Un paese spaccato in due

Da domenica sera, dopo le convulse ore al Quirinale con la rinuncia di Conte e il mandato a Cottarelli convocato appena 40 minuti dopo, il paese è spaccato in due: chi elogia Mattarella per la difesa delle istituzioni, chi lo considera autore di un “colpo di stato bianco” per difendere lo status-quo.

Dopo le prime ore di rabbia profonda per quello che ho considerato davvero un “vulnus” alla nostra democrazia vorrei ragionare con pacatezza e assoluta serietà spiegando perché ritengo che Mattarella NON abbia tenuto un atteggiamento corretto.

Ricordiamoci sempre che un Presidente si giudica nel tempo, ma partiamo dal fatto che in questi anni Mattarella è stato sempre silenzioso, quasi invisibile, ottimo Ponzio Pilato.

Visto che ci ha tenuto tanto ad autodefinirsi “arbitro” lasci dire a chi – come me – ha fatto l’arbitro (di calcio) per tanti anni che una delle prime cose che ti insegnano è che devi sempre ragionare con autorevolezza, ma anche con una linearità di comportamento: non lasci correre prima falli su falli e poi espelli mezza squadra, devi intervenire PRIMA che in campo scoppi la rissa.

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Mattarella ha fatto l’esatto contrario: per esempio non ha mai obiettato nulla sulla nuova (indecente) legge elettorale e l’ha promulgata senza fiatare, non è mai intervenuto su questioni finanziarie, non ha mai – soprattutto – considerato che era stato eletto da un Parlamento a larga maggioranza PD, ma delegittimato dalla stessa Corte Costituzionale che aveva bocciato la precedente normativa elettorale (con il PD risultato poi  largamente perdente nel Paese).

Non ha mai inviato un appello alle Camere né osato fare una critica al sistema né -tantomeno – ha preso una posizione in difesa della Costituzione prima del referendum del 4 dicembre 2016, né ha tenuto in considerazione che la “sua” parte politica anche allora ne era uscita a pezzi, di fatto già delegittimando anche lui.

Ogni volta che doveva richiamare all’ordine il suo partito non lo ha mai fatto, ogni volta che l’Europa ci prendeva a sberleffi ha taciuto, ogni volta che l’Italia ha perso qualche pezzo di sovranità era “assente”.

Dopo il 4 marzo NON ha voluto dare un incarico a Salvini per formare un governo (eppure era il leader della coalizione vincente) o a Di Maio (leader del primo partito) solo perché – testardamente – ha sempre voluto essere lui a determinare chi avesse eventualmente dovuto gestire le prossime elezioni.

Stiamo ai fatti: quando al Colle è salito Conte con un governo che rappresentava una larga maggioranza parlamentare e dopo due settimane di lavoro Lega-M5S ha detto di NO… perché c’era il prof. Savona.

Mi è parsa davvero una scusa meschina: tutti (o quasi) siamo d’accordo che l’Italia debba riscoprire un suo ruolo in Europa e debba avere una propria linea non sguaiata, ma discutendo a fondo sulla gestione dell’Unione, esattamente quello che da anni sostiene Savona.

Questo – ed era già stato ribadito – non fuori dall’Euro o dalle Istituzioni (che significherebbe distruggere il paese e portarlo al collasso), ma con precise richieste di riforme.

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Non discuto le opinioni, ma la questione è giuridica e se Mattarella parla tanto delle sue “prerogative” costituzionali dovrebbe ricordare che il PRIMO articolo della nostra Costituzione recita che “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, la sovranità appartiene al popolo…” e questo “popolo” il 4 marzo – piaccia o meno a Mattarella ed al PD che lo ha eletto al Quirinale – si è espresso in modo chiarissimo.

Eppure Mattarella si è opposto quando i rappresentanti di una ampia maggioranza parlamentare gli hanno proposto un nome (Savona) che non è un bandito di strada, ma un economista – ex ministro con Ciampi – che ha sempre motivato le sue posizioni. Mai, in nessuna occasione, Savona ha detto o scritto che si debba uscire dall’Europa o dall’Euro, ma piuttosto che i trattati andrebbero rivisti e questo – a mio modestissimo parere – è del tutto sacrosanto.

Mattarella mi è così sembrato il continuatore di una lunga serie di complicità tra politica, banche e finanza. Si prosegue nella scia delle ambiguità, così come per esempio nessuno ha mai voluto chiarire a fondo gli imbarazzanti rapporti tra Napolitano, le banche, la Germania e le sue speculazioni contro l’Italia che imposero nel 2011 l’allontanamento di Berlusconi e l’avvio del governo Monti, poi finito come si sa.

