Tra cooperazione e rivalità: l’interesse di Russia e Cina per l’Artico

L’Artico rischia di diventare sempre più una zona di cooperazione e contesa geopolitica allo stesso tempo. Un crescente numero di attori, in primis la Russia e la Cina – per vicinanza geografica e interessi storici – appaiono interessati alle ingenti risorse della regione e allo sviluppo di nuove rotte commerciali.

Si ritiene che la regione ospiti il 30% delle riserve inesplorate di gas e il 13% di quelle petrolifere. Sono infatti principalmente economiche le motivazioni che spingono Mosca e Pechino ad instaurare relazioni bilaterali, a volte velate da reciproci sospetti.

Nell’Artico Russia e Cina hanno interessi complementari e solo in parte convergenti; entrambe hanno sviluppato delle politiche autonome, mosse da logiche economiche ma anche geo geostrategiche. Una cooperazione stabile di lungo termine non è scontata e nonostante le numerose dichiarazioni, incontri e progetti, non vi sono ancora molti risultati concreti.

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La lista dei progetti sino – russi riflette le difficoltà che la Russia incontra nel finanziare i propri progetti, come affermano Sorensen e Klimenko del SIPRI. Mosca sembra per lo più interessata a promuovere partnership nell’Artico, in Asia o ovunque esse servano i suoi interessi nazionali.

Per la Russia l’Artico è una priorità politica almeno da più di un decennio. Dopo l’abbandono degli anni ’90 (dopo il tracollo dell’Urss), la nuova strategia militare ha posto nuovamente l’attenzione sulla regione, dove la Russia può contare ora su un significativo vantaggio rispetto ad altri attori internazionali grazie a una massiccia rete di installazioni e infrastrutture. Il Nord sembra diventato  la priorità assoluta della geopolitica russa.

In uno scenario pre-sanzioni, Mosca aveva iniziato a guardare all’Artico come “base strategicamente vitale per il quinquennio 2016- 2020”. Gli sviluppi successivi hanno in parte bloccato gli slanci, ma gli investimenti per i prossimi 20 anni dovrebbero comunque ammontare a 400- 600 milioni di dollari.

 

Priorità diverse

Le priorità di lungo periodo per Mosca e Pechino sono diverse: per i leader russi la regione è vitale per motivi di sovranità e sviluppo economico. Per la Cina tali interessi sono più recenti, e il suo ruolo è relativamente nuovo. Tuttavia, l’Artico sta diventando una priorità politica anche per Pechino, tanto che il ministro degli esteri cinese nel 2015 aveva descritto la Cina come «uno stato vicino all’Artico».

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Ma non ancora a tal punto da far rischiare a Pechino le sue partnership privilegiate o mettere a repentaglio altri interessi vitali a favore di un’espansione in un’area in cui i guadagni – materiali o simbolici che siano –non sono ancora di vitale importanza.

A novembre, in un’intervista il Presidente del Consiglio di Coordinamento per la Cooperazione con le associazioni imprenditoriali dell’Asia al Congresso Internazionale degli industriali e degli imprenditori aveva dichiarato che “l’intenzione di creare un partenariato economico eurasiatico e di coniugarlo con l’Iniziativa Belt and Road (BRI) si sta delineando come un evento globale che condurrà ad cambiamento radicale dell’ordine mondiale esistente”.

La BRI, progetto faraonico proposto dal presidente cinese nel 2013, è lo strumento principale attraverso cui la Cina ha cercato di rafforzare il suo impegno con la Russia. Ed è proprio nel 2013 che la Russia ha annunciato la sua iniziativa di politica estera «Pivoting to Asia», la quale ha gettato una ventata di aria fresca sulle prospettive di un’alleanza strategica Pechino-Mosca, alimentata anche dalla comune frustrazione nei confronti degli USA (sebbene la Cina sia tutt’altro che desiderosa di rompere il fragile equilibrio con gli USA o di affiancare la Russia nel caso di un confronto).

Le due componenti fondamentali della BRI si snodano in quella terrestre, la Silk Road Economic Belt, e in quella marittima, la Maritime Silk Road. Sulla Silk Road Ice invece ancora poco si sa.

