L’impatto in Europa della svolta italiana sui migranti
da Il Messaggero/Il Mattino del 14 giugno
Il giro di vite sull’immigrazione illegale deciso dal governo italiano potrebbe avere un impatto rilevante sulle future decisioni della Ue in materia e di certo lo sta già avendo su alcuni partner comunitari.
Il fattore scatenante, come dimostrano anche le scomposte reazioni di Francia e Spagna, è dovuto all’inedito rifiuto di Roma di accogliere altri clandestini, dopo i 750mila giunti dalla Libia dal 2013.
L’Italia per la prima volta mostra di voler tentare di chiudere i flussi che l’iniziativa di stretta cooperazione Tripoli varata dal ministro Marco Minniti aveva ridotto di quasi l’80% nell’ultimo anno.
La prospettiva di doversi fare carico del fardello finora sopportato dalla sola Italia sembra quindi aver imposto ai nostri partner di trovare soluzioni durature all’emergenza migratoria.
Francia
Nonostante le accuse all’Italia per la mancata accoglienza dei migranti dell’Aquarius Parigi da tempo si distingue per il forte contrasto ai flussi illegali. Lo sgombero degli accampamenti abusivi dei “sans papier” nella capitale e a Calais e il ferreo blocco del confine da Ventimiglia a Bardonecchia rispecchiano quanto Emmanuel Macron aveva preannunciato già in campagna elettorale, cioè una drastica separazione tra chi ha diritto all’asilo e i migranti economici illegali.
Distinzione sollecitata dalla stessa Agenzia delle Frontiere della Ue (Frontex) che già tre anni or sono disse chiaramente che oltre l’80% dei migranti giunti in Italia dalla Libia non aveva diritto ad alcun tipo di accoglienza.
I francesi non perdonano all’Italia i disinvolti flussi di clandestini, spesso neppure registrarti allo sbarco della Penisola, che Roma ha fatto transitare verso i confini nel 2014/15 e che portarono oltre 100 mila migranti a raggiungere il Nord Europa da dove, quando identificati, vengono anche oggi riportati in Italia.
Quando Minniti varò il pacchetto di misure chiedendo invano condivisione e solidarietà alla Ue, Macron ipotizzò di costituire centri d’accoglienza in Libia, ma del resto i francesi hanno sempre soffiato sul fuoco dei problemi che il caos libico provoca a Roma, determinati proprio dalla guerra che Parigi (con Londra e Washington) scatenarono contro Muammar Gheddafi nel 2011. Un atteggiamento di “competizione aggressiva” con l’Italia confermato dagli ostacoli posti da Parigi alla missione militare italiana in Niger e dalla conferenza con i protagonisti della crisi libica organizzata su due piedi dall’Eliseo proprio pochi giorni prima che a Roma si insediasse l’attuale governo.
Spagna
L’ostilità spagnola nei confronti dell’Italia sul caso Aquarius è legata anche al fatto che il nuovo esecutivo socialista non ha simpatie per gli attuali partiti al governo in Italia. Se Madrid è stata “forzata” a mettere a disposizione il porto di Valencia per far sbarcare quei migranti, al tempo stesso è però consapevole che se ‘Italia chiudesse davvero i porti alle navi delle Ong i flussi di immigrati illegali diretti in Spagna aumenterebbero sensibilmente, con inevitabili ricadute sul consenso popolare.
Già l’anno scorso le misure varate da Minniti determinarono un incremento dei traffici su ritte alternative dirette in Spagna dove sbarcarono in oltre 22mila nel 2017, quasi il triplo dell’anno precedente ed oltre il quadruplo rispetto al 2015.
Il no dell’Italia a nuovi sbarchi espone quindi la Spagna a flussi più intensi anche se Madrid applica da anni un duro approccio all’immigrazione illegale bloccando e respingendo i barconi in arrivo dal Marocco e combattendo vere e proprie “battaglie” per difendere gli alti reticolati eretti intorno alle énclaves di Ceuta e Melilla, città spagnole sulla cosa mediterranea marocchina “assediate” da migranti illegali.
Austria
La nuova politica di Roma sembra eliminare le periodiche tensioni che sul tema dei migranti illegali si sono registrate negli ultimi anni con Vienna.
Il premier Sebastian Kurz, impegnato ad espellere gli imam appartenenti ai Fratelli Musulmani e a rendere sempre più ardua la concessione di asilo e accoglienza anche con consistenti riduzioni del welfare, ha colto la palla al balzo per proporre ieri un asse con Italia e Germania contro l’immigrazione illegale incentrato sulla difesa delle frontiere esterne dell’Europa e l’istituzione di centri d’accoglienza per i migranti in Africa, in cui valutare eventuali concessioni di asilo.Soluzione conndivisa anche dalla Danimarca.
Germania
Dopo aver accolto oltre un milione di profughi e immigrati illegali giunti nel 2015 dalla “rotta Balcanica”, che stanno determinando gravi problemi di sicurezza e integrazione con un rapido travaso di consensi su posizione anti-accoglienza anche nello stesso partito del cancelliere Angela Merkel, la Germania strizza l’occhio al nuovo governo italiano chiedendo una “soluzione europea” ma di fatto appoggiando la proposta di Vienna. Anche a Berlino sembra ormai chiaro che solo difendendo le frontiere esterne dell’Europa si potrà evitare che vengano eretti nuovi muri lungo quelle interne.
Il Gruppo di Visegrad
L’intesa politica tra la Lega e il presidente ungherese Viktor Orban è fortemente caratterizzata da una visione comune circa la necessità di fermare l’immigrazione illegale, specie quella islamica. Un asse con i paesi del cosiddetto Gruppo di Visegrad rafforzerebbe la posizione dell’Italia nella Ue affiancando l’intesa che va configurandosi con Austria e Germania ma dovrà necessariamente puntare sullo stop ai flussi da Libia e Tunisia abbandonando ogni ipotesi di ripartizione dei migranti invisa a tutti in Mitteleuropa.
Turchia
Il rischio che si riapra la riotta balcanica è sempre più concreto a causa dell’aumento delle tensioni tra Ankara e la Ue dopo gli accordi da 6 miliardi di euro siglati nel 2015. Gli arrivi dalla Turchia in Bosnia e Grecia sono in forte aumento (oltre 11mila sbarchi nelle isole greche da gennaio) e Ankara ha sospeso il programma di rimpatrio dei migranti privi dei requisiti per chiedere asilo come rappresaglia contro la decisione di Atene di rimettere in libertà 4 ufficiali turchi fuggiti in Grecia dopo il fallito golpe del 15 luglio 2016.
Foto: Ansa, EPA, Marina Militare, SOS Mediterranèe, AP e Lapresse
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.