Putin -Trump: la “mini guerra fredda” che alimenta i nazionalismi

da Il Mattino del 2 marzo 2018

La nuova guerra fredda tra Usa e Russia assume sempre più spesso i toni un po’ sopra le righe che nei mesi scorsi hanno caratterizzato il confronto tra Kim Jong-un e Donald Trump circa dimensioni, prestazioni e potenza di armi avveniristiche missili e testate nucleari. Un confronto a cui si è aggiunta ieri con forza anche la voce di Vladimir Putin che nel discorso annuale al parlamento (Duma) ha evidenziato soprattutto temi militari celebrando l’eroismo dei militari in Siria e magnificando i nuovi mezzi e ordigni nucleari dell’arsenale di Mosca.

“Abbiamo detto diverse volte che avremmo reagito al piazzamento dei sistemi antimissili americani. Allora non ci avete ascoltato. Ascoltateci adesso” ha detto Putin presentando un nuovo missile da crociera ipersonico aviolanciato eludere le difese antimissile ei nuovi missili balistici Sarmat a lungo raggio che rimpiazzeranno i vecchi SS-18 risalenti all’era sovietica.

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Tra le nuove armi annunciate dal presidente russo, che nelle imminenti elezioni verrà con ogni probabilità riconfermato nell’incarico, anche cannoni laser e droni subacquei silenziosi e molto veloci armabili con missili a testate nucleare e convenzionale per colpire portaerei e bersagli costieri: armi che sembrerebbero confermare i rilevanti passi avanti della Russia nei sistemi di guida remota e nell’intelligenza artificiale

Putin ha sottolineato che tutti questi mezzi bellici sono stati progettati in risposta alla decisione di Washington del 2002 di ritirarsi unilateralmente dal Trattato anti-missili balistici (Abm) del 1972, anticamera della realizzazione di uno “scudo antimissile” in Europa Orientale varato definitivamente da Obama. L’obbiettivo ufficiale dello “scudo” è fermare eventuali attacchi missilistici da Iran e Cirea del Nord diretti contro l’Europa ma è chiaro che i radar a lungo raggio del sistema d’arma permettono di esplorare in profondità lo spazio aereo russo.

Putin ha detto di rivolgersi a “tutti coloro che hanno alimentato la corsa agli armamenti negli ultimi 15 anni, provato a sottrarre unilateralmente terreno alla Russia, introdotto sanzioni con l’obiettivo di frenare lo sviluppo del nostro paese”: Il risultato è che “tutto quello che volevate impedire con le vostre politiche è in realtà già accaduto, non siete riusciti a contenere la Russia”.

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Molti a Washington mettono in dubbio la reale operatività delle armi annunciate da Putin le cui dichiarazioni “muscolari” vengono attribuite alla necessità di cementare col patriottismo il consenso alla vigilia del voto ma questa interpretazione appare per molti versi riduttiva.

Il presidente russo si è impegnato a dare più spazio all’impresa privata, a incrementare il PIL del 50 per cento portando la Russia tra le prime cinque potenze economiche mondiali, ridurre la povertà, aumentare le spese sanitarie e portare la speranza di vita dei russi a 80 anni: annunci dal sapore tipicamente elettorale anche se è bene ricordare che Putin non ha rivali nella corsa alle presidenziali.

Per questo il discorso di ieri sembra piuttosto costituire una risposta a Washington che pochi giorni or sono ha approvato un bilancio del Pentagono record di 686 miliardi di dollari, di cui 597 per il bilancio ordinario e 89 per finanziare le missioni all’estero con un balzo in avanti di 74 miliardi rispetto all’anno scorso. Nulla di inaspettato, anzi, il potenziamento dello strumento militare (più navi, aerei, mezzi terrestri e truppe) è stato fin dalla campagna elettorale uno dei cardini del programma trumpiano “Make America Great Again”.

Alla palese ostilità nei confronti della Russia che Trump continua ad ostentare (forse per non foraggiare ulteriormente il Russiagate”), seguendo la strada già tracciata da Barack Obama, si uniscono programmi militari che rischiano di alterare gli equilibri della deterrenza nucleare.

L’aggiornamento degli arsenali atomici statunitensi e la realizzazione di mini testate a penetrazione come le bombe B-61-12 da dislocare anche in Europa e concepite per distruggere con una mini bomba atomica obiettivi strategici posti anche molti metri sotto terra, alzano l’asticella della deterrenza trasformando gli ordigni termonucleari da “extrema ratio” ad arma tattica il cui impiego su scala e potenziale limitati diventa accettabile e plausibile.

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Alla nuova dottrina nucleare di Trump il presidente russo risponde rinnovando il principio della deterrenza con nuove armi atomiche capaci di mantenere gli Usa e il resto del mondo vulnerabili.

“Qualunque uso di armi nucleari contro la Russia, o i suoi alleati, di potenza piccola, media o qualunque altra, sarà percepito come un attacco nucleare. La risposta sarà immediata e con tutte le conseguenze evidenti” ha detto ieri Putin pur precisando che “la Russia non intende attaccare nessuno”.

La vivacità militare di Mosca, che ha appena schierato in Siria quattro nuovissimi caccia Sukhoi 57, è stata ribadita da Putin che ha sottolineato anche il programma di potenziamento delle difese della regione artica contesa con Usa e Canada. L’impressione è quindi che, come ai tempi della “grande” guerra fredda, anche quella più limitata dei giorni nostri risulti funzionale alle politiche nazionaliste e patriottiche di entrambi i leader che siedono a Mosca e Washington.

Foto: Reuters, TASS e Ministero Difesa Russo

 

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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