Le nuove strutture di comando della NATO

Nella riunione dei Ministri della Difesa dell’Alleanza Atlantica conclusasi a Bruxelles il 15 febbraio si è presa la decisioni di porre nuovamente mano alla struttura dei Comandi Alleati prevedendo la creazione di due nuove entità, un Joint Force Command for the Atlantic ed un Command for logistic, reinforcement and military mobility. I Ministri hanno anche stabilito che nella loro prossima riunione di giugno decideranno le località dove stabilire questi nuovi Comandi e la consistenza dei loro Stati Maggiori.

Se la creazione del Comando per la Logistica era scontata per l’importanza che tale attività ha oggi nelle previste operazioni della NATO sia nei quadro degli interventi di peacekeeping che in eventuali operazioni di maggiore consistenza militare, comprese quelle di schieramenti di appoggio ai nuovi alleati dell’Est e di deterrenza per la nuova politica di Mosca, la rinascita di un Comando per l’Atlantico, scomparso quasi dieci anni fa dopo il Summit di Lisbona (2006), dimostra una rinnovata sensibilità al pericolo relativo alle essenziali linee di comunicazione marittime (SLOC) tra la componente nordamericana e quella europea dell’Alleanza.

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L’Alleanza, che a parere di chi scrive, era nata fortemente “marittima”, al termine della Guerra Fredda aveva focalizzato i suoi interessi sull’impiego delle sue forze aeroterrestri sul continente europeo soprattutto a sostegno dei nuovi Paesi, già del Patto di Varsavia, entrati nella NATO per dimostrare a tutto campo la loro “occidentalizzazione”.

L’impegno di forze NATO in Asia (Iraq e Afghanistan) e nei Balcani, sempre o quasi a guida statunitense, confermava una propensione ad un’ottica terrestre per la strategia atlantica. La nuova decisione ministeriale per quanto riguarda la creazione di un Comando per l’Atlantico appare una importante testimonianza che la situazione internazionale sta rapidamente cambiando e che la cosiddetta maritime security sta tornando prioritaria e debba far superare le considerazioni economiche, che erano state alla base delle riduzioni degli scorsi anni.

Infatti alla fine della Guerra Fredda la NATO aveva ben 33 comandi nella sua struttura militare serviti da circa 22.000 persone di staff ed era necessario razionalizzare attraverso una opportuna e severa riduzione tale situazione.

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L’allora sostituzione di SACLANT con l’Allied Command Trasformation (ACT) a Norfolk (USA) era sicuramente giustificata dalla necessità di risparmio di cui abbiamo accennato, ma privava l’Alleanza di un grande comando a livello strategico a spiccata valenza marittima, di cui oggi probabilmente si sente la necessità.

E’ anche probabile che il MARCOM, situato a Northwood (UK) e dipendente dal SHAPE di Bruxelles, non rappresenti più per localizzazione geografica e per missione la capacità di testimoniare a tutto tondo la “marittimità” della NATO. Il nuovo comando potrebbe invece sviluppare una nuova strategia marittima, di cui sembra necessitare l’Alleanza.

A giugno dovranno comunque essere prese alcune decisioni importanti. Innanzi tutto dove localizzare il nuovo Comando, scegliendo infatti una località europea od una americana verrà dato un chiaro messaggio politico.

Inoltre un primo significativo ruolo strategico sarà contenuto dalla definizione della sua “area di responsabilità” facendoci comprendere se la NATO intende per ATLANTICO l’intero oceano (coste africane e sudamericane comprese) o solo la parte Nord di tale aerea. L’altra domanda che sorge spontanea è quella sulla nazionalità del nuovo comandante.

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Anche in questo caso molte valenze politiche ed equilibri difficoltosamente realizzati negli ultimi decenni potrebbero essere messi in discussione.

Se il comandante sarà un ammiraglio della US Navy, come era sempre stato quello del vecchio Saclant, si potrà ipotizzare un accresciuto interesse degli Stati Uniti per una costante e tradizionale strategia di sea-control nell’area in questione in contrasto con le dichiarazioni abbastanza recenti di spostamento verso l’Asia ed il Pacifico degli interessi primari di Washington.

Se il comandante sarà europeo, la sua nazionalità potrebbe essere vista come un riconoscimento per l’esistenza di una nuova “potenza marittima” e di una rivalutazione militare delle Forze Navali europee.

Potrebbe infine essere importante vedere quali forze verranno assegnate permanentemente o su chiamata al nuovo comando e soprattutto se tra queste vi saranno strike groups dotati di portaerei e forze anfibie in grado di rapidi interventi in zone critiche del centro e sud dell’Oceano in questione.

Da queste modeste considerazioni vediamo che la decisione ministeriale di Bruxelles del 15 febbraio avrà conseguenze sia politiche che strategiche di una certa importanza.

Foto: Difesa.it e US Navy

 

Pier Paolo RamoinoVedi tutti gli articoli

L'ammiraglio Ramoino è Vice Presidente del Centro Universitario di Studi Strategici e Internazionali dell'Università di Firenze, Docente di Studi Strategici presso l'Accademia Navale di Livorno e cultore della materia presso la Cattedra di Storia delle Relazioni Internazionali dell'Università Cattolica del S. Cuore a Milano. Dal 1982 a tutto il 1996 ha ricoperto le cattedre di Strategia e di Storia Militare dell'Istituto di Guerra Marittima di Livorno, di cui è stato per dieci anni anche Direttore dei Corsi di Stato Maggiore. Nella sua carriera in Marina ha comandato diverse unità incluso il caccia Ardito e l'Istituto di Guerra Marittima.

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