DPP 2018-2020: un documento di transizione in vista di nuovi tagli ?
Senza dubbio alcuno, il Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa per il triennio 2018-2020 è stato in assoluto il più atteso nella sua (sia pur breve) storia. Le ragioni di questa attesa erano in parte legate alla necessità di avere conferma nonché un maggiore dettaglio del fatto che il Bilancio della Difesa nel 2018 finalmente conosceva un ritorno al segno “più”, importante anche per la qualità dell’aumento dei fondi.
Ma, ancora di più, l’attesa è stata forte perché da tale Documento ci si aspettava di avere uno sguardo più dettagliato rispetto alle intenzioni della nuova compagine di Governo.
In questo senso, anche perché legata proprio i numerosi avvenimenti politici dell’ultimo anno, non si può non rilevare come il ritardo della presentazione del DPP abbia ormai raggiunto livelli inaccettabili; soprattutto perché dovrebbe essere presentato alle Camere entro il 30 aprile dell’anno in corso.
Considerando che si tratta dell’unico documento pubblico che riesce a fornire una fotografia completa/aggiornata della situazione delle Forze Armate, è del tutto evidente che un tale ritardo significa minore informazione. Non è la prima volta che accade ma il punto è che questo fenomeno si sta ripetendo e amplificando nel corso del tempo; occorre dunque un ritorno al calendario “naturale”, quello previsto per legge e capace di fornire le informazioni necessarie in tempi accettabili.
L’Impegno Nazionale nel contesto di riferimento
Per tornare ai contenuti del DPP 2018-2020, come anticipato nel titolo e come specificato nell’introduzione, il dato saliente è che si tratta di un documento di transizione. Il bilancio del 2018 e molte delle scelte comunque impostate discendono dal precedente Governo e dal precedente Ministro della Difesa; quelli attuali hanno così potuto solo in parte modificare e/o intervenire su una “costruzione” già in larga parte completata.
Ciò nonostante, l’intervento del nuovo titolare del Dicastero della Difesa si vede già; non solo attraverso l’aggiunta sotto forma di allegato delle proprie “Priorità Politiche dell’Atto d’indirizzo anno 2019” ma anche attraverso la frequente riproposizione dei principi ispiratori della propria azione, così come indicati nel documento di integrazione delle linee programmatiche “Duplice Uso e Resilienza”. Con il primo dei 2 concetti sostanzialmente eletto a punto di riferimento primario, da tenere ben presente anche per gli effetti che potrebbe sulle Forze Armate.
Dunque, un Documento che in molte delle sue parti finisce con l’essere “piegato” al nuovo paradigma rappresentato dal “duplice uso” (dual use) Un dato evidente fin dall’analisi del primo argomento trattato e cioè «Il quadro strategico», laddove quest’ultimo viene definito «incerto, instabile e in continua evoluzione, influenzato da molteplici dinamiche… L’insieme di tutti questi fattori si traduce in un elevato grado di complessità e instabilità e nel deterioramento complessivo del quadro di sicurezza internazionale». Sennonché, il successivo elenco di fattori d’instabilità parte dal terrorismo, prosegue con i flussi migratori, le emergenze e le calamità naturali, perfino la criminalità organizzata. Come se, invece, la competizione militare tra Stati e, intervallati dai concetti di sicurezza energetica e cibernetica, i conflitti moderni con la loro natura ibrida fossero aspetti secondari…
Nel continuare poi con l’analisi de «L’impegno nazionale nel contesto di riferimento», il DPP si sofferma sul «Quadro politico-militare», all’interno del quale si fornisce un quadro sintetico dei principali scenari di crisi/teatri operativi delle nostre FFAA. Quindi, regione Euro-Mediterranea (con, in primo piano, la Libia), Sahel, Medio Oriente area Balcanica e Afghanistan.
Conferme anche dal paragrafo dedicato a «La cooperazione per la sicurezza internazionale», con l’ancoraggio ai 3 “pilastri” sui quali si poggia la politica di sicurezza e di difesa del nostro Paese (ovviamente: UE, NATO e ONU). In particolare, si conferma la primaria importanza conferita all’Unione Europea e ai suoi sforzi rinnovati per sviluppare una propria Politica di Sicurezza e Difesa Comune (PSDC), l’imprescindibilità della NATO quale organizzazione di riferimento per la difesa collettiva (sulla stessa Alleanza Atlantica ci sarà poi modo di tornarci sopra) e l’ONU, quale consesso indispensabile per mantenere una più ampia visibilità a livello internazionale.
Infine, con la «Evoluzione degli impegni operativi» si affronta il tema delle missioni per le quali si continua a registrare un numero maggiore di militari impiegati nelle missioni sul territorio nazionale rispetto a quelli schierati all’’estero; in totale sono circa 8.100 gli uomini e le donne delle FFAA che operano ogni giorno nell’ambito di missioni come “Strade Sicure”, Mare Sicuro”, “Task Force Genio”, contro i 7.000 autorizzati (ma con numeri reali di impiego medio più bassi) per quelle internazionali.
