MiG contro Sukhoi: la “guerra russa” dei caccia

Estremamente accurata l’analisi del National Interest sui due caccia russi principali per antonomasia, simili per certi versi ma diversi per concezione, dimensione, autonomia e fondamentalmente diversi anche per ruolo di destinazione. Simili poiché entrambi bimotori, bideriva; simili anche nella conformazione e in parte della configurazione di componentistica utilizzata; stessa patria ma una storia diversa, diametralmente opposta.

Il primo diventa un successo commerciale nella versione originaria, il secondo lascia di stucco gli osservatori esteri ma rimane praticamente invenduto fuori patria. Dopo meno di dieci anni le parti si invertono, il secondo grazie al suo patron Mikhail Simonov diventa pian piano un fenomeno incontrastato per la sua categoria; rimane imbattuto sotto molti punti di vista a partire dalle sue abilità nel dogfight oltre che in numerosi altri parametri di volo, ma soprattutto comincia a moltiplicarsi in versioni e sottoversioni venendo pian piano esportato in 4 continenti e diventando a tutti gli effetti un nuovo best seller.

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Come se non bastasse, viene anche a crearsi anche quel curioso fenomeno dove alcuni paesi con bilanci della difesa notoriamente ristretti faranno a gara per possederlo come un vero e proprio status symbol.

Cugini da sempre ma, oggi che l’URSS non esiste più, rivali in campo commerciale: MiG-29 “Fulcrum” e Sukhoi Su-27 “Flanker”. Il primo oggi si dibatte nella difficoltà di apparire quello che finora non è realmente riuscito a dimostrare: essere un piccolo caccia tremendamente efficace nelle mani di un pilota esperto (chiedete agli ex piloti della Germania dell’Est e della Polonia che soddisfazioni si sono prese durante alcune esercitazioni NATO); il Fulcrum oggi punta tutto nella sua ultima versione denominata MiG-35 che potrebbe essere considerata come l'(ultima) ancora di salvezza dell’ufficio di progettazione MiG.

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Il secondo, invece, sin dalle prime versioni appariva anch’esso sì grezzo e migliorabile sotto molti aspetti, specie su quelle pecche di tradizione sovietica che affliggevano tutti i caccia “made in CCCP”, ma rimaneva sicuramente più affascinante e potente rispetto al MiG e infine, la sua ultima versione Su-35 che suscita interessi mediatici e militari evidenti; quel Su-35 che lascia esterrefatti persino gli stessi vertici militari russi che avrebbero recentemente posto la fatidica domanda circa il suo successore: – “ma questo caccia [Su-57] di quinta generazione cosa fa in più rispetto al Su-35?”

La storia dei due caccia risale agli inizi degli anni ‘80, poiché quando il MiG-29 entrò in scena per la prima volta fu concepito come un caccia “di fascia bassa” che poteva essere acquistato in numero maggiore a un costo inferiore, in contrasto con il Su-27 che era considerato il suo alter ego più voluminoso e costoso.

Dicevamo infatti che mentre il Flanker non vide alcun paese in cui essere esportato fino alla fine dell’U.R.S.S., il MiG-29, come tutta la precedente dinastia dei caccia a marchio MiG (-15, -17, -21 e -23) era già destinata all’esportazione massiccia fin dalla sua incubazione.

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Ma le differenze intrinseche tra i due caccia erano notevoli: il Flanker era dotato di una cellula aerodinamicamente instabile e volava con un sistema computerizzato fly-by-wire; il MiG-29, invece, nonostante una simile disposizione di motori, ali e derive, sistema IRST, etc. si affidava ad un sistema tradizionale di controllo delle superfici di volo a comando idraulico.

Ma non solo, il MiG-29 possedeva anche un radar meno potente non adatto ai combattimenti BVR (oltre il raggio visivo) e per ovvi motivi dimensionali, imbarcava internamente molto meno carburante rispetto al Sukhoi, oltre al fatto che possedeva solo sei punti di attacco per le armi.

Questa specifica versione (denominata 9.12) fu comunque enormemente esportata non solo in tutti quei paesi del Patto di Varsavia ma anche in tutte quelle nazioni africane e latinoamericane che avendo a che fare con budget ristretti cercavano un caccia dal valido rapporto qualità/prezzo. E nonostante ciò, i problemi insiti in questa versione originaria (autonomia, radar, punti di attacco delle armi, etc.) vennero via via risolti con la successiva versione MiG-29S (“Fulcrum-C”) o versione 9.13.