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A giugno 2016, il presidente Xi Jinping aveva suggerito di integrare l’iniziativa One Belt One Road con l’Unione Economica Eurasiatica di iniziativa russa, con il dichiarato obiettivo di creare una rete di cooperazione eurasiatica.

In un documento diffuso a giugno 2017, dal titolo “Vision for Maritime Cooperation under the Belt and Road Initiative, il governo cinese ha dichiarato l’inserimento di una rotta artica -la Silk Road Ice (SRI)-  nei piani di sviluppo della BRI, riferendosi al “Mar Glaciale Artico come ad una delle rotte marittime del ventunesimo secolo”.

Gli sviluppi sono incerti ma sembra esservi un interesse crescente da parte di Mosca nel partecipare alla BRI; si constata inoltre il coinvolgimento cinese nello sviluppo dell’infrastruttura russa, ad esempio la ferrovia ad alta velocità Mosca- Kazan, che dovrebbe poi evolversi nella ferrovia Mosca- Pechino.

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Nel 2017, lungo la Northern Sea Route nel tratto che è sotto la diretta amministrazione del Governo russo sono transitate una dozzina di navi cinesi della China’s Ocean Shipping Company dall’Europa all’Asia, inaugurando una rinnovata cooperazione nella navigazione marittima commerciale.

L’alleanza economica russo-cinese interessa anche diversi altri progetti di estrazione offshore in Artico, nel Mare di Kara e nel Mare di Okhotsk.

Vi è ad esempio la partecipazione cinese in Yamal – progetto da 27 miliardi di dollari per la produzione di gas liquefatto realizzato in collaborazione con la Cina, quella nella ferrovia russa Belkomur, le acquisizioni di miniere in Russia, Canada e Groenlandia, l’accordo siglato da Sinopec – la più grande compagnia petrolifera cinese – per lo sviluppo di un gasdotto e un terminal per l’export di gas liquefatto.

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Nella conferenza stampa di fine 2017 Putin ha chiaramente messo l’accento sulle ambizioni russe al Polo Nord: «La ricchezza della Russia crescerà con l’espansione nell’Artico. Il potenziamento industriale russo in Artico avverrà in cooperazione con la Cina».

Ci sono però limiti all’appeasement ed all’avvicinamento sino- russo in quella regione. Diverse ombre che pesano sull’evoluzione dei rapporti nell’area, soprattutto se consideriamo gli Stati Uniti che sono il “terzo incomodo” nella regione artica.

Washington sembra guardare con crescente ambizione verso il polo. Un’unità di marines, per la prima volta dopo la Seconda Guerra Mondiale, è stata dislocata in Norvegia, mentre dal 2014 la NATO ha effettuato alcune esercitazioni militari nella regione. basi

Gli USA hanno lanciato in orbita il primo di quattro «satelliti polari» che monitoreranno l’Artico, ufficialmente per tenere sotto controllo lo scioglimento dei ghiacci.

 

Le basi russe

L’ex sottosegretario di Stato USA Dobriansky, rivolgendo un appello alla Nato, ha affermato che «è in corso una guerra fredda nell’Artico, con la Russia protagonista di una escalation militare che impone una risposta decisa da parte dell’Occidente»

L’Artico può essere visto anche come una zona di importanti interessi militari e di sicurezza. Negli ultimi anni la Russia ha aumentato considerevolmente la sua presenza riattivando una serie di basi militari e creandone di nuove. La portata della militarizzazione russa nell’Artico è stata rivelata in un documento scritto dall’inglese “Henry Jackson Society”.

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Il documento sottolinea la voglia di revanche russa: i confini internazionali esistenti nell’Artico sono stati imposto all’inizio degli anni ’90 dall’Occidente alla Russia.

L’estensione del controllo sull’oceano artico che ha Mosca oggi è molto inferiore a quello che aveva in epoca sovietica. Il paper raccomanda di incoraggiare la NATO ad adottare una strategia artica per assicurare una comune intesa sulle sfide alla sicurezza della regione.

Poche settimane fa il Ministero della difesa russo ha svelato le immagini dell’ultima base militare, «Artic Trilistnik», dotata di un sistema missilistico e aerei da combattimento pronti ad entrare in azione in caso di attacco nucleare, anche se gli scopi non sarebbero solo legate agli armamenti ma anche alle riserve di petrolio.

