Caso “Diciotti 2”: i respingimenti in Nordafrica sono l’unica soluzione ragionevole

da Libero Quotidiano del 20 agosto 2018

Il nuovo caso del pattugliatore Diciotti evidenzia il braccio di ferro in atto sul fronte dei flussi migratori illegali che l’iniziativa del ministro Matteo Salvini ha già dimostrato di poter ridurre ancor di più di quanto non abbia fatto il suo predecessore, Marco Minniti.

La situazione contiene alcuni elementi paradossali, primo tra tutti il fatto che il pattugliatore italiano ha imbarcato i migranti illegali nelle acque di competenza maltese per la ricerca e soccorso (SAR) ma senza avere l’autorizzazione del ministero dell’Interno a sbarcarli in un porto italiano, attualmente quello di Catania dove è ormeggiato il pattugliatore.

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L’ammiraglio Giovanni Pettorino, comandante della Guardia Costiera, ha ribadito l’obbligo giuridico e morale di portare soccorso in mare ma è evidente quanto sia assurdo (e suicida per gli interessi nazionali) continuare a gestire gli immigrati illegali come fossero naufraghi.

Soprattutto nei casi, recentemente sempre più frequenti, di imbarcazioni che non sono in pericolo, dirigono verso l’Italia e i cui occupanti rifiutano il soccorso da navi diverse da quelle italiane perchè intendono raggiungere la Penisola.

Inaccettabile che Roma continui a farsi prendere in giro da trafficanti e clandestini ma inevitabile stabilire un coordinamento efficace tra i ben quattro ministeri competenti sulle diverse operazioni nel Canale di Sicilia: quello dell’Interno per i porti, dei Trasporti per la Guardia Costiera, Difesa ed Esteri per le missioni navali Ue Sophia e Themis.

Malta continua lo scarica barile con l’Italia lasciando passare gommoni e barconi ma se anche accogliesse decine di migliaia di migranti i flussi non cesserebbero, al contrario si ingigantirebbero.

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Il governo italiano ha ottenuto un grande successo politico nell’indurre diversi partner Ue e dividersi gli ultimi migranti illegali raccolti nel Mediterraneo, specie se si tiene conto che alle richieste formulate in tal senso da Marco Minniti, esattamente un anno or sono, gli europei avevano sempre risposto picche.

Sul piano strategico però, ogni scontro interno alla Ue fa il gioco dei trafficanti e ogni forma di accoglienza, condivisa o meno, alimenta nuovi flussi illegali.

L’opzione avanzata ieri da Salvini, che in assenza di un impegno della Ue ad accogliere i 177 immigrati illegali sulla Diciotti intende riportarli in Libia, è l’unica in grado di far cessare i flussi e dovrebbe venire applicata dalla Ue a ogni imbarcazione in arrivo dal Nordafrica. Si tratta di attuare quei ”respingimenti assistiti” già applicati con successo (e senza vittime”) dall’Australia e inseriti nel programma della coalizione di centro-destra alle ultime elezioni.

Finora la Ue ha rifiutato i respingimenti e c’è chi ritiene che la Libia non sia un “porto sicuro” per i migranti ma il governo di Tripoli è riconosciuto e appoggiato da Onu, Ue e Italia, gestisce una zona SAR grazie ai mezzi e al supporto italiani e in Tripolitania le agenzie dell’Onu accolgono (13mila da gennaio) e rimpatriano dall’aeroporto della capitale libica (oltre 30 mila dal luglio 2017) i migranti illegali riportati indietro dalle motovedette libiche. Attività dell’Onu finanziate soprattutto dall’Italia.

@GianandreaGaian

Foto: Guardia Costiera, Ansa e L’Indro

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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