Washington finanzia la G5 Sahel Joint Force

Gli Usa danno impulso alla lotta al terrorismo in Africa sub-sahariana con un finanziamento pari fino a 60 milioni di dollari alla G5 Sahel Joint Force (FC-5GS). I fondi, come ha reso noto il segretario di Stato Rex Tillerson, “miglioreranno gli sforzi dei nostri partner nella lotta per garantire la pace e la stabilità” nella regione. Inoltre, “nel contrasto a Isis, alle formazioni collegate e agli altri network terroristici.

È una lotta che dobbiamo vincere e questi fondi giocheranno un ruolo chiave nel compiere la missione”. Il finanziamento, comunque, prima di poter essere erogato dovrà essere approvato dal Congresso.

La G5 Sahel Joint Force è formata da Burkina Faso, Mali, Mauritania, Niger e Ciad, con il supporto dell’Unione Africana, delle Nazioni Unite e di alcuni paesi come Francia e Usa. È nata a febbraio del 2014 e ha come obiettivo migliorare il coordinamento dei paesi a livello regionale per lo sviluppo di politiche e di attività di difesa.

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In particolare si occupa di combattere la minaccia del terrorismo nell’Africa sub sahariana, in primi mettendo i sicurezza i confini nazionali. Ma anche contrastando i traffici di droga e di esseri umani che finanziano il jihadismo. Isis e di altre formazioni antagoniste o collegate.

La G5 Sahel Joint Force è in fase di completamento e dovrebbe raggiungere la piena operatività (FOC) nei prossimi mesi con una componente di circa 5.000 uomini. Si parla entro la fine del 2017. Uno dei problemi maggiori era la mancanza di un bilancio adeguato alle sfide da affrontare, soprattutto contro Isis e al Qaeda, che stanno riorganizzandosi in Africa subsahariana.

Un problema che, a meno di veti imprevisti dal Congresso, è stato però risolto con il finanziamento Usa. Rimangono, comunque, ancora alcune questioni da affrontare. Soprattutto il mandato e le capacità della Forza, che andrà ad agire in zone dove c’è uno scarso controllo dello Stato. Per i paesi del G5 le forze che minacciano il Sahel sono soprattutto Isis, al Qaeda nel Maghreb (AQIM) e Boko Haram.

La destabilizzazione della Libia, con la caduta del regime di Gheddafi, ha contribuito all’aumento dei traffici illegali in tutta la regione favoriti dalla difficoltà nel pattugliare i confini che ha permesso che le organizzazioni terroristiche incrementassero le loro attività illecite per finanziarsi, innanzitutto la tratta di essere umani e il commercio di droga.

Difesa&Sicurezza

Francesco BussolettiVedi tutti gli articoli

Nato a Roma nel 1974, lavora all'agenzia di stampa Il Velino. E' inviato di guerra embedded dal 2003, quando partecipò alla missione Antica Babilonia con l'Esercito Italiano in Iraq. Ha coperto sul campo anche i conflitti in Afghanistan (Enduring Freedom e Isaf) e Libano (Unifil), nonché quelli in Corno d'Africa (Eritrea, Etiopia e Somalia) e le principali attività della Nato al fianco delle forze armate di diversi paesi. E' ufficiale della Riserva Selezionata dell'Esercito, specialista Psy-Ops, e tra il 2012 e il 2013 ha prestato servizio a Herat nell'RPSE. Attualmente si occupa in particolare di cybersecurity.

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