A proposito delle missioni all’estero, è da evidenziare il grave ritardo con il quale si è provveduto al loro rifinanziamento (con 130 milioni di euro); come noto, infatti, la copertura finanziaria dell’insieme di tali missioni era assicurata solo fino al 30 settembre del 2018.
Lo sviluppo dello Strumento Militare
Decisamente ampia e articolata la sezione dedicata allo «Sviluppo dello Strumento Militare»; una parte che (sotto diversi punti di vista) sembra risentire meno dell’impostazione all’insegna di un “duplice uso” spinto. Al contrario, essa traccia un percorso coerente con l’obiettivo di ottenere delle Forze Armate moderne, efficaci ed efficienti; insomma, uno Strumento Militare davvero al passo dei tempi e dei nostri alleati.
In questo senso, sia negli «Indirizzi strategici», sia nelle successive sezioni dedicata a «Esigenze operative» e «Linee di sviluppo capacitivo», il ragionamento scorre come detto in maniera più fluida.
Nella misura in cui la prima sezione propone e illustra, in quello che potremmo definite il “corretto” ordine d’importanza, le già citate 4 missioni principali per le Forze Armate, collegando a esse anche le 2 principali aree geografiche d’interesse strategico per il nostro Paese; cioè le regioni Euro-Mediterranea e -Atlantica.
Ancora più densi di informazioni poi i paragrafi successivi, all’interno dei quali si procede al collegamento diretto (nonché logico) tra le esigenze operative e le conseguenti linee di sviluppo delle capacità da conseguire per le nostre FFAA, con l’obiettivo di conseguire uno Strumento Militare bilanciato in tutte le sue componenti principali (Terrestre, navale e aerea ai quali aggiungere le operazioni nei domini di più recente comparsa: spaziale e cibernetico). A questo scopo, si identificano le seguenti Capacità Operative Fondamentali (COF):
- «Preparazione delle Forze»;
- «Consultazione, Comando e Controllo (C3)»;
- «Superiorità decisionale»;
- «Protezione delle Forze e Capacità di ingaggio»;
- «Proiezione delle Forze»;
- «Sostegno delle Forze».
Con una descrizione puntuale e ampia (dalla pagina 20 alla 33 del DPP), alla quale si rinvia il lettore per un’analisi utile anche a comprendere quanto talvolta sia ampia la differenza tra ciò che (teoricamente) si indica e quanto (praticamente) si realizza.
Purtroppo, è proprio nella parte finale di questo capitolo, quella cioè dedicata ai programmi destinati a implementare tali linee, che la situazione torna a “sfuggire di mano”; laddove si introducono per ciascuno dei programmi una serie di diciture (collegate ad altrettanti simboli) quali: «orientato verso il duplice uso sistemico», «eticamente allineato», «energicamente neutro» e, infine, «basato su tecnologie emergenti». Ogni altro commento sulle prime 3 categorie in particolare appare superfluo…
Le linee di sviluppo capacitive collegate alle COF saranno, peraltro, oggetto di ulteriore approfondimento nella sezione dedicata all’Investimento.
La Funzione Difesa: il Personale
Come è ovvio che fosse, essendo il DPP un Documento redatto a “legislazione vigente”, non emergono novità rispetto ai dati di bilancio già emersi e analizzati a suo tempo (Bilancio della Difesa 2018: una (effimera?) inversione di tendenza, al quale si rimanda per un’integrazione sui dati di bilancio che non riguardano al Funzione Difesa propriamente detta).
Ciò che cambia è la maggiore quantità di informazioni complessivamente disponibili e la possibilità di individuare chiaramente il livello di risorse supplementari stanziate dal Ministero dello Sviluppo Economico (MISE); inoltre, sempre in tema di fondi aggiuntivi, si fa in parte più chiaro anche il tema dei fondi messi a diposizione dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) per le missioni internazionali.
In teoria, dal DPP dovrebbe provenire anche qualche indicazione di massima circa l’evoluzione degli stanziamenti disponibili per la Difesa (e non solo) negli anni successivi. Tuttavia, è ormai di dominio pubblico che già sul prossimo anno sono previsti interventi pesanti; per quanto le cifre in gioco non siano state ancora precisate, ciò che appare chiaro fin da ora è che molto di quanto scritto nel DPP 2018-2020 sarà rivisto profondamente.
Dunque, per tornare ai numeri e limitandosi a quanto di più diretta competenza per lo Strumento Militare, si ricorda brevemente come la Funzione Difesa per il 2018 sia destinataria di risorse pari a 13.797,2 milioni di euro, con un aumento di 585,4 milioni sull’anno precedente (+ 4,4%).
