Il caso di Nave Libra: questione internazionale prima che penale

Continua con virulenza la campagna di stampa condotta da un noto settimanale contro la Marina Militare per supposte responsabilità proprie (oltre che della Guardia Costiera) nel drammatico naufragio dell’11 ottobre 2013 in cui perirono 260 profughi nella zona di ricerca e soccorso (SAR) maltese.

Sorprende, soprattutto, che venga puntato l’indice contro il Comandante di Nave Libra (nella foto sopra) della Marina militare per presunte omissioni colpose, addebitandole anche di aver fornito una versione dei fatti che non corrisponde alla verità. Ma qual è la verità in assenza di accertamenti giudiziari?

E’ forse verità la versione fornita allo stesso settimanale da un ex militare maltese, in servizio come pilota di un ricognitore SAR di Valletta al momento del fatto? E’ difficile addentrarsi, al di fuori delle aule giudiziarie, in questioni di rilievo penale senza cadere in ricostruzioni viziate da errori di prospettiva.

Nel nostro caso abbiamo invece illuminanti dichiarazioni ufficiali fornite al Comitato parlamentare di controllo sugli accordi di Schengen, nel corso della seduta del 3 maggio 2017 ) da un rappresentante della nostra Guardia costiera. Questi ha, tra l’altro, affermato quanto segue:

IFRONTEX

“In relazione all’evento sono tuttora indagati alcuni ufficiali della Marina militare e del Corpo delle Capitanerie di porto, il personale in servizio presso il Centro di soccorso di Roma, ai quali viene contestato il reato di omissione di soccorso e omicidio colposo, nonostante anche in questo caso l’evento sia avvenuto interamente, come si è detto, nell’area di specifica responsabilità maltese, e la responsabilità del coordinamento delle operazioni fosse stata formalmente ed inequivocabilmente assunta dalla competente autorità maltese, il Centro di soccorso di Malta. 

  Ciò per il fatto che il Centro nazionale di soccorso italiano sarebbe stato il primo Centro di soccorso al quale è pervenuta la richiesta di soccorso, richiesta peraltro prontamente girata alle autorità maltesi dal personale di servizio, come previsto dalle procedure SAR, unitamente a tutte le informazioni a disposizione, in quanto il naufragio è avvenuto in un punto più vicino alle coste italiane che a quelle maltesi. Da notare peraltro che le autorità maltesi hanno richiesto la collaborazione delle autorità SAR italiane solo successivamente, quando ormai era troppo tardi.”

 Ricondotta nei suoi termini essenziali, la questione del naufragio assume, alla stregua di tali dichiarazioni, una veste internazionale che coinvolge due Stati.

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Da un lato, Malta, quale Stato responsabile dell’area SAR di riferimento, con propri precisi obblighi da rispettare; dall’altro, l’Italia, costretta ad agire in via sussidiaria ogni volta che, come nel caso in questione, riceva per prima una chiama di soccorso da parte di imbarcazioni che si trovano in aree SAR non di propria competenza.

Il problema è che due Stati vicini dovrebbero collaborare nel SAR secondo procedure definite bilateralmente mediante un accordo discendente dalla Convenzione di Amburgo. Con Malta, un tale accordo non si è mai riusciti a stipularlo, sicchè la collaborazione nel SAR tra i due Paesi è improntata a criteri de facto, seguiti caso per caso da Malta sulla base di valutazioni di opportunità.

Ritorna allora di attualità quanto proposto in materia dalla Commissione Difesa del Senato nell’ambito dell’Indagine conoscitiva sul contributo dei militari italiani al controllo dei flussi migratori nel Mediterraneo e l’impatto delle attività delle organizzazioni non governative

“….è urgente delimitare le aree SAR tra Italia e Malta. Nonostante tale Paese abbia dichiarato un’area estremamente ampia e in parte sovrapposta a quella italiana, molti degli auditi hanno tuttavia riportato come, al sopraggiungere della crisi migratoria, Malta abbia cessato di rispondere a chiamate di soccorso provenienti da imbarcazioni di migranti. Occorre porre fine a una situazione evidentemente non sostenibile e pervenire quanto prima a un accordo, con piena assunzione di responsabilità da parte di Malta per il mare che venisse riconosciuto di sua competenza.”

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 Non senza dimenticare che, per il naufragio del 2013, sarebbe auspicabile – come indicato dalla Presidente del suindicato Comitato Schengen, On.le Laura Ravetto – che Italia e Malta istituiscano una commissione congiunta di accertamento, incaricata di ricostruire i fatti, a latere delle indagini svolte dalla nostra Autorità giudiziaria. Fermo restando, ovviamente, che anche la magistratura maltese potrebbe esercitare giurisdizione.

E’ evidente, in definitiva, che la vicenda, allo stato degli atti, è del tutto sbilanciata verso l’Italia: rappresentanti ufficiali del nostro Paese sono infatti gli unici ad essere coinvolti al momento, quando invece anche Valletta dovrebbe verificare se sussistano responsabilità penali di connazionali rilevanti per la propria legislazione.

Foto Marina Militare e Frontex

 

 

 

 

Ammiraglio in congedo, docente a contratto di "Introduzione geopolitica e diritto internazionale del mare" presso l'Università di Bari. E' autore del "Glossario di Diritto del Mare", RM, 2020 disponibile in https://www.marina.difesa.it/media-cultura/editoria/marivista/Documents/supplementi/Glossario_di_diritto_del_mare_2020.pdf

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