I turchi prendono Afrin, la popolazione curda in fuga
Dopo due mesi di accanita battaglia, da sabato scorso la città curda dio Arin è caduta nelle mani delle truppe turche e dell’ESL che hanno sconfitto le Unità di protezione popolare curde (Ypg).Si tratta della prima di una serie di operazioni annunciate da Ankara per eliminare le Ypg e il loro partito, l’Unione democratica (Pyd), dal confine turco-siriano.
Il governo turco considera Pyd e Ypg gruppi terroristici a causa dei loro legami col Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) impegnato da anni in una lotta separatista contro Ankara.
In un discorso tenuto ieri nella capitale per celebrare la vittoriail leader turco ha sottolineato che “l’operazione Ramoscello d’ulivo andrà avanti fino a che sarà spazzato via il corridoio curdo che collega Manbij, Kobane, Tal Abyad, Ras al-Ain, Qamishli”.
Fonti locali riferiscono che la maggior parte dei combattenti curdi avrebbero lasciato l’area, assieme alla maggioranza dei 220mila civili che vivevano in città prima della sua caduta. Un dato che alimenta i timori che Ankara intenda procedere a una era e propria “pulizia etnica” della regione di confine siriana sostituendo con turcofoni e arabi sunniti siriani la popolazione curda.
Ankara nega ma ha favorito l’esodo da Afrin assediata lasciando aperto un corridoio verso sud. Le Nazioni Unite riferiscono che al momento vi sarebbero ancora 100mila persone circa nella regione di Afrin, in netto calo rispetto ai 323mila di novembre. Almeno 98mila sono registrati come sfollati nei centri di accoglienza nei territori controllati dal governo siriano mentre è probabile che altri 120 mila circa abbiano raggiunto altre zone sotto il controllo dell’Ypg.
Testimoni oculari ad Afrin raccontano che, in queste ore, gruppi di miliziani dell’esercito Siriano Libero che affianca le truppe di Ankara hanno fatto irruzione in negozi, ristoranti e case, rubando cibo, equipaggiamenti elettronici, coperte e altri beni di prima necessità.
I gruppi ribelli siriani – tra i quali milizie jihadiste siriane – che hanno sostenuto l’esercito turco che li ha addestrati e armati fin dall’inizio della rivolta contro il regime di Bashar Assad.
Afrin è tappezzata di bandiere turche e dell’ESL mentre è difficile stabilire con esattezza le perdite in battaglia.
Una quarantina i morti tra i militari turchi (centinaia secondo i curdi) mentre ben più alte ma non rese note sarebbero le perdite dell’ESL, 289 le vittime civili (inclusi 43 bambini), cifra smentita con forza dal governo turco che annuncia però di aver ucciso 3.603 i “terroristi”.
Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani (Ondus), organizzazione non governativa con sede a Londra e vicina ai ribelli siriani i combattenti curdi uccisi ad Afrin sarebbero meno della metà, comunque più di 1.500 e la maggior parte sarebbe stata uccisa da raid aerei e fuoco d”artiglieria.
Un portavoce militare turco ha detto che la campagna militare è destinata a proseguire sino a che “l’area non verrà resa sicura” e del resto Ankara ha già annunciato che i prossimi obiettivi saranno la conquista di Kobane e Manbji, quest’ultima da presidiare insieme alle truppe americane una volta che i curdi alleati degli Usa si saranno ritirati dalla città, secondo un’intesa con Washington annunciata governo turco.
Il vice premier Bekir Bozdag ha detto che le forze turche non resteranno ad Afrin, ma lasceranno la regione della Siria nordoccidentale in mano ai suoi ”proprietari” (cioè l’ESL) una volta che la zona sarà completamente liberata dai terroristi. ”Faremo tutto il necessario per riportare la vita alla normalità e per ricostruire le infrastrutture”’, ha detto il vice primo ministro di Ankara.
In un messaggio televisivo il co-presidente del consiglio esecutivo della città, Othman Sheikh Issa, ha confermato che la guerra contro Ankara “è entrata in una nuova fase”. Le forze curde, prosegue, restano nella regione e “colpiranno le posizioni del nemico turco e dei suoi mercenari alla prima opportunità”. “Diventeremo – conclude – una minaccia costante per loro”.
Erdogan, che ha annunciato la vittoria ad Afrin mentre celebrava il 103esimo anniversario della vittoria nella battaglia di Gallipoli, con la quale l’Impero Ottomano respinse l’invasione degli Alleati durante la prima guerra mondiale, rischia ora di dover combattere contro tutti curdi di Siria una guerra lungo il confine. Un conflitto che impedirà al tempo stesso di stabilizzare il nord della Siria e di porre fine alla guerra civile in atto da oltre sette anni che costituisce una inesauribile fonte di guai per l’Europa.
Foto: EPA, AP, DPA, AFP, Twitter e Anadolu
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