Tutti i capitoli di spesa risultano a loro volta in aumento.
Nel dettaglio, il Personale sfonda la soglia “psicologica” dei 10 miliardi di euro, raggiungendo i 10.072,9 milioni (con un aumento di 273,4 milioni sul 2017, pari a un +2,8%).
Come si è già avuto modo di osservare in passato, il combinato disposto del “Riordino dei ruoli e delle carriere”, del rinnovo contrattuale (che deve ancora dispiegare i propri effetti) e, infine, dei più che probabili aggravi di costo legati alle iniziative promesse dalla nuova Ministro della Difesa, fa propendere per un’ulteriore lievitazione dei costi.
Considerazione che diventa ancora più rilevante a fronte dell’analisi dell’evoluzione degli organici delle Forze Armate; un’evoluzione che si potrebbe definire perfino “tragica”.
Mentre per gli Ufficiali continua il trend discendente (con -242 unità) secondo quelle che sono le indicazioni provenienti dalla Legge 244/2012 sulla revisione del “modello di Difesa”, fissato in 150.000 militari, dalla categoria dei Marescialli giungono invece dati allarmanti.
Per effetto del già citato provvedimento di «riordino dei ruoli e delle carriere» (D.Lgs. 29 maggio 2017, n. 94), nel corso del 2018 si è infatti registrata un’impennata nel ruolo dei Marescialli; questo perché al suo interno sono transitati Sergenti e Volontari in Servizio Permanente (arruolati ai sensi della Legge 958/1986).
In totale, ben 3.170 unità in più. E così, quel percorso di riduzione che già prima del 2018 si era rivelato difficoltoso, adesso viene bruscamente interrotto; anche per i prossimi anni, infatti, i numeri continueranno a rimanere elevati, mettendo così sempre più a rischio gli obiettivi della stessa Legge 244/2012. Analogamente, una drastica riduzione si registra nel ruolo dei Sergenti (-3.024 unità), in quello dei Volontari di Truppa sia in Servizio Permanente, sia in Ferma Prefissata (rispettivamente: -409 e -1.063 unità) e in quello degli Allievi (-10 unità). Alla fine, il confronto tra il modello a 150.000 militari previsto nel 2024 e la situazione nel 2018 si trasforma nella seguente tabella:
Anno 2024 | Anno 2018 | Differenza | |
Ufficiali | 18.300 | 21.851 | +3.551 |
Marescialli | 18.500 | 49.772 | +31.272 |
Sergenti | 22.170 | 15.583 | – 6.587 |
Volontari Servizio Permanente | 56.330 | 53.171 | -3.159 |
Volontari Ferma Prefissata | 34.700 | 28.644 | -9.056 |
Allievi/scuole militari | 2.058 | ||
Totale | 150.000 | 171.079 |
Dati allarmanti, che dimostrano come a essere in enorme/profonda difficoltà non sia tanto il processo di riduzione degli organici quanto, piuttosto, quello di riequilibrio fra le varie categorie di Personale. Tanto che (alla fine) immaginare come possa essere riassorbito l’eccesso di oltre 31.000 Marescialli, nel giro di soli 6 anni, diventa un esercizio pleonastico.
Non solo. A questo punto e in queste condizioni, il propagandato “nuovo Modello Professionale” facente perno su di una maggior percentuale di personale giovane (in Ferma Prefissata, l’unico rimedio per contrastare la tendenza a un aumento dell’età media del Personale), con una cresciuta attenzione sulle prospettive di reinserimento nel mondo del lavoro dopo l’esperienza militare, difficilmente potrà vedere la luce.
Anzi, come testimoniato dal Capo di Stato Maggiore della Difesa in una recente audizione di fronte alle Commissioni Difesa, si cominciano già a manifestare le prime difficoltà di reclutamento per i VFP in ferma prefissata di 1 anno. Questa esigenza, di fatto già teorizzata dal Libro Bianco della Difesa del 2015, dovrebbe infatti fare perno su strumenti che agevolino l’esodo dei ruoli in eccesso e, al tempo stesso, favoriscano l’ingresso di figure più giovani; queste però devono poter godere di sbocchi lavorativi più favorevoli, visto che a un crescente numero di loro verrebbe chiesto di servire a tempo determinato sotto le armi.
La realtà è che di tutto questo non c’è praticamente nulla (anzi, per esempio, un meccanismo utile come quello della “riserva assoluta” è stato addirittura eliminato) e il sistema si sta “inceppando”.