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Perfino il Papa (lo scrivo perché il clero locale si è inopportunamente schierato “pro Mattarella”) continua a sottolineare le nefaste conseguenze di quegli stessi “poteri forti”  che a livello di finanza internazionale abbattono i paesi a colpi di “rating” o le banche che lucrano sugli interessi e gli spread, di cui Mattarella si è eretto – di fatto – difensore preventivo nel nome della “difesa del risparmio”!

Tenuto conto che Salvini e Di Maio portavano, con Conte, un progetto di governo parlamentare definito e stabile, Mattarella aveva il dovere costituzionale di eventualmente esprimere riserve, ma non di bocciarlo mentre così di fatto è stato.

Risultato: ad oggi sarebbe Cottarelli a gestire le elezioni, esattamente come dal primo giorno voleva Mattarella, anche se in Parlamento avrà un’infima minoranza, diventando l’ennesimo governo tecnico (il quarto!) nominato senza voto popolare.

Cottarelli suona come la necessità di prendere ancora tempo per intanto fuorviare gli italiani che, da qui a quando andranno al voto, forse avranno smaltito la rabbia di questi giorni e – qualcuno lo spera – esasperati e delusi magari non andranno più nemmeno a votare.

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Eppure per Mattarella le “colpe” sono tutte di Savona perché la sua nomina avrebbe “perturbato” i mercati! Ma perché l’Italia non dovrebbe pretendere maggiore autonomia in campo finanziario tenuto conto che è un dato oggettivo come “i due pesi e le due misure” siano diventate una aurea regola europea?

Perché i debiti delle banche italiane pesano sui conti italiani e quelli delle banche tedesche invece no? Perché da anni la Francia è fuori dai parametri e nessuno la mette in mora nonostante abbia una “sua” politica estera e finanziaria in spregio ad ogni direttiva dell’ Unione Europea?

D’altronde perché Macron si è precipitato a lodare e a ringraziare Mattarella proprio nello stesso giorno in cui nuovamente ci fregava in Libia? Interessi inconfessabili o felicità per lo scampato pericolo del leader francese, con la possibilità di continuare così a far quello che vuole mangiandosi l’Italia a pezzettini (Fincantieri docet, ma leggete poi più sotto le perdite industriali italiane in questi anni…)

Certo che è colpa nostra se siamo deboli e divisi, ma domenica era la volta buona di dare a questo paese anche un po’ di amor proprio, invece che ributtarlo in pasto ai pescecani.

Paura di ripercussioni finanziarie europee? E perché Mattarella allora ha sempre taciuto su un’Italia rattrappita a Bruxelles? Perché non è mai insorto se Renzi e Padovan hanno moltiplicato il deficit dello stato negli ultimi 5 anni nonostante il periodo favorevole grazie a Draghi a BCE?

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Perchè non ha mai obiettato su una legge o su un decreto? Dove era la sua “difesa del risparmio” in quei momenti?

 Tra l’altro, secondo questa logica, a chi sono ora imputabili le forti perdite di borsa e il correre dello spread dopo domenica? A Salvini, a Di Maio oppure proprio all’ atteggiamento del Presidente che dovrebbe avere il coraggio di fare un “mea culpa” se tuttora siamo senza un governo che invece da alcuni giorni poteva già essere all’opera a tranquillizzare i mercati?

Nel suo lungo intervento il Capo dello Stato ha detto di aver “fatto di tutto” per trovare una soluzione, però – dopo essersi rifiutato per due mesi di incaricare uno dei due leader vincitori delle elezioni –  quando gli è stata portato una squadra di governo che si basava su una solida maggioranza parlamentare l’ha affossata.

Eppure Mattarella in futuro avrebbe potuto opporsi costituzionalmente ad ogni legge o decreto “pericoloso” rimandandoli in Parlamento, ma non di fatto impedendo la nascita di un governo con ministri ponderati e scelti da chi aveva tutto il diritto di farlo.

Se dopo le prossime elezioni Salvini tra qualche mese risalisse al Colle con la stessa lista di ministri, che farà Mattarella: ancora la respingerà? Proprio lui, delegittimato e senza appoggio popolare? Eppure Salvini (con Di Maio) hanno democraticamente già vinto le elezioni tre mesi fa, se ne sono resi conto al Colle o non vogliono semplicemente accettare la realtà perché è scomoda ed imbarazzante per loro ed i loro amici?

