I jihadisti attaccano con i droni le basi russe in Siria
I droni che nei giorni scorsi hanno attaccato basi navali e aeree russe in Siria sono decollati da Idlib, provincia nel nord-ovest del Paese e zona di ‘de-escalation’ ancora in parte controllata da numerosi gruppi ribelli e jihadisti tra cui il sedicente Stato islamico (Is) e Tahrir al-Sham (fusione di diversi movimenti salafiti intorno ai qaedisti dell’ex Fronte al-Nusra). Lo ha riferito il giornale russo’Krasnaya Zvezda, organo ufficiale del ministero della Difesa russo.
“I droni sono stati lanciati dall’area di Muazzara, nella parte sudoccidentale dell’area di de-escalation di Idlib controllata dalle unità della cosiddetta opposizione moderata”, ha riportato il quotidiano, precisando che il ministero della Difesa russo ha inviato una nota ai vertici militari e dell’intelligence turchi chiedendo ad Ankara di far rispettare ai gruppi armati il cessate il fuoco a Idlib.
La provincia è una delle zone di de-escalation dell’accordo raggiunto ad Astana da Turchia, Russia e Iran. Ankara di recente ha accusato le forze di Damasco di attaccare i ribelli “moderati” a Idlib “con il pretesto di combattere il gruppo terroristico al-Nusra”.
L’esercito siriano è infatti impegnato dal 25 dicembre in violenti combattimenti contro i jihadisti in quel settore, sostenuto dalle forze aeree russe russe, L’obiettivo sembra essere la riconquista di Idlib.
Nelle ultime due settimane le forze siriane hanno preso il controllo di decine di villaggi e località della provincia e ieri, sotto intensa copertura aerea russa, le forze governative sono riuscite a entrare nell’aeroporto militare di Abu Duhur, dove sono in corso violenti scontri. Lo scalo, situato a cavallo tra le province di Idlib e Aleppo, è in mano ai jihadisti dal settembre 2015.
Circa l’attacco con i droni un alto funzionario del ministero della Difesa russo ha smentito che siano stati ben 31 i droni impiegati nell’attacco alle basi russe nelle prime ore del 6 gennaio, sottolineando che non ci sono motivi per mantenere segreto o sottovalutare il numero di droni coinvolti.
In precedenza alcuni media, citando il coordinatore del gruppo della Duma per i contatti con il Parlamento siriano Dmitry Sablin, avevano rivelato che 31 droni, e non 13 come detto, sono stati coinvolti nell’attacco alla base aerea russa di Hmeimim, a Latakia, ed al centro logistico della Marina militare nel porto di Tartus. “Nell’attacco sono stati utilizzati 13 droni ad ala fissa, dieci nel tentativo di colpire Hmeymim e altri tre contro Tartus.
Gli attacchi non hanno provocato danni o vittime: 7 droni sono stati eliminati dai sistemi di difesa aerea Pantsir-S1 e 6 sono stsari intercettati dalle contromisure radio elettroniche che ne hanno disturbato i sistemi di guida.
L’11 gennaio lo Stato Maggiore russo citato dalla Tass ha fatto sapere che l’esplosivo imbarcato sui droni che hanno attaccato le basi militari russe in Siria “non può essere fabbricato in modo artigianale e proviene dall’Ucraina”. Le tecniche per assemblare quel tipo di velivoli richiedono inoltre “una conoscenza speciale ed esperienza”, prosegue lo Stato Maggiore nella sua analisi dell’attacco. Inoltre i dati raccolti dai droni e decifrati dagli esperti russi mostrerebbero che i velivoli sono partiti “dallo stesso luogo” e avevano nei loro sistemi coordinate “più precise” di quelle ottenibili di norma.
“Solo un Paese ha le capacità tecnologiche per fornire sistemi di navigazione satellitare e controllo remoto a droni in grado di operare da una distanza superiore ai 50 chilometri” come quelli usati da terroristi che nella notte fra il 5 e il 6 hanno cercato di colpire le basi russe, ha denunciato il ministero della Difesa russo, citato dall’agenzia Interfax senza citare il paese esplicitamente.
Maggiori dettagli nell’analisi del Meir Amit Intelligence and Terrorism Information Center
Foto: AP, SANA e Ministero della Difesa Russo
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