Come si possa dunque pensare, in questo clima di difficoltà (accentuato dai tagli di bilancio prossimi venturi) di rivedere in prospettiva la consistenza organica delle Forze Armate, andando oltre il numero di 150.000 militari previsto dalla Legge 244/2012 appare perfino un mistero inesplicabile. Eppure tutti i Capi di Stato Maggiore (della Difesa, così come di singola Forza Armata) si sono espressi in questi termini, prontamente appoggiati dalla Ministro; come se già adesso le storture e gli squilibri non fossero evidenti, come se non mancassero segnali di un ulteriore peggioramento.
Sullo sfondo, infatti, prospettive ancora più cupe; con la stessa ministro che, fin dal primo giorno del suo insediamento, ha provveduto a mettere in chiaro come la sua priorità sarà il Personale. Concetto che, in sé, non può certo essere contestato; le Forze Armate sono pur sempre e comunque composte di uomini e donne.
Poi però si deve anche aggiungere che se tale attenzione diventa esclusiva (dimenticando cioè di tutto ciò che ruota attorno a questi militari, come per esempio i concetti di efficacia ed efficienza dello Strumento Militare nel suo complesso) e se tale attenzione si traduce nell’appiattimento delle specificità del ruolo dei militari (da cui una trasformazione in comparto del pubblico impiego qualsiasi; con tutto il dovuto rispetto parlando…) è evidente che qualcosa non quadra più.
Tra l’altro, anche sul fronte del Personale civile non è che le cose vadano meglio; qui si conferma il trend di discesa verso le 20.000 unità previste al 2024; il problema però è che partendo dai 26.637 dipendenti a oggi in capo all’Amministrazione Difesa, per raggiungere i livelli previsti fra 6 anni sarebbe necessaria un’accelerazione che a oggi non è in vista. Senza dimenticare il tema della graduale perdita di professionalità che difficilmente trova momenti di ricambio.
Funzione Difesa, tocca all’Esercizio
Come si è avuto modo di spiegare già in occasione dell’analisi sul DPP dell’anno passato, il dato apparentemente positivo (se si così si può definire…) dell’Esercizio sotto forma di un parziale recupero di risorse negli ultimi 2 anni, in realtà presenta alcuni punti “oscuri”.
Ciò che è accaduto infatti nell’ultimo biennio è stata l’inclusione di alcune voci prima assenti in fase di bilancio previsionale perché stanziate in un secondo momento; si tratta del cosiddetto “Fondo Scorta” e, più in particolare, delle “Riassegnazioni”.
Se dunque è da cogliere con un (prudente) apprezzamento l’incremento di 147,6 milioni di euro sul 2017 (+11,6%), fino a raggiungere i 1.418,8 milioni, è innegabile che la situazione rimanga comunque critica. Un solo dato su tutti: i quasi 360 milioni di euro di debito dell’Amministrazione Difesa per il mancamento pagamento di fatture connesse alle utenze e all’erogazione di servizi a suo favore. Un “mostro” che non si riesce ad abbattere e che anzi, per effetto degli interessi di mora, continua a crescere.
Certo, è vero che quasi tutte le voci principali («Formazione e Addestramento», «Manutenzione e Supporto», «Funzionamento Enti, Comandi e Unità», «Esigenze Interforze», con la sola eccezione delle «Infrastrutture») presentano un segno “più” in termini di risorse. Al tempo stesso però, sono ormai 10 anni che l’Esercizio vive una condizione di pesante sottofinanziamento. Un periodo di tempo troppo prolungato e che sta lasciando i segni.
Ed è in questo contesto che diventano fondamentali tutte quelle voci di entrata che consentono di ammortizzare gli effetti negativi.
In primo luogo, il Fondo per le missioni internazionali; questo, da qualche anno gravitante intorno al miliardo di euro per quanto di competenza della Difesa, vede circa il 35% delle risorse destinate al Personale e il restante 65% al funzionamento. È proprio in quest’ultima voce che la Difesa riesce a recuperare parzialmente i fondi da destinare all’addestramento del personale e all’approntamento/ricondizionamento dei mezzi.
Qualche ulteriore risorsa aggiuntiva proviene dalle attività svolta da Difesa Servizi S.p.A. e dalle permute effettuate dalla Difesa; si tratta peraltro di cifre che non consentono certo di risolvere i problemi ma solo di alleviarli (molto in parte).
Alla fine, il contributo più importante arriva dall’impiego di risorse interne; grazie infatti al programma SO.FU.TRA. (Sostegno Funzionale alla Transizione), si procede all’utilizzo di risorse in conto capitale iscritte nel capitolo dell’Investimento per finanziare non solo ammodernamenti minori ma anche diversi interventi collegati al funzionamento e all’operatività dello Strumento Militare.
Per il 2018 si rendono disponibili ben 492,1 milioni di euro, una vera e propria “boccata di ossigeno” per le esauste risorse dell’Esercizio; d’altra parte però, è evidente che in questo modo si finiscono con il ridurre (e neanche di poco) le risorse dedicate all’Investimento vero e proprio. Insomma, se non siamo al “gioco delle 3 carte”, poco ci manca.
