La morsa si chiude sulle ultime roccaforti del Califfato: l’allarme foreign fighters

Una manovra a tenaglia sta investendo gli ultimi territori di Siria e Iraq in mano al Califfato. Le forze governative siriane e le milizie loro alleate appoggiate dai bombardamenti russi continuano la loro avanzata nell’est del Paese verso Abukamal, roccaforte dell’Isis nei pressi del confine con l’Iraq, nonostante la disperata resistenza e i tentativi di contrattacco dei jihadisti. Lo riferiscono diverse fonti tra le quali l’Osservatorio nazionale per i diritti umani (Ondus), ong con sede a Londra e vicina ai ribelli “moderati” filo occidentali.

Le forze governative sono segnalate ad una quarantina di chilometri da Abukamal, mentre combattimenti sono in corso con particolare intensità a sud-ovest della cittadina.  Perdite sono segnalate dall’Ondus da entrambe le parti mentre i combattimenti proseguono con bombardamenti di artiglieria e di razzi. Abukamal è situata nella provincia di Dayr az Zor a pochi chilometri dalla frontiera, oltre la quale le forze irachene e le milizie sciite loro alleate stanno avanzando verso la località di Al Qaim incontrando per ora scarsa resistenza.

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Lo riferiscono fonti militari, secondo le quali i jihadisti si preparano probabilmente a resistere ad oltranza nella stessa cittadina di confine. Le forze governative, composte da 20.000 soldati di Baghdad e miliziani Hashid Shaabi e da 3.500 membri di milizie tribali locali, sono arrivate a circa 35 chilometri da a-Qaim. Nella cittadina di confine, secondo stime dei comandi militari, sono asserragliati tra i 2.500 e i 3.000 jihadisti dello Stato islamico.

Il 26 ottobre il premier iracheno Haider al-Abadi aveva annunciato il via all’offensiva per liberare le città di al-Qaim e Rawa. “Daesh non ha altra scelta se non morire o arrendersi. Le legioni dell’eroismo e del sacrificio si stanno muovendo per eliminare l’ultimo bastione del terrorismo in Iraq”. Si ritiene che molti jihadisti si siano trasferiti nella zona di al-Qaim nel sfuggire alle operazioni delle forze irachene nel nord del Paese.

Il comandante delle operazioni delle forze irachene ad al-Anbar, generale Abdul-Amir Yarallah, ha precisato che l’obiettivo è anche mettere in sicurezza il confine tra Iraq e Siria, “l’ultima grande battaglia” come l’ha definita la coalizione internazionale a guida statunitense.

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Le forze irachene hanno ripreso più del 90% territorio sequestrato dall’Isis nel Paese nel 2014, con i jihadisti ora confinati in un piccolo tratto della valle dell’Eufrate adiacente ad alcune delle ultime aree desertiche che controllano ancora in Siria.

La disfatta dello Stato Islamico riaccendo i pericoli della fuga di migliaia di jihadisti che potrebbero minacciare i paesi limitrofi e l’Europa. Un rapporto relativo il ritorno in patria dei foreign fighters pubblicato dal think tank newyorchese Soufan Center, rivela che già 5.600 foreign fighters avrebbero fatto ritorno nei Paesi d’origine fuggendo da Siria e Iraq, di questi 900 di nazionalità turca avrebbero già varcato il confine.

In base a quanto riferisce la BBC turca, che cita dati del ministero degli Esteri di Ankara, al confine sud della Turchia sarebbero stati fermati e arrestati 7.240 miliziani islamisti appartenenti sia all’Isis che alle fazioni nate dallo sgretolamento di al-Qaeda Il rapporto del think tank americano pone la Turchia al settimo posto dei Paesi di provenienza dei foreign fighters che in Siria si sono uniti al Califfato.

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Al primo posto la Russia, da cui sono partiti in 3417 e tornati in patria 400, Arabia Saudita, con 3244 partenze e 760 rientri, 3000 i jihadisti partiti dalla Giordania, dove ne sono già rientrati 250, appena quattro in meno dalla Tunisia (2996), 800 dei quali riaccolti in patria, esattamente come i 261 francesi dei 1961 terroristi transalpini in totale partiti negli ultimi anni.

Ben più preoccupante la situazione della Gran Bretagna, dove risultano essere tornati più della metà degli 850 foreign terrorist fighters.

Il fenomeno ha interessato meno l’Italia, da cui risultano partiti un numero compreso tra i 110 e 125 jihadisti, molti dei quali risultano deceduti. Si tratta tuttavia di numeri incerti; in base al rapporto il 30% dei 5 mila foreign fighters partiti dall’Europa avrebbe fatto rientro nel vecchio continente, mentre sarebbero in tutto 42 mila i combattenti stranieri di 120 diverse nazionalità che tra il 2011 e il 2016 si sono spinti in Siria e Iraq per combattere.

Numeri che contraddicono le stime dell’Ue, in cui si parla di 25-30 mila foreign fighters, mentre secondo la Turchia sarebbero 53.781 gli individui di 146 Paesi che hanno abbracciato l’utopia del califfato.

Il Soufan Center ha pubblicato anche altri dati circa la minaccia terroristica: in Turchia l’Isis ha realizzato 14 attacchi in meno di due anni ma le forze di sicurezza hanno prevenuto ben 22 attentati, in Francia l’intelligence ha prevenuto 12 attacchi nel solo 2017, 11 l’Australia e 5 la Gran Bretagna.

(con fonti Ansa e AGI/AFP)

Foto AFP, SANA e Esercito Iracheno

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