Dopo un summit da incubo, cosa sarà della NATO?
Trump, che notoriamente è contrario a qualsiasi forma di multilateralismo, è arrivato al summit di Bruxelles con l’evidente intenzione di indebolire la coesione tra i paesi NATO, al fine di rafforzare la posizione USA nei confronti di alleati divisi e impauriti. Target privilegiati da colpire sembravano essere l’UE, la Germania e la Francia. Tutti per motivi che poco hanno in realtà a ché fare con la NATO, ma non importa … ogni occasione può essere buona per colpire quando si ritiene di avere conti in sospeso (quali il deficit commerciale con Berlino).
Indubbiamente, in questi due giorni, “The Donald” è riuscito a minare seriamente la coesione dell’Alleanza. Non so se abbia anche rafforzato, nel lungo termine, la posizione (già predominante) degli USA. Lo si vedrà nel prossimo futuro.
È chiaro che la richiesta di spendere il 2 o il 4 per cento del Pil per la difesa fosse solo strumentale e peraltro, anche priva di vero significato militare, ma questo è un altro discorso).
La percentuale di Pil che ogni nazione dedica a spese per la difesa non è detto che contribuisca allo sforzo militare della NATO. Ad esempio ciò che spendono gli USA in Corea non è direttamente connesso con le capacità militari della NATO,
Per quanto attiene invece alle “spese di esercizio” dell’Alleanza Atlantica, pagate con il “common funding” (ovvero Civil Budget, Military Budget e NATO Security Investment Programme), nel periodo 2016/17 sono state sostenute per il solo 22,14% dagli USA, per 14,85% dalla Germania,10,63% dalla Francia 9,85% dalla Gran Bretagna, 8,41% dall’Italia seguita dalla Spagna al 5,78% , e dalla Turchia al 4,39% e in misura minore dagli altri paesi membri fino allo 0,08% dell’Albania.
Difficile che a Trump la questione interessasse molto né che pensasse ad un’Europa che si metta veramente a rafforzare in modo così consistente le spese militari.
Più probabile che la richiesta che doveva essere calata a sorpresa sul tavolo delle trattative avesse lo scopo di mettere in difficoltà gli alleati e di dividerli tra “buoni”, “cattivi” e “pessimi”.
Tecnica, quest’ultima, già adottata (sia pure in maniera sicuramente più soft e diplomatica) da George W. Bush che in comune hanno John Bolton, ex ambasciatore al Palazzo di Vetro e attuale consigliere per la sicurezza nazionale.
La minaccia (vera o presunta che fosse) di uscire dall’Alleanza ove i paesi membri non si fossero conformati ai suoi desiderata, aveva uno stampo quasi “bullistico”, che forse avrà effetto mediatico, ma non rafforza la fiducia in un futuro impegno statunitense in caso di articolo 5 (aggressione a uno Stato membro della NATO), cosa che potrebbe preoccupare alcuni dei paesi europei che a Trump forse appaiono meno “cattivi” quali le Repubbliche Baltiche e la Polonia).
Il 4 aprile 2019 il Trattato di Washington (ovvero l’accordo tra nazioni che condividevano gli stessi ideali di democrazia e di libertà e che si sentivano “amiche”) compirà 70 anni. Come sappiamo, il trattato è l’atto istitutivo della NATO. Dopo il Vertice che si è appena concluso a Bruxelles c’è da chiedersi se la NATO arriverà a festeggiare il suo settantesimo compleanno.
Certo il 4 aprile prossimo tutte le strutture dell’Alleanza saranno ancora in piedi, ci saranno grandi celebrazioni nella nuova faraonica (ma forse inutile) sede del quartier generale a Bruxelles e la bandiera con la rosa dei venti su sfondo blu continuerà a garrire nel vento.
Ma tutto ciò avrà un significato politico e militare reale o sarà solo “operetta”?
Non c’è bisogno di ricordare come l’Alleanza Atlantica abbia superato (con successo) la Guerra Fredda, la gestione delle crisi regionali ed internazionali e tutti i mutamenti geo-strategici che hanno caratterizzato questi 70 anni. La Nato ha saputo fiutare in anticipo il cambiamento ed adattarvisi in tempo.
Però, la caratteristica fondamentale di questa organizzazione, che resta unica nel suo genere, rimane una sola: si tratta di un’organizzazione basata sulla consultazione e la concertazione tra tutti i suoi membri, sul dialogo e sulle decisioni all’unanimità.
Si tratta di processi farraginosi? Certamente! Sono procedure che attribuiscono anche al paese membro militarmente e politicamente più insignificante un assurdo potere di veto, ma gli danno anche la sicurezza di non poter essere calpestato dai più forti e dal “bullo” di turno.
Questa capacità di condivisione delle decisioni e di mutuo rispetto rappresenta l’anima e lo spirito dell’Alleanza. La struttura politico-militare permanente di concertazione ne è il cervello e la ben articolata e capace struttura di comando militare ne costituisce il robusto braccio armato.
Se si travisa lo spirito dell’Alleanza e se ne calpesta l’anima, i neuroni e i muscoli di cui la NATO dispone potrebbero servire a ben poco. In questi due giorni è stato calpestato lo spirito di concertazione, di dialogo e di ricerca, sia pur faticosa, di decisioni unanimi che rimane la base della NATO.