Alla fine il dato resta evidente: tra riassegnazioni, fondi MEF per missioni all’estero, SO.FU.TRA., permute eccetera, l’Esercizio stesso diventa una sorta di “puzzle” di finanziamenti difficilmente quantificabili e provenienti da una pluralità di fonti diverse, per uno sforzo privo di organicità (si pensi al ristoro di fondi che avviene in ritardo rispetto al manifestarsi dell’esigenza) e di stabilità finanziaria nel corso del tempo. Quando si arriva al punto di ammettere, e non da oggi, che senza le missioni all’estero e i relativi finanziamenti, già oggi l’attività delle Forze Armate sarebbe pressoché vicina al blocco totale, è evidente che la situazione è davvero degenerata.
Poi va bene puntare all’attuazione del programma di dismissione e razionalizzazione degli immobili non più necessari, va bene attuare ogni misura di razionalizzazione in senso interforze e ricercare ogni possibile risparmio, va bene pensare di mettere in piedi la “Struttura Progetto Energia” per procedere a un generale processo di efficientamento energetico.
Però il concetto di efficienza va costruito giorno per giorno perché la formazione e l’addestramento devono essere un processo continuo, la manutenzione e il supporto di mezzi/sistemi nonché delle infrastrutture deve essere un processo altrettanto costante, al pari del soddisfacimento di ogni singola esigenza quotidiana.
Quando nel giro di pochi anni, le risorse crollano di quasi il 50% e tale condizione di ipofinanziamento si ripete da ormai troppo tempo, i danni prodotti non possono che essere pesanti; e più a lungo dura questa condizione, più profonde e più estese saranno le conseguenze.
L’investimento, ovvero: la quiete prima della tempesta?
Uno dei capitoli di spesa più colpiti da parte del Governo Renzi, così come da altri Governi in passato, è stato sicuramente quello dell’Investimento. Al contrario, negli ultimi 2 anni si è registrata una certa ripresa degli stanziamenti; soprattutto per effetto del maggior contributo offerto dal MISE. Come spesso accade però, i numeri da soli non bastano a spiegare tutto; si è infatti appena affrontato il tema del programma SO.FU.TRA., con la ormai rilevante portata economica; positiva per l’Esercizio, meno per l’Investimento stesso. In altri termini, la teorica nonché relativa migliore salute di questo capitolo di spesa spesso pubblicizzata diventa, in realtà, un concetto molto discutibile.
Ma veniamo alle cifre.
Per quanto riguarda le risorse iscritte nel bilancio della Difesa, per il 2018 si rendono disponibili fondi pari a 2.305,5 milioni di euro; si tratta di 164,4 milioni in più rispetto al 2017, pari a un +7,7%. Di questi, 2.255,8 milioni sono destinati all’«Ammodernamento e Rinnovamento» mentre i restanti 49,7 coprono la voce «Ricerca e Sviluppo».
A questi si aggiungono 2.776,6 milioni resi disponibili dal MISE anche se su questi stanziamenti si registri un singolare “balletto” di cifre. In occasione della già citata audizione del Capo di Stato Maggiore della Difesa tenutasi il 1°agosto scorso, quest’ultimo aveva riferito di un contributo MISE pari a 2.670 milioni.
Adottando invece la somma delle cifre collegate a ogni «Programma Operante» finanziato da questo Ministero, si ottiene la cifra di 2.462.4 milioni. Sennonché, la cifra finale indicata dal DPP è invece fissata in 2.776,6 milioni. Insomma, un “diluvio” di numeri rispetto ai quali non è sempre agevole muoversi; in questo senso, appare auspicabile un maggiore sforzo in termini di chiarezza, al fine di poter quantificare con precisione l’esatto sforzo finanziario.
La scelta più logica appare quella di tenere conto dei dati riportati sempre nel DPP; dunque, i 5.083,1 milioni di euro disponibili nel 2018 (quale somma degli stanziamenti del MinDife e del MISE) si vanno a confrontare con 4.979,9 dell’anno passato. Il saldo è così positivo per 103,2 milioni (+2,1%). Certo, il miglioramento rispetto ad anni recenti quando si era precipitati fino a 4,4 miliardi, evidentemente c’è.
D’altra parte è anche vero che oramai da molti anni si registrano periodicamente variazioni negative, talvolta anche violente; simili fluttuazioni, unite alla considerazione che comunque l’Investimento rimane molto al di sotto della soglia minima di risorse utili a garantire un passo adeguato in termini di «Ammodernamento, Rinnovamento/Ricerca e Sviluppo», fanno sì che anche su questi delicati temi si renda comunque necessaria una profonda riflessione. Per esempio, ricorrendo a nuovi strumenti come quella Legge Sessennale proposta dal Libro Bianco, che potrebbe essere utile a garantire una maggiore stabilità.