Notizia dell’apertura di un’altra base si era avuta solo pochi mesi fa, ad aprile 2017: un’installazione presso la Terra di Alessandra, l’isola più occidentale della Terra di Francesco Giuseppe.

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L’importanza simbolica della base era stata sottolineata dalla visita ufficiale di Putin. Inoltre, mentre a volte le notizie riguardo alle basi vengono tenute top secret, ampia visibilità mediatica è stata data a queste ultime due da parte del governo russo.

Inoltre Mosca hadi spiegato forze aggiuntive, stabilendo un nuovo comando strategico unificato nell’Artico. Il tutto ovviamente per difendere gli interessi nazionali nella regione.

Dal 2014, la Russia avrebbe effettuato almeno 9 esercitazioni militari nell’Artico, nella penisola di Rybachi, nella penisola di Koa, nelle regioni Chukotka e Kamchatka, nella penisola di Taymyr e, negli ultimi 2 anni, vicino alla base militare di Severomonsk simulando rispettivamente lo scenario di un confronto militare e di un attacco marino.

 

Quale ruolo militare per la Cina?

La Cina non può competere militarmente sullo stesso piano nella regione e Pechino è anzi preoccupata dalla presenza militare russa in Artico anche se la creazione di forze di reazione rapida e di capacità di sorveglianza da parte russa potrebbero rivelarsi utili per tutti i portatori di interesse nella regione, compresa la Cina.

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Tuttavia non si può escludere un interesse cinese nell’Artico da un punto di vista militare. Nel 2015 navi militari cinesi sono state identificate per la prima volta nel mare di Bering dopo aver effettuato un esercizio militare congiunto con la Russia nel Pacifico del Nord. Nel documento «Strategia militare cinese» del 2015, Pechino faceva riferimento alle regioni polari come a «un’area di interesse».

Poche settimane fa, la Cina ha rilasciato un Libro Bianco sulla sua politica nell’Artico, facendo tra l’altro risalire il suo coinvolgimento negli affari artici agli anni ’20. Si fa anche preciso riferimento anche alla Via della Seta Polare, a conferma del fatto che le ambizioni artiche vanno fatte rientrare principalmente nella cornice della BRI.

La Cina cerca di promuovere il suo ruolo nella governance dell’Artico in maniera discreta, attraverso l’impegno in attività scientifiche ed economiche che le garantiscano buoni rapporti con tutti gli stati artici. In particolare ha rafforzato la cooperazione con la Groenlandia, con cui ha siglato un memorandum d’intesa per la cooperazione scientifica nel 2016, e con l’Islanda, con cui trattiene rapporti economici privilegiati.

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La presenza militare cinese nell’Artico potrebbe quindi crescere man mano che le capacità navali di Pechino si rafforzano. Sicuramente questa eventualità non è ben vista da Mosca, che ha già testimoniato come, dietro alle dichiarazioni politiche, la Cina sia vista come un potenziale competitor.

Ad esempio, le esercitazioni militari avvenute a Vostok nel 2012 e 2014, con alcune componenti artiche, indicano che in un possibile scenario futuro la Cina possa venire percepita come ostile.

Gli sviluppi della cooperazione sino – russa nell’Artico rimangono per questo incerti. La strategia del “Pivot to Asia” russa assieme al recente Libro Bianco di Pechino non lasciano dubbio sul fatto che le ambizioni di entrambi i paesi sull’area siano crescenti e fanno presagire possibili attriti.

Foto; Maritime Executive, AP, Xinhua, Sputnik, Foreign Policy, MIL Today e TASS

 

Classe 1983, Master in Relazioni Internazionali e Dottorato di Ricerca in Transborder Policies IUIES, ha maturato una rilevante esperienza presso varie organizzazioni occupandosi di protezione internazionale delle minoranze, politica estera della UE e sicurezza internazionale. Assistente alla cattedra di Storia delle Relazioni Internazionali e Politica Internazionale presso l'Università di Trieste, ricercatrice post-dottorato presso il Centro di Studi Europei presso l'Università Svizzera di Friburgo, e junior member presso la Divisione Politica Europea di Vicinato al Servizio Europeo per l'Azione Esterna. Lavora attualmente presso Small Arms Survey a Ginevra come Ricercatrice Associata.

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