L’escalation del conflitto siriano
La guerra in Siria minaccia un ulteriore pericoloso allargamento. I media di Stato riferiscono di un raid aereo lanciato nelle prime ore del 23 maggio dalla Coalizione internazionale a guida statunitense la quale avrebbe centrato postazioni dell’esercito nel settore orientale del Paese, tra Boukamal e Hmeimeh, nella provincia di Deir Ezzor.
Secondo alcune fonti, i bombardamenti avrebbero colpito postazioni dei Guardiani della Rivoluzione iraniani impegnati in Siria a sostegno del governo di Damasco.
L’Osservatorio siriano per i diritti umani, (Ondus), ong con sede in Gran Bretagna legata agli attivisti delle opposizioni, conferma l’attacco e aggiunge che le forze militari colpite “non sono siriane”.
In una nota l’agenzia ufficiale di Stato Sana riferisce di “siti militari fra Albu Kamal e Hamimia esposti all’alba di oggi all’aggressione lanciata da jet della coalizione Usa”.
L’area si trova nei pressi del confine con l’Iraq e poco distante da territori tuttora controllati dalle milizie dello Stato islamico. I media governativi non fanno riferimenti a vittime, ma solo danni materiali. Nei giorni scorsi la zona teatro del raid è stata oggetto di un attacco da parte di miliziani dell’IS contro postazioni dell’esercito regolare siriano.
Il comando Usa della Coalizione ha negato ogni coinvolgimento: non vi sarebbero notizie di attacchi aerei portati dai caccia Usa (o alleati) nella notte “contro obiettivi o forze vicine al regime siriano”. Una fonte del Pentagono, dietro anonimato, aggiunge che “non vi sono informazioni a sostegno di queste voci”: notizia che apre alla possibilità che l’incursione aerea sia opera di velivoli israeliani che già in più di 100 occasioni hanno colpito le forze iraniane, di hezbollah e siriane.
Agli aerei di Gerusalemme è stato attribuito il missile che ha colpito il 25 maggio la base degli Hezbollah libanesi di Dbaa, nella Siria centrale, tra Homs e il confine libanese.
L’agenzia governativa siriana Sana ha riferito dell’attacco senza però fornire precisazioni su eventuali danni ma affermando che la contraerea governativa siriana aveva respinto l’attacco.
Il 22 maggio le forze siriane, composte anche da milizie filo-iraniane, hanno annunciato l’inizio dell’offensiva per la conquista di zone dell’Eufrate ancora in mano ai jihadisti. Inoltre, da due settimane i curdo-siriani sostenuti dagli Usa hanno avviato operazioni nella sponda orientale del fiume contro le ultime sacche di resistenza dell’Isis al confine con l’Iraq.
Intanto, dopo sette anni di guerra, l’intera regione di Damasco è tornata sotto il totale controllo delle truppe governative siriane.
Il regime di Bashar Assad ha infatti annunciato il 21 maggio che l’intera area della capitale è “zona sicura” dopo il successo nella battaglia contro le ultime sacche di resistenza dei ribelli jihadisti, in parte legati allo Stato Islamico.
In un comunicato letto in tv da un rappresentante dello Stato maggiore delle forze armate siriane, il governo ha annunciato la “liberazione” di Hajar al Aswad e di Yarmuk, gli ultimi due territori della periferia sud di Damasco dove erano asserragliati miliziani affiliati all’Isis, fatti uscire dall’area con un salvacondotto in cambio della consegna delle armi.
L’offensiva lealista su Yarmuk e Hajar al-Aswad era cominciata un mese fa: dopo che le forze lealiste si erano assicurate il pieno controllo della Ghouta Orientale.
Nei giorni scorsi milizie jihadiste anti-regime, per lo più qaedisti dell’ex Fronte al-Nusra, avevano accettato di arrendersi anche in un’altra area chiave della Siria centrale, tra Homs e Hama, dove erano presenti anche militari russi e iraniani.