Seguendo uno schema inaugurato con il Documento dell’anno passato, di cui quello di quest’anno riprende la veste grafica e l’impianto generale, la lunga disamina dei programmi di investimento comincia con l’elenco e una sommaria descrizione dei programmi di prossimo avvio; proprio quelli contrassegnati dall’introduzione delle “singolari” classificazioni adottate in ambito Difesa, con relative icone…
Quindi, prosegue con quelli che allo stato attuale risultano ancora privi di finanziamento (e che dovrebbero partire non appena dotati dei relativi fondi).
La rassegna si conclude infine con quelli già operanti.
Ma prima di affrontare questo argomento così “corposo”, qualche breve cenno al capitolo della «Ricerca e Sviluppo». Sul fronte delle risorse, il DPP, oltre ai 49,7 milioni stanziati per il 2018, prevede cifre in ulteriore diminuzione fino a 48,1 milioni nei prossimi 2 anni. Per quanto riguarda i progetti, la stragrande maggioranza (quasi l’82%) di quelli finanziati fanno parte del “Piano Nazionale di Ricerca Militare”; percentuali minori interessano invece in quelli condotti in ambito EDA (European Defence Agency) e ETAP (European Technology Acquisition Program), con il restante 10 % circa occupato da collaborazioni multilaterali. Sempre in tema di percentuali ma questa volta con riferimento al settore d’interesse, i «Sistemi e armamenti Terrestri» ricevono circa il 40% dei finanziamenti, a seguire quelli «Navali», poi quelli «Aereonautici», quindi quelli «Informatici e tecnologie avanzate», l’«Area sanitaria» e infine (assolutamente marginale) la «Gestione documentale per la Difesa».
Investimento: i «Programmi di prossimo avvio»
L’elenco parte con 3 programmi racchiusi nel «Piano Spaziale della Difesa»: quello relativo a micro-satelliti NEMOSAT con 3 milioni di euro nel triennio 2018-2020, il «MUltinational Space-based on Imaging System – Common Interoperability Layer (MUSIS CIL)» di 148 milioni di euro totali di cui 12 nel triennio e poi il «SST/SSA (Space Surveillance and Tracking/Space Situational Awareness)» con 25 milioni di euro in totale, 5 dei quali nel triennio. Sempre in tema di sistemi spaziali, prosegue il «COSMO Skymed 2nd Generation»; 212 milioni è l’impatto finanziario complessivo, 122 dei quali previsti sempre nel triennio.
Segue il programma relativo alla 2ª fase del «New Generation Identification Friend or FOE – NGIFF», che assorbirà 150 milioni in totale e 45 nel triennio.
Un articolato programma di «Ammodernamento della mobilità terrestre delle Forze Speciali» è destinato a impegnare risorse pari a 40 milioni, quasi tutte concentrate (35 milioni) nel triennio. Sempre in tema di Forze Speciali, si segnala quello destinato all’acquisto di «Elicotteri da trasporto ad autonomia estesa», cioè una versione dedicata del CH-47F; in totale, sono 528,3 i milioni di euro previsti fino al 2026 e di questi sono 126,3 quelli ipotizzati nel periodo 2018-2020.
Di impegno temporale ridotto si presenta poi quello relativo alla «Ricerca Tecnologica militare», con 10 milioni nel biennio 2018-2019.
Una forte (e doverosa) attenzione sarà dedicata alla «Digitalizzazione della Difesa, mantenimento delle misure di sicurezza informatiche e potenziamento della rete». Qui lo stanziamento complessivo raggiunge i 524,5 milioni fino al 2023; di questi, sono però pochi i fondi previsti nel 2018-2020: appena 24 milioni.
Balzato agli onori della cronaca per le evidenti difficoltà nella fase di approvazione parlamentare, c’è poi il programma dedicato all’acquisto di «Aeromobili a Pilotaggio Remoto di nuova generazione»; si tratta come noto del sistema di categoria MALE (Medium Altitude, Long Endurance) P2HH. Lo stanziamento è pari a 766 milioni di euro fino al 2032; i milioni invece programmati per l’attuale triennio sono 244,6.
Altro tema caro alla Ministro della Difesa è, come noto, quello del ”duplice uso”; in questo campo si distinguono così i programmi relativi a «Reintegro mezzi e dotazione impiegati in attività “dual use”» e «Mezzi per soccorso in pubbliche calamità». Il primo assorbe 41,3 milioni tra questo e il prossimo anno; il secondo, ben 380 milioni fino al 2027 con 65 milioni nel periodo 2018-2020.