Trump ha dimostrato di essere il più forte, lo sapevamo già, ma dopo il summit di Bruxelles le sponde dell’Atlantico si sono ulteriormente allontanate. Gli USA hanno oggi un reale tornaconto a rendere irrilevante la NATO?
Il primo Segretario Generale dell’Alleanza Atlantica (Lord Ismay) dichiarò “NATO is for keeping the Russians out, the Americans in and the Germans down”.
Ovvero, salvaguardare l’Europa Occidentale dalla Russia, mantenere gli USA legati all’Europa (in quanto già allora si temeva guardassero di più al Pacifico) ed evitare l’imporsi nuovamente di una potenza egemone nel continente. Finora la NATO ha conseguito tali obiettivi che erano anche nell’interesse geo-strategico di Washington.
Durante la “guerra fredda” vi era una situazione in cui l’Europa cresceva economicamente avvalendosi della protezione sia nucleare sia convenzionale statunitense.
Intendiamoci, anche gli USA avevano il loro tornaconto strategico a fornire tale protezione- si pensi all’importanza politica, economica e militare dei “blocchi” contrapposti e delle “zone d’influenza” delle due superpotenze.
Peraltro, dopo “la caduta del muro” sono stati gli Alleati europei a dare sicuramente di più. L’esistenza dell’Alleanza ha consentito agli USA di continuare a tenere basi militari in Europa, oramai utilizzabili anche in supporto a operazioni USA non di interesse della NATO in Africa, in Iraq, ecc .
Gli Alleati hanno fornito uomini e assetti (anche pregiati nel caso di UK, Francia, Germania e Italia) per operazioni militari condotte sì sotto bandiera NATO, ma fortemente volute in primis dagli USA: mentre gli interventi in Bosnia e Kosovo rispondevano sia interessi USA che europei, lo stesso non si può dire per l’Afghanistan.
Su pressione degli USA, che volevano contenere il più possibile il loro “competitor” strategico, l’Alleanza si è espansa verso est fino ai confini della Russia, inglobando persino le Repubbliche Baltiche e facendosi carico, per puri scopi politici, di Stati senza alcuna capacità militare.
Se non fosse stata per la lungimirante resistenza di Angela Merkel, su pressione di Washington già dieci anni fa le ex repubbliche sovietiche di Ucraina e Georgia avrebbero iniziato il processo per accedere alla NATO. In termini politici, se non economici, dal 1990 ad oggi è stata più la NATO a operare a favore degli USA che non il contrario.
Inoltre, da un punto di vista geopolitico, ad un eventuale allentamento del legame transatlantico non potrebbe non subentrare un rapporto più stretto di alcuni importanti paesi europei con Russia e Cina. Non sarebbe un grande vantaggio per gli USA .
L’incontro di Trump con Putin, il prossimo 16 luglio potrebbe portare ad un ulteriore colpo alla credibilità dell’Alleanza. Ove, come molti temono, Trump si smarcasse dalle misure adottate dall’Alleanza nei confronti della Russia in seguito alla crisi ucraina, la NATO potrebbe fare la figura del servo stolto, ma soprattutto inutile.
Gli Europei, invece, come si ritroverebbero con una NATO resa politicamente e, di conseguenza, anche militarmente irrilevante? Come i capponi di Renzo, a beccarsi l’un l’altro, cioè esattamente ciò che vuole ottenere Trump: si pensi a come si è espresso nei confronti di Merkel e Conte, criticando l’una e lodando l’altro nell’eterno “dividi et impera”.
Occorre prendere atto che gli Europei oggi non possono fare a meno della NATO, non perché faccia nel miglior modo possibile i loro interessi, ma perché (al momento) non hanno niente di credibile con cui sostituirla.
Ma se per mantenere la NATO in vita “con la bombola ad ossigeno” occorre consentire che vengano calpestati i principi fondanti dell’Alleanza accettando che il “bullo del quartiere”
maltratti gli altri partner, allora è meglio che alcuni paesi europei, i più coesi, incomincino a pensare con che cosa sostituire un’Alleanza, cui tutti noi siamo profondamente legati, che però rischia di divenire nel prossimo futuro molto poco credibile.
Foto: Reuters, NATO, La Presse e AP
Antonio Li GobbiVedi tutti gli articoli
Nato nel '54 a Milano da una famiglia di tradizioni militari, entra nel '69 alla "Nunziatella" a Napoli. Ufficiale del genio guastatori ha partecipato a missioni ONU in Siria e Israele e NATO in Bosnia, Kosovo e Afghanistan, in veste di sottocapo di Stato Maggiore Operativo di ISAF a Kabul. E' stato Capo Reparto Operazioni del Comando Operativo di Vertice Interforze (COI) e, in ambito NATO, Capo J3 (operazioni interforze) del Centro Operativo di SHAPE e Direttore delle Operazioni presso lo Stato Maggiore Internazionale della NATO a Bruxelles. Ha frequentato il Royal Military College of Science britannico e si è laureato con lode in Scienze Internazionali e Diplomatiche a Trieste.