Il difficile patto con la Ue

da Il Messaggero/Il Mattino del 26 giugno

Le proposte franco-spagnole contrapposte al “decalogo” presentato da Roma. La sfida nell’Unione per dare una risposta ai flussi migratori illegali non potrà questa volta limitarsi a soluzioni di compromesso prive di credibilità ma dovrà fornire risposte concrete e sostenibili.

Requisiti che hanno determinato il deciso no italiano alle proposte di Parigi e Madrid, tese a far sbarcare gli immigrati illegali nel porto più sicuro e più vicino (cioè in Italia considerata la chiusura totale di Malta), creando “centri chiusi” da dove ripartire tra gli Stati membri chi otterrà l’asilo ed espellere (non è chiaro come) i non aventi diritto.

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Una proposta irricevibile poiché riempirebbe la Penisola di campi profughi blindati, da presidiare in forze, senza nessuna certezza che i pochissimi “veri rifugiati” vengano davvero accolti altrove né che i migranti economici vengano espulsi.

Anche il piano presentato a Bruxelles da Giuseppe Conte, pur contenendo elementi potenzialmente risolutivi, fa acqua in più punti.

Intensificare accordi e rapporti con i Paesi di partenza o di transito ha un senso se l’obiettivo è fermare subito i flussi poiché ogni ipotesi di scoraggiarli progressivamente creando sviluppo in Africa richiederebbe tempi lunghissimi e incerte possibilità di successo.

Inoltre Libia, Algeria e Tunisia hanno già bocciato il secondo punto del Piano Conte che vorrebbe istituire negli Stati di transito “centri di protezione internazionale” per valutare richieste di asilo.

Il vicepremier libico Ahmed Maitig ha respinto ieri categoricamente “l’installazione in Libia di campi per migranti”: il Nord Africa non vuole diventare il punto di arrivo dei flussi gestiti dalla criminalità organizzata mentre costituire gli “hot spot” nel Sahel richiederebbe molto tempo, un grande sforzo logistico e non fermerebbe i traffici di esseri umani verso la costa del Mediterraneo.

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Semmai andrebbero potenziate le attività dell’Onu per accogliere e rimpatriare i migranti illegali raccolti dalle motovedette libiche, come già avviene con voli regolari dall’aeroporto Mitiga di Tripoli, scoraggiando così le partenze.

La proposta di superare gli accordi di Dublino e creare centri d’accoglienza in tutta Europa non ha sbocchi concreti poiché la Ue ha già dimostrato di non essere in grado di ripartire i pochissimi che hanno diritto all’asilo. La ripartizione addirittura di tutti i migranti illegali è pura utopia, incentiverebbe i flussi e porterebbe molti membri dell’Unione ad erigere nuovi muri in base ai principi di sovranità nazionale.

Del resto Angela Merkel ha precisato domenica che non si può consentire ai migranti di scegliere lo Stato di destinazione, consapevole che tutti punterebbero al ricco Nord Europa.

Anche la proposta di applicare contromisure finanziare agli Stati che non accolgono rifugiati lascia il tempo che trova: la minaccia non è nuova ma oggi rischia di incrinare i consensi riscossi dalla “linea dura” di Roma presso i partner in Nord e Centro Europa.

migranti MARINA MILITARE

In quest’ottica la pretesa italiana di indurre chi soccorre i migranti a sbarcarli in porti non italiani è giustificata, ha un valore simbolico e politico ma non ha molte speranze di trovare disponibilità e condivisioni.

Il rischio è che le flotte militari europee di Frontex ed Eunavfor Med, che il Piano Conte vorrebbe potenziare per “rafforzare le frontiere esterne” della Ue, finiscano per dissolversi a meno che non ricevano l’ordine di riportare in Libia i migranti soccorsi da affidare alle agenzie dell’Onu per il rimpatrio.

I punti determinanti del “decalogo” presentato da Roma sono infatti proprio quelli che riguardano il rafforzamento delle capacità libiche di fermare i flussi e il contrasto più deciso ai trafficanti.

Si tratta di incrementare gli aiuti alla Guardia Costiera libica che sta mostrando insperate capacità grazie all’aiuto degli italiani presenti nella base di Abu Sittah, a bordo della nave Caprera, visitata ieri dal ministro Matteo Salvini.

Domenica le motovedette di Tripoli hanno infatti soccorso e riportato indietro quasi mille migranti, fatti salpare dai trafficanti forse nella speranza che una tragedia di vaste proporzioni potesse indurre l’Italia a riaprire i suoi porti.

@GianandreaGaian

Foto: Frontex, LaPresse, Ansa e Marina Militare

 

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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