Per i mezzi terrestri, si segnalano sia gli «Interventi di protezione sui veicoli blindati», e cioè un sistema di contromisure attivo per i VBM Freccia, sia quello del «Carro armato Ariete», inteso come programma di Ammodernamento di Mezza Vita (AMV). Il primo assorbe 25 milioni di euro, quasi tutti nel triennio (18 milioni). Il secondo è ben più “corposo”, con i suoi 421,7 milioni fino al 2029 ma (al tempo stesso) con poche risorse nel triennio: non più di 35 milioni.
Detto delle «Cifranti KIV 7M», programma con un modesto impatto finanziario di appena 1,6 milioni di euro, di una certa rilevanza si presenta l’insieme delle proposte in campo navale.
Si comincia con il «Sistema missilistico superficie-superficie Teseo Mk2 Evolved»; destinato a completarsi nel 2025 per un importo complessivo di 150 milioni; per il periodo 2018-2020 è invece previsto un impegno pari a 40 milioni. Si prosegue poi con gli «U-212 3ª serie».
Si tratta ovviamente della prosecuzione del programma dei sottomarini U-212; qui però si parla di un importo complessivo elevato, apri a 2.305 milioni che, a logica, indica un requisito per 4 battelli. Tuttavia, nel DPP si precisa che a oggi sono disponibili solo 806 milioni fino al 2033, 26 soli dei quali nel triennio. Conclude questa sezione, la «Unità navale SDO SuRS, Special & Diving Operations Submarine Reserve Ship», una nave che in questi ultimi anni ha cambiato più volte denominazione ma che (in estrema sintesi) dovrà svolgere i compiti di soccorso ai sottomarini e di supporto alle operazioni subacquee; qui i milioni stanziati fino al 2032 sono 424, mentre nel triennio sono previste risorse pari a 102 milioni.
Diversi sono i programmi previsti in ambito aeronautico. Si comincia con «Ammodernamento dei radar ATC (Air Traffic Control)»; 152 milioni fino al 2032 e 21 milioni nel triennio. Si prosegue con i «Veicoli antincendio aeroportuali Dragon» che assorbiranno 46 milioni fino al 2027 (7 milioni nel triennio). Quindi è la volta della «Capacità aerea non convenzionale» in ottica di protezione delle forze in ambiente contaminato; un programma concentrato nel biennio 2018-2019 per un totale di 45 milioni. Infine, la «Autoprotezione velivoli della Difesa», destinato ai velivoli di tutte le Forze Armate, dell’importo di 230 milioni fra il 2018 e il 2030 (40 milioni nel triennio 2018-2020).
Da segnalare anche l’inserimento del programma «SICOTE Difesa 4ª fase» che però riguarda l’Arma dei Carabinieri, per le sue funzioni di prevenzione e controllo del territorio quale forza di Polizia; con ricadute marginali sulle sue funzioni in ambito Difesa.
La Programmazione priva di finanziamento
Se dunque la lista dei programmi che dovrebbero essere avviati a breve risulta ampia, articolata e con iniziative di notevole importanza, addirittura “imponente” diventa quella legata alla programmazione priva di finanziamento. Si tratta di quei programmi già individuati dalla Difesa ma che, per l’appunto, non dispongono di copertura finanziaria. Non prima di aver evidenziato che pure questi subiscono la stessa sorte dei precedenti; a ciascun programma vengono infatti abbinate una o più di quelle “simpatiche” icone che dovrebbero identificarli in accordo alle linee programmatiche del Dicastero su “Duplice uso e Resilienza”.
Divisi quindi per Capacità Operative Fondamentali (COF):
- «Preparazione delle Forze», 9 programmi da finanziare per un importo totale stimato di 1.192,8 milioni di euro; tra questi: ammodernamento delle infrastrutture della Difesa, nuovo elicottero leggero da addestramento, velivoli leggeri da addestramento, sistemi di simulazione.
- «Proiezione delle Forze», 5 programmi per un totale di 120,2 milioni di euro; tra gli altri, interventi sulla componente da trasporto aereo, completamento dell’«Hub aereo nazionale», acquisto dei sistemi di bordo per i velivoli MC-27J Pretorian.
- «Protezione delle Forze e Capacità di ingaggio», ben 18 programmi con un importo complessivo di 4.838,2 milioni di euro; tra questi: potenziamento delle «capacità Forze Speciali», prolungamento servizio dell’elicottero AH-129D, rinnovamento parco veicoli (tattici, blindati leggeri, blindati anfibi, specialistici), completamento delle capacità CBRN (Chimico, Batteriologico, Radiologico, Nucleare), dotazioni iniziali in termini di armamento per l’F-35, prosecuzione del programma del missile superficie/superficie Marte, acquisizione di sistemi C-RAM (Counter-Rocket, Artillery, Missile), acquisizione di Sistemi Individuali di Combattimento (SIC), ammodernamento delle versioni derivate carro Leopard, l’ammodernamento delle capacità di supporto di fuoco, sviluppo/ realizzazione/ acquisizione di veicoli corazzati trasporto truppe, potenziamento/ adeguamento della linea Predator, sviluppo radar Kronos Grand per il sistema SAMP/T, estensione della vita operativa del missile Storm Shadow, rinnovamento della linea pattugliatori OPV (Offshore Patrol Vessel), sviluppo di nuovi sistemi controcarro e, infine, rinnovo della capacità difesa aerea nazionale a corto-medio raggio (cioè il sistema CAMM-ER, “brutalmente” ritirato ancora prima dell’avvio dell’esame parlamentare).