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Certo Mattarella vuole guadagnare tempo, perché nel frattempo può così scattare la mobilitazione generale pro-presidente della stampa di “regime” e della TV di Stato (guarda guarda in mano alle stesse persone, partiti e forze finanziarie che comandano da decenni), ma gli italiani hanno appunto votato solo tre mesi fa, hanno già detto come la pensano e in democrazia andavano ed andrebbero ascoltati.

Ricordiamoci che la nostra è per ora una “repubblica parlamentare” e non (purtroppo) una “repubblica presidenziale” dove il presidente – eletto direttamente dal popolo – avrebbe una infinita maggiore forza e credibilità proprio per essere espressione della volontà popolare.

Oggi il Presidente della Repubblica è solo mera figura di garanzia dove la Costituzione impone sia il Parlamento e non il Presidente ad  avere il potere e la forza per approvare o cacciare i governi e perfino (è già avvenuto) singoli ministri. Mattarella poteva pubblicamente esprimere il suo dissenso agli italiani spiegando le sue riserve su una singola nomina a ministro, ma – a parte il fatto che sono un premier ed un governo e non un singolo ministro a guidare la Nazione –  proprio richiamandosi ai suoi doveri costituzionali, NON aveva quindi il diritto di opporsi ad un governo già fatto facendo saltare tutta la situazione.

E a chi dice che sotto sotto sia stato Salvini a insistere nel braccio di ferro per volersi così sganciare da Di Maio rispondo che – a maggior ragione – allora Mattarella avrebbe dovuto obbligarli a far vedere le loro carte e a farli partire, non a far sparire il mazzo.

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Domenica scorsa c’è stata una forzatura inaudita, una specie di colpo di stato per garantire una parte politica e limitarne altre, dove l’ “arbitro” prima ha fischiato a senso unico e poi – offeso e arrabbiato perché la sua squadra del cuore comunque aveva perso – si è portato via il pallone. Brutta, bruttissima pagina di democrazia!

Mattarella nel passato ha mai espresso perplessità o riserve quando la grande distribuzione italiana è di fatto passata ai francesi? Quando i pozzi libici dall’Eni sono diventati della Total, fino a quando anche una bella fetta della stessa Eni è diventata americana? Ma intanto abbiamo perso anche buona parte del nostro sistema bancario e dell’agroalimentare.

Negli ultimi tempi abbiamo perso grandi spazi nella meccanica, nel cemento, nella produzione dell’acciaio. Fincantieri ha perso le commesse, i cinesi hanno preso Terna e Pirelli, mentre all’estero sono andate in tutto o gran parte anche Tim, Telecom, Giugiaro, Pininfarina, Pernigotti, Buitoni, Algida, Bucci, Valentino, Loro Piana, Agnesi, Ducati, Magneti-Marelli, Parmalat, Galbani con Locatelli e Invernizzi, Krizia, Bulgari, Pomellato, Valentino, Ferrè, la Rinascente, le poltrone Frau, Edison, Ansaldo, la Fiat  ha portato la sede all’estero per fregare il fisco, mentre fallisce Alitalia e pure all’estero sono state cedute Merloni e Cartiere di Fabriano (e l’elenco è ancora tanto lungo…).

E’ essere dei biechi “sovranisti” cercare di difendere l’economia, l’occupazione, il futuro industriale del nostro paese?

Foto: Ansa, Repubblica, Lapresse e Tiscali.it

 

Marco ZaccheraVedi tutti gli articoli

Laureato in Economia Aziendale all'Università Luigi Bocconi e in Storia delle Civiltà all'Università del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro, è giornalista pubblicista e dottore commercialista. La lunga carriera politica in Alleanza Nazionale e Popolo delle Libertà lo ha portato a ricoprire diversi incarichi tra i quali consigliere regionale in Piemonte, membro della Camera dei deputati in cui ha fatto parte della commissione Esteri e Difesa, presidente della delegazione italiana alla UEO di Parigi e componente del Consiglio d'Europa a Strasburgo, e sindaco di Verbania. Autore di numerose opere tra cui Diario Romano (2008) e Integrazione (im)possibile? Quello che non ci dicono su Africa, Islam e immigrazione (2018). Impegnato nelle associazioni di volontariato e per la cooperazione internazionale, nel 1981 ha fondato i Verbania Centers, attivi in diversi paesi dell'Africa ed in America del Sud.

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