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Ironia della sorte, in questo stesso periodo la reputazione del MiG-29 venne letteralmente stesa dai successivi conflitti: così i MiG-29 iracheni (nella versione originaria 9.12) nella Guerra del Golfo e otto anni dopo quelli jugoslavi (nella stessa identica versione) vengono abbattuti dai caccia NATO, anche se la stampa dimentica che il rapporto numerico tra caccia dei due schieramenti opposti in entrambi i casi era notevolmente impari.

Poi venne la storia dello scandalo con l’Algerian Air Force che annullò il suo ordine di MiG-29SMT in favore dei cugini rivali della Sukhoi (con i Su-30MKA), anche se in questo caso pare si trattasse di lavorazioni realizzate non proprio allo stato dell’arte.

In combattimento, invece, il Su-27 ha mostrato costantemente di poter migliorare fattivamente se consideriamo che nella guerra eritreo-etiopica il rapporto di abbattimenti contro il più piccolo MiG-29 è stato di 5:0 a favore dei Flanker etiopi contro i Fulcrum eritrei.

Insomma, il MiG-29 potrebbe in parte eguagliare il Su-27 ma i suoi aggiornamenti fanno sì che il costo unitario si avvicini (un po’) troppo a quello delle versioni aggiornate del Su-27: Il costo di un Su-30MK2 è stato stimato infatti attorno ai 37,5 milioni $ mentre il costo di un MiG-35 è di circa 48 milioni $. Discorso diverso per l’ultima versione del Flanker, ovvero il Su-35, il cui costo si aggira sui 76,4 milioni $ ma che essendo l’ultimo modello della famiglia è ritenuto ad oggi la versione più potente e moderna e quindi non comparabile per costo e qualità col più recente sviluppo del caccia MiG.

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Con costi unitari pressoché uguali e capacità simili dunque è una decisione abbastanza semplice scegliere un aereo che sin dal progetto è nato, almeno sulla carta, per essere migliore dell’altro dimostrandolo anche in combattimento.

Eppure il Fulcrum come il suo omologo statunitense F-16 ha ancora molte potenzialità e sbocchi esportativi notevoli. Proprio quest’ultimo, ad esempio, giunto oggi alla versione “V” è ancora oggi oggetto di ordini e notevoli successi commerciali nel mondo intero e, secondo le dichiarazioni rese negli Stati Uniti, lo stesso sarebbe destinato a rimanere in servizio almeno fino al 2030. Medesima sorte per l’F-15 (alter ego, manco a dirlo, del Su-27) e anch’esso sottoposto a numerosi upgrade, come ad esempio la sua ultima versione denominata Silent Eagle.

Insomma, nonostante le roboanti dichiarazioni sulla 5^ generazione, i caccia della generazione precedente hanno ancora oggi molta voce in capitolo; sia la Russia che gli USA prevedono che questi progetti abbiano  ancora un notevole appeal commerciale e conseguenti capacità di vendita nonostante i loro 40 anni di vita dal loro ingresso in servizio.

Ad oggi la maturità operativa d’impiego a 360° di questi velivoli è così elevata che i caccia di quinta generazione al confronto arrancano visibilmente (i problemi d’integrazione di software e hardware di questi velivoli rimangono infatti tutt’oggi non del tutto risolti). Ritornando ai due caccia russi la battaglia commerciale è ancora lontana dal vedere la sua conclusione.

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Per adesso certamente il risveglio del Flanker ha fatto male al più piccolo cugino, ma se guardiamo all’ingarbugliato concorso indiano MMRCA le carte da giocare sono ancora sostanziose ma spetterà al bureau MiG sapersele giocare saggiamente.

Il MiG-35 (“Fulcrum-E” per la NATO) è considerato un MiG-29 potenziato, una versione raffinata e riprogettata del MiG-29M, a sua volta una variante avanzata del MiG-29K. Inizialmente venne chiamato MiG-33 ma poi si decise di nominarlo MiG-35.

Il MiG-35 è spinto da due RD-33MKB, ciascuno con 53kN di spinta e 88,3 kN con postbruciatori. L’aspetto più interessante del MiG-35 che lo distingue dagli altri contendenti nella gara MMRCA è che si tratta dell’unico caccia dotato di TVN (Thrust Vectoring Nozzles o spinta vettoriale); questo consente al MiG un aumento esponenziale della manovrabilità ad alti angoli d’attacco e della velocità di virata.

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Senza contare poi la costruzione modulare dei motori che ne facilita la sua manutenzione aumentandone al contempo il tasso di disponibilità dei reparti di volo.

La cellula risulta essere stata pesantemente modificata dal MiG-29K da cui deriva: i punti di attacco delle armi sono passati dai 6 della versione 9.12, agli 8 della versione K fino ai ben 9 punti del MiG-35.