Assad sta consolidano le sue posizioni nel cuore della Siria e presto le forze governative potrebbero lanciarsi verso sud, dove la logistIca russa ha iniziato ad ammassare mezzi e munizioni oltre a intensificare la ricognizione aerea nella regione sud-occidentale della Siria a ridosso del confine giordano e delle Alture del Golan controllate da Israele.
Un fronte delicato considerato che l’area è presidiata da miliziani addestrati dai consiglieri militari statunitensi e britannici in Giordania e sono appoggiati da Israele.
Fonti sentite dall’Ansa a Daraa e a Quneytra, i due capoluoghi delle regioni coinvolte nell’imminente offensiva governativa, affermano che le milizie anti-governative hanno ricevuto da giorni avvertimenti e ultimatum da emissari russi e di Damasco per avviare un negoziato che alla resa dei ribelli.
Gli sviluppi dipenderanno anche dalla volontà di Usa e Israele di sostenere i ribelli e contrastare i governativi. tenuto conto che lo Stato ebraico sembra intenzionato a continuare a colpire in territorio siriano e tiene quel settore anche sotto il tiro dell’artiglieria nelle postazioni situate sulle alture del Golan.
Inoltre, il comandante dell’aeronautica israeliana, il generale Amikam Norkin, ha reso noto che Israele ha impiegato in Siria in almeno due occasioni i nuovi cacciabombardieri F-35 ricevuti dagli Usa e considerati potenzialmente invisibili ai radar.
A completare uno scenario minaccioso contribuisce anche il diktat di Washington all’Iran con la minaccia di applicare “sanzioni senza precedenti”.
Il nuovo segretario di Stato, Mike Pompeo, ha annunciato “le sanzioni più dure della storia” ponendo dodici condizioni per un nuovo accordo sul nucleare che includono anche il ritiro totale dalla Siria delle milizie e dei pasdaran iraniani.
Condizione inaccettabili per Teheran, ben lontana dalla proposta formulata nei giorni scorsi da Vladimir Putin, che a Sochi aveva espresso a Bashar Assad la “necessità del ritiro di tutte le forze straniere” dalla Siria. L’inviato speciale di Mosca in Siria, Alexander Lavrentiev, aveva spiegato che il discorso era “riferito a tutte le unità militari straniere di stanza in Siria, tra cui americani, turchi, Hezbollah e, ovviamente, iraniani”.
La risposta di Teheran a Pompeo non si è fatta attendere: “I combattenti iraniani presenti in Siria resteranno di stanza nel Paese arabo finchè il governo di Damasco avrà bisogno di aiuto e lo richiederà”, ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri, Bahram Qasemi.
Anche Damasco ha respinto la richiesta americana. “Questo tema non è neanche in agenda perchè riguarda la sovranità della Siria”, ha affermato il vice ministro degli Esteri siriano Faisal Mikdad. Anche per questo il fronte sud della guerra civile siriana potrebbe diventare presto teatro di uno scontro ravvicinato tra americani e israeliani da una parte e russi e iraniani dall’altra.
Quanto al ruolo di Gerusalemme nella guerra siriana va aggiunto che Il ministro israeliano dell’Intelligence, Yisrael Katz, ha detto che il riconoscimento da parte degli Stati Uniti dell’annessione unilaterale delle alture del Golan da parte dello Stato ebraico, contese con la Siria, è ora “in cima all’agenda” nei colloqui bilaterali con Washington.
“Questo è il momento perfetto per fare una tale mossa”, ha detto il ministro. “La risposta più dolorosa che si può dare agli iraniani è riconoscere la sovranità sul Golan di Israele”. La Casa Bianca non ha commentato le osservazioni di Katz, un membro chiave del governo del premier Benjamin Netanyahu.
“Penso che ci sia una grande maturità e un’alta probabilità che questo accada”, ha aggiunto il ministro, secondo cui il riconoscimento potrebbe avvenire “entro qualche mese”.
Foto: SANA, US DoD e IDF
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