti in quel settore dagli attacchi aerei russi e siriani.

Le SDF hanno conquistato territori fino a pochi chilometri dalla capitale provinciale dove da alcuni giorni le truppe governative siriane e russe hanno raggiunto le guarnigioni assediate da oltre due anni dai miliziani del Califfato.

Lo ha indicato l’Ondus, l’Osservatorio siriano dei diritti umani, ong con sede a Londra ma vicina ai ribelli anti-Assad.

Harry Boone Twtter

Le SDF hanno annunciato sabato di aver iniziato a “bonificare” dalla presenza dello Stato Islamico le zone a est del fiume Eufrate, che taglia in diagonale la provincia. Domenica hanno conquistato la maggior parte del nordest della provincia. “Hanno preso il controllo di una collina a sette chilometri dagli argini orientali dell’Eufrate della città di Deir Ezzor”, ha dichiarato Rami Abdel Rahman, che dirige l’Ondus che ha attribuito i rapidi avanzamenti al fatto che le “parti orientali della provincia sono deserte e non densamente popolate” .

Ahmad Abu Kahwlaw, capo del cosiddetto Consiglio militare i Dei Ezzor delle SDF, ha annunciato l’avvio dell’offensiva dalla provincia di al-Hassaka, a nord della città.

Le SDF, appoggiate dai bombardamenti della Coalizione internazionale a guida Usa, sono già impegnate da mesi nei combattimenti per conquistare Raqqa, la capitale dello Stato islamico in Siria, di cui hanno occupato circa il 60 per cento.

Una parte delle forze sono state spostate nella battaglia di Deir Ezzor non tanto per interesse dei curdi siriani (l’area non è abitata dalla loro etnia) ma per soddisfare l’evidente esigenza degli Stati Uniti di impedire alle forze di Assad e ai loro alleati russi e iraniani di riconquistare tutti i territori della Siria orientale  in mano allo Stato Islamico sottraendo a Damasco  quanto più possibile territorio in questa provincia ricca di petrolio e gas che si estende fino al confine con l’Iraq.

Giovedì scorso un comandante di SDF aveva anticipato all’agenzia Askanews che l’offensiva su Deir Ezzor sarebbe “scattata alle prime ore di sabato” spiegando che “l’operazione mira solo a spingere i jihadisti ad arretrare dalle zone settentrionali” della provincia.

SDF Raqqah AFP

L’offensiva sarebbe stata decisa durante una riunione tenuta ad al-Shadadi, città nella parte meridionale della provincia di al-Hasaka che costeggia i confini amministrativi di Deir Ezzor, ha dettagliato Mustafa Bali, responsabile media di SDF, secondo il quale all’incontro erano presenti “ufficiali dell’esercito americano, comandanti delle SDF e rappresentanti del Consiglio militare di Deir Ezzor”.

L’offensiva, ha detto Bali, punta a prendere il controllo di più territorio possibile, ma “non prevede necessariamente la conquista della città di Deir Ezzor. Le nostre forze sono state lanciate su due direttive: una verso l’Ovest della provincia, sull’autostrada che conduce al distretto di al-Kissrah” nella parte occidentale della provincia e la seconda che partirà in direzione della cittadina di al-Sur” nella parte orientale.

 

Amibiguità

Le SDF si sono impegnate ieri a non attaccare le forze del governo siriano a Deir ez-Zor, come ha detto all’agenzia di Stato russa Sputnik un portavoce della milizia curdo-araba.

Il portavoce della Coalizione a guida americana, Ryan Dillon, parlando con la televisione curda Rudaw ha confermato sabato l’appoggio all’offensiva, denominata Tempesta di al-Jazeera, dal tradizionale nome di questa regione, e ha affermato che “Daesh non potrà trovare alcun riparo lungo la valle dell’Eufrate”.

Forze soeciali USA nord Siria AFP

La Coalizione ha poi ammonito le truppe governative siriane a non oltrepassare il fiume Eufrate tradendo così il vero senso dell’operazione, rivolta non tanto a sgominare l’IS ma a colpirne i veri nemici, cioè iraniani, russi e siriani.

Del resto nei giorni scorsi molte fonti hanno rivelato che proprio le forze speciali USA avrebbero evacuato dall’area di Deir Ezzor una ventina di comandanti dell’IS con e loro famiglie.

Evacuazioni ambigue che potrebbero riguardare spie e informatori degli americani come anche confermare le intese tra statunitensi e Isis che spiegherebbero tanto sulla blanda guerra condotta dagli USA contro i jihadisti in Siria.

Del resto se l’Isis non avesse esteso il suo raggio d’azione in Iraq, invadendone le regioni settentrionali nel 2014, l’Occidente non avrebbe mai costituito una Coalizione a guida USA per combatterlo in Siria, dove contribuiva e contribuisce al jihad contro il regime di Bashar Assad.

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La decisione di sottrarre alla battaglia di Raqqa forze delle SDF, già limitate dallo scarso numero di combattenti, per deviarle verso Deir Ezzor è stata presa probabilmente dal comando americano della Coalizione dopo che le truppe siriane sono riuscite il 9 settembre a rompere anche l’assedio imposto dall’Isis all’aeroporto della città accerchiato dai miliziani da più di tre anni.

Lo hanno riferito prima media vicini alle milizie sciite libanesi di Hezbollah, che partecipano all’offensiva, poi l’agenzia governativa siriana Sana ha riporta che le “forze che sono riuscite ad avanzare” da una zona a sudovest della città “hanno raggiunto le forze che controllano la base aerea”.

