Servizi segreti, islamismo e migranti inquietano la politica tedesca
Il caso dell’ex capo dei Servizi di sicurezza interni tedeschi Bundesamt für Verfassungsschutz, BfV), Hans-Georg Maassen, rimosso dal governo per la sua supposta vicinanza con il partito Alternative fur Deutscheland (AfD), resta una spina nel fianco per l’esecutivo della cancelliera Angela Merkel.
La leader dei socialdemocratici, Andrea Nahles, ha chiesto infatti di rinegoziare il compromesso faticosamente raggiunto sul ruolo di Maassen, “silurato” il 18 settembre dopo l’ennesimo braccio di ferro tra la Merkel e l’SPD, che ne volevano la testa, e il ministro degli Interni, il bavarese della CSU Horst Seehofer, che ne ha difeso l’operato.
All’origine della diatriba politica l’atteggiamento di Maassen, ora trasferito ad altro incarico presso il ministero dell’Interno, che aveva negato la tesi propagandata da Merkel e SPD che dietro i tumulti di Chemnitz vi fosse una generale ondata di attacchi di stampo razzista contro gli immigrati.
I disordini di Chemnitz, scoppiati dopo l’ennesimo omicidio di un tedesco compiuto da “rifugiati” giunti negli ultimi anni in Germania, hanno mobilitati i gruppi dell’ultradestra ma anche moltissimi cittadini stanche dell’impennata di crimini e violenze compiute dagli immigrati islamici.
Un malumore crescente in tutta la società tedesca legato a fatti contingenti che il governo cerca in ogni modo di negare o attutire ordinando alla polizia di non fornire notizie dei crimini compiuti da stranieri e chiedendo ai media di mantenere queste notizie a basso profilo.
La promozione che ha fatto seguito alla rimozione di Maassen (nella foto accanto) ha suscitato indignazione nel Partito Socialdemocratico: Nahles ha dovuto fronteggiare una vera e propria insurrezione della base a cui ha dovuto cedere, complice l’imminente tornata elettorale bavarese e i pessimi pronostici usciti dagli ultimi sondaggi.
“Non è accettabile che Massen fosse presidente dei servizi di sicurezza ma nemmeno che sia segretario di Stato al ministero degli Interni, ha dichiarato la presidente del SPD da Wuerzburg.
Le pretese socialdemocratiche non hanno provocato dure reazioni tra gli alleati di governo, complice forse il clima elettorale.Seehofer si è detto aperto a riaprire i colloqui “se può esserci una soluzione consensuale”, mentre la Merkel ha parlato di “necessità di mantenere la governabilità”.
Anche perchè gli ultimi sondaggi sono impietosi col governo soprattutto a causa delle questioni legate a immigrazione e criminalità.
Secondo un recente sondaggio, se si votasse oggi, Alternative fur Deutschland sarebbe il secondo partito su scala nazionale, con il 18 per cento, dietro all’alleanza di centrodestra CDU/SU della Merkel al suo minimo storico col 28 per cento e davanti a una SPD in crollo sotto il 17%.
A conferma della crisi di fiducia nei confronti della cancelliera Merkel e del suo governo, dall’indagine emerge anche che circa la metà degli intervistati è favorevole ad elezioni anticipate, mentre solo un terzo la giudicherebbe negativamente.
La vittoria della Merkel il suo ministro bavarese Seehofer (nella foto accanto con Maassen) circa la rimozione di Maassen rischia di costare caro al governo federale soprattutto perché ha evidenziato un’intesa tra la cancelliera e i socialdemocratici che minaccia di spezzare la sempre più fragile alleanza con la CSU bavarese, da tempo favorevole al pugno di ferro su immigrazione e Islam.
Il quotidiano Bild ha riportato che dei 5,93 milioni dei beneficiari di indennità di disoccupazione in Germania, 2.03 milioni (34,3%) sono stranieri e di questi quasi la metà (959.000) proviene da paesi non europei tra i quali 588.301 siriani e 259.447 turchi.
Un punto debole evidenziato dalle dichiarazioni di Maassen alla Bild in cui sosteneva che la caccia allo straniero a Chemnitz era stata tutta un’invenzione e che i video, presumibilmente, non erano autentici come aveva invece esplicitamente sostenuto il portavoce di Merkel, Steffen Seibert.
Dalla sua nomina ai vertici della sicurezza interna tedesca nel 2012, Maassen ha avuto un pessimo rapporto col governo Merkel finendo pe essere sospettato di simpatie per Alternative fuer Deutschland. Sull’ emittente pubblica ARD è andata in onda una ricostruzione della trasmissione Kontraste secondo la quale Maassen avrebbe reso note informazioni riservate al gruppo parlamentare dell’ AfD molto prima che fossero disponibili per la pubblicazione.
Una ex militante dell’AfD, Franziska Schreiber, autrice di un libro di recente pubblicazione – “Inside AFD” – ha scritto che l’ex leader della formazione di ultradestra, Frauke Petry, le avrebbe raccontato dei suoi colloqui con Maassen, colloqui nei quali il capo degli 007 avrebbe dato consigli su come evitare al suo partito di essere controllato dai servizi di sicurezza.
Precedentemente Maassen era stato criticato per gli errori investigativi sulla strage del mercatino di Natale del 2016 e sulla gestione lacunosa del caso Amri.
Circa i fatti di Chemnitz, costatigli la poltrona, Maassen avrebbe danneggiato “la fiducia negli organi di sicurezza del nostro sistema democratico”, ha detto il vice presidente dei socialdemocratici, Ralf Stegner.
Dichiarazioni che confermerebbero la logica del governo federale di aspettarsi la massima fedeltà di tutti gli organi dello Stato alla linea “buonista” abbinata al pugno di ferro contro ogni manifestazione di insofferenza nei confronti di immigrazione selvaggia e islam, liquidate come “atto di razzismo”.
Eppure proprio il BfV ha riferito quest’anno che il numero di salafiti nel Paese è raddoppiato in soli cinque anni, da 5.500 nel 2013 agli attuali 10.800 nel dicembre scorso, su un totale di oltre 25.000 estremisti islamici presenti in Germania dei quali almeno quasi 2.000 rappresentano “un’immediata minaccia per gli attentati”.
Dopo la presentazione del rapporto del BfV, il ministro Seehofer aveva ammesso che “oggi non abbiamo più nulla sotto controllo in nessuna area”. Dopo la rimozione di Maassen, la capogruppo di AfD in parlamento, Alice Weidel, ha detto che “chiunque critichi l’illegittima politica sull’ immigrazione di Merkel viene schiacciato senza pietà dalla politica dell’establishment”.
(da Nuova Bussola Quotidiana)
Foto: BBC, DPA Global Look Press e Getty Images Europe
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.