La capacità di carburante non solo è aumentata ma, con l’ausilio di 3 serbatoi esterni, può fungere da aerotanker senza tralasciare altresì la sonda per il rifornimento in volo che ne amplia l’autonomia in maniera estrema.

In aggiunta, la struttura del velivolo è resistente alla corrosione, in linea con il suo ruolo in grado di assumere completamente le parti del futuro caccia imbarcato, ruolo attualmente ricoperto dal MiG-29K.

Il MiG-35 inoltre, una volta entrato in servizio, riceverebbe il primato di primo caccia russo dotato di un radar AESA (Active Electronically Scanned Array o a scansione elettronica attiva) Phazotron Zhuk-MAE fornito di sistemi più resistenti alle ECM capace di ingaggiare fino a trenta obiettivi attaccandone sei (se aerei) o quattro contemporaneamente (se terrestri) con una gamma di armi aria-aria e aria-terra sensibilmente ampliata; la portata del suddetto radar (versione da esportazione) menziona un rilevamento di bersagli aerei a 160 km e di bersagli terrestri a 300 Km.

Un’altra parte dell’avionica degna di menzione è il sistema di ricerca e puntamento (IRST) OLS-35. Si tratta di un sistema di puntamento elettro-ottico in grado di rilevare la traccia IR dei caccia indipendentemente dalla RCS di un velivolo (quindi idoneo in caso di presenza di velivoli stealth), dalle sue dimensioni o dalle condizioni meteo e il tutto in modalità passiva senza emettere alcuna radiazione rilevabile da aerei o sistemi nemici.

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L’OLS-35 può rilevare bersagli a circa 30 km in posizione di inseguimento in coda e circa 15 km per velivoli in direzione frontale. Ovviamente per aerei in condizione di postcombustione il rilevamento avviene con valori al di sopra di quelli indicati. Il sistema in questione può fungere anche da telemetro per missioni di attacco al suolo (OLS-KE).

Tra le avioniche, degne di nota infine i sensori e apparati elettronici al fine di contrastare le minacce nel combattimento aereo: dal sistema di allarme di avvicinamento missilistico a infrarossi (MAWS) SOAR, ricevitori di allarme laser (LWR) SOLO e radar jammer di autoprotezione ELT/568 per neutralizzare i sistemi di difesa aerea basati sui radar.

Il MiG-35 è progettato inoltre con il pensiero dell’interdipendenza delle nazioni moderne: l’architettura aperta dell’avionica di volo consente di integrare molto facilmente le apparecchiature straniere nell’aereo senza dover apportare modifiche importanti. Questo è un grande vantaggio per l’India che da tanti anni è fortemente dipendente dalla tecnologia israeliana.

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Per concludere, il capitolo armi: dicevamo nove punti fissi in grado di trasportare fino a 7.000 kg di armi tra cui missili aria-aria (R-73 e R-77), terra-aria (Kh-25MAE, Kh-29LTE, Kh-38ME, Kh-36 Grom-E1), bombe guidate (KAB-500 laser-TV o Glonass guidato), missili anti radiazioni (Kh-31 PD) o anti-nave (Kh-31AD) e ancora razzi non guidati (S-8, S-13, S-24, S-25O) o laser guidati (S-25L) senza tralasciare l’immancabile cannone automatico GSh-301 da 30 mm.

La vittoria nel concorso indiano aprirebbe insomma spiragli di commercio anche con numerose altre nazioni che il vecchio Fulcrum lo possiedono da almeno vent’anni e non solo. È chiaro tuttavia che il primo ordine dovrà quasi necessariamente giungere da Mosca, sempre che il MiG-35 non confermi il vecchio adagio ”nemo propheta in patria”.

Un’ipotesi che, dopo le parole di Putin alla presentazione del MiG-35, pare praticamente impossibile poiché l’intenzione di recuperare un marchio storico come MiG sembra sia assolutamente imprescindibile per la stessa industria aeronautica russa.

Foto : RAC Mig e Sukhoi

 

Maurizio SparacinoVedi tutti gli articoli

Nato a Catania nel 1978 e laureato all'Università di Parma in Scienze della Comunicazione, ha collaborato dal 1998 con Rivista Aeronautica e occasionalmente con JP4 e Aerei nella Storia. Dal 2003 collabora con Analisi Difesa occupandosi di aeronautica e industria aerospaziale. Nel 2013 è ospite dell'Istituto Italiano di Cultura a Mosca per discutere la propria tesi di laurea dedicata a Roberto Bartini e per argomentare il libro di Giuseppe Ciampaglia che dalla stessa tesi trae numerosi spunti. Dall'aprile 2016 cura il canale Telegram "Aviazione russa - Analisi Difesa" integrando le notizie del sito con informazioni esclusive e contenuti extra provenienti dalla Russia e da altri paesi.

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