Le truppe lealiste hanno strappato all’Isis anche il Monte Thardeh, nelle vicinanze dell’aeroporto militare, per mettere al sicuro la strada che conduce allo scalo.

Il 10 settembre rinforzi dell’esercito siriano sono arrivati in massa a Deir Ezzor, in previsione di una più vasta offensiva contro i quartieri della città ancora sotto controllo jihadista, pari a circa metà del centro abitato.

AFP Getty Images deir-ezzor-airport

“Rinforzi militari importanti, che comprendono uomini e attrezzature, sono arrivati a Deir Ezzor, in vista dell’inizio dell’offensiva che mira ad allontanare l’Isis dai quartieri Est della città” ha affermato l’Ondus, quelli oltre il fiume Eufrate per raggiungere i quali pare siano affluiti anche mezzi del genio con ponti di barche.

In questo contesto l’esercito russo ha annunciato di aver inviato una quarantina di sminatori a Deir Ezzor, tra cui unità cinofile specializzate, per bonificare le aree urbane riempite di mine e trappole esplosive dai miliziani del Califfato.

Martedì scorso l’esercito siriano aveva annunciato di aver rotto l’assedio di Deir Ezzor, ultimo bastione urbano dell’IS nell’est della Siria, riuscendo a raggiungere una base militare assediata alla periferia sudoccidentale della città.

 

Gli USA contro l’asse scita

Un successo celebrato a Damasco, Mosca e Teheran che deve aver indotto Washington a muovere le sue pedine proteggendole (più da russi e siriani che dall’Isis) con la copertura dei suoi aerei.

La provincia di Deir Ezzor è attraversata dall’autostrada che collega la capitale irachena Baghdad con Damasco ed è essenziale per garantire la continuità territoriale della “Mezzaluna scita che si estende dall’Iran, principale alleato di Assad, fino a Beirut, ai territori al confine con Israele controllata da Hezbollah e al Mar Mediterraneo.

Una continuità che Washington, Gerusalemme e le monarchie sunnite del Golfo vogliono scongiurare anche se le forze siriane che il 9 settembre hanno ripreso il controllo del giacimento di al-Taim e delle zone circostanti hanno liberato anche l’ultimo tratto dell’autostrada Baghdad-Damasco ancora controllata dall’IS. Media ufficiali di Damasco riferiscono che le forze siriane continuano ad avanzare nell’area.

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“Noi di SDF siamo gli unici ad avere un progetto politico per il futuro di una Siria federata”, ha affermato il portavoce Bali ad Askanews, precisando che “più territorio riusciamo a conquistare più probabile è che in sede di negoziati con il regime questo nostro progetto potrà avere successo”. In una futura federazione i curdi avrebbero il controllo del Nord siriano. A Raqqa però le operazioni contro l’IS procedono con grande lentezza anche a causa, come hanno spiegato alcuni combattenti SDF, “della necessità di inviare più combattenti possibili al nuovo fronte di Deir Ezzor”.

Il progetto di federazione, che consentirebbe agli USA di mantenere il controllo su parte della Siria e gestirne il futuro, non è condiviso da Mosca, Teheran e Damasco ma neppure da Ankara che ha sempre detto di non poter tollerare un’entità territoriale curda guidata dalle milizie Unità di Difesa del Popolo curdo (YPG), gemelle del PKK curdo in Turchia che Ankara considera un gruppo terroristico.

 

Aspetti critici

L’offensiva delle SDF non presenta grosse difficoltà sul piano tattico poiché le forze dell’Isis in quella regione sono limitate e già indebolite dagli attacchi russi e siriani. Sul piano strategico invece i curdi stanno esponendosi in modo forse eccessivo operando fuori dall’area in cui possono contare su una base etnica di supporto. Cosa che, per esempio, non hanno mai accettato di fare i curdi iracheni se non nell’area di Kirkuk, da sempre contesa con gli arabi.

L’accordo tra Russia e USA del luglio scorso prevede che le SDF non vadano a ovest dell’Eufrate ma a Deir Ezzor sono i siriani a volersi spingere a Oriente del corso d’acqua con l’obiettivo (lecito per il diritto internazionale) di riaffermare il controllo governativo sulla parte più ampia possibile del territorio nazionale.

Milizie giovernative siriane a Deir Azzor

Le SDF, finora depositarie delle istanze curde nel futuri assetto della Siria, rischiano ora di apparire come pure pedine di Washington di cui rappresentano i “boots on the ground”, per ostacolare l’asse siriano-russo-iraniano. Uno scenario che comporta seri rischi per i curdi e le tribù arabe sunnite loro alleate nelle SDF.

A breve termine il rischio è che le forze dell’Isis a Raqqa possano condurre contrattacchi (se ne hanno ancora la capacità) contando sull’indebolimento delle milizie delle SDF in città.

In prospettiva, una volta sconfitto definitivamente lo Stato Islamico non è certo che gli USA mantengono nell’area una forza sufficiente a proteggere le SDF e i territori sotto il loro controllo. Non sarebbe la prima volta che Washington tradisce le aspirazioni curde dopo averle alimentate.

Del resto un’eccessiva estensione dei territori in mano ai curdi dell’YPG/SDF vedrebbe convergere gli interessi di Bashar Assad e Recep Tayyp Erdogan, con un’intesa politico militare che potrebbe vedere nella Russia il mediatore ideale tesa a sconfiggere le forze curde (piuttosto deboli senza il supporto aereo USA) e a riconsegnare alla sovranità di Damasco tutto il nord della Siria a est dell’Eufrate mettendo così in sicurezza i confini turchi.

@GianandreaGaian

Foto: AFP, SANA, US DoD, Reuters, Getty Imsges e Twitter

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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