- «Sostegno delle Forze», con un totale di 17 programmi e un valore complessivo di 4.642.3 milioni di euro; tra questi, nuove unita LSS (Logistic Support Ship), ripianamento scorte e vari ammodernamenti minori, completamento flotta elicotteri HH-139, supporto/ Mid Life Update (MLU) per le fregate FREMM, acquisizione di munizionamento, rinnovamento della logistica portuale.
- «Consultazione, Comando e Controllo (C3)», 15 programmi per un totale di 747,4 milioni di euro; al centro dello sforzo su questa COF, tutta una serie di interventi sulle reti/sistemi della Difesa intesi come ammodernamento, potenziamento e aumento della sicurezza in chiave “cyber defence”.
- «Superiorità Decisionale», qui i programmi sono 8, per un totale di 616,7 milioni di euro; sono da segnalare i programmi di acquisizione di velivoli a pilotaggio remoto di classe Micro e Mini (destinati anche all’imbarco su natanti e per l’equipaggiamento delle Forze Speciali), implementazione del piano spaziale della Difesa, sviluppo/ acquisizione di sistemi di raccolta/analisi/disseminazione dati per il Reparto Informazione e Sicurezza della Difesa, acquisizione di velivoli dotati di sensori per la scoperta della minaccia aerea.
I «Programmi operanti»
Anche in questo caso, ovviamente, il DPP sviluppa l’elenco in questione utilizzando lo schema delle COF. Si parte dunque con il capitolo della «Preparazione delle Forze»; qui si evidenziano gli stanziamenti per il PISQ (Poligono Sperimentale e di Addestramento Interforze) di Salto di Quirra che riceverà 14.4 milioni di euro per ciascuno degli anni che vanno dal 2018 al 2020, anno di prevista conclusione. Le infrastrutture della Difesa ricevono 92,6 milioni nel 2018, altri 88 e 78 negli anni successivi; dopo di che sono previsti 274,1 milioni fino al 2023.
Le infrastrutture NATO assorbono invece una somma intorno ai 66 milioni annui fino al 2020 e altri 198,9 fino al 2023.
Ancora in tema di infrastrutture, il piano Brin per la Marina è destinatario di 9,8 milioni per il 2018; negli anni successivi si passa a 7,4 e 5,4 milioni. Sempre in ambito Marina, si accenna agli stanziamenti di 0,3 milioni all’anno fino al 2023 per la segnaletica Marittima e gli 0,4 milioni per il solo 2018 destinati al Maritime Theatre Missile Defence Forum (MTMDF).
Passando invece all’Esercito, si segnalano gli 11,9 milioni sul 2018 per sistemi di simulazione «Constructive» e «Live» (con somme modestissime per gli anni fino al 2020); oltre alla realizzazione di un centro «Security Assistance Force» (SFA) che riceve quasi 3 milioni di euro nel biennio 2018-2020.
Per l’Aeronautica, continuano i programmi per gli addestratori T-346 e T-346. Il primo riceve 31 milioni nel 2018 e nel 2019, più altri 85 nel 2020; nel triennio successivo giungono ulteriori 205 milioni e poi, fino al completamento nel 2028, gli ultimi 185 milioni. Il T-346 riceve risorse pari a 84, 36 e 9 milioni da quest’anno fino al 2020 (di previsto completamento).
Infine, un lungo elenco di interventi relativi a “Infrastrutture e mezzi delle Difesa”, “bonifiche”, “adeguamenti per difesa del suolo/dissesto idrogeologico”, “prevenzione del rischio sismico”, “realizzazione di alloggi Difesa” e “dismissioni di mezzi”; si tratta di programmi che in alcuni casi hanno una durata molto ampia (fino al 2032) e che complessivamente nel corso della loro implementazione assorbiranno risorse fino a 1,5 miliardi di euro.
Nella seconda COF, «Proiezione delle Forze», è la Marina a recitare il ruolo principale. Prima di tutto con nave Cavour che riceve 13,7 milioni di euro dal 2018 fino al 2020. E poi con la LHD, destinataria di risorse pari a 293,7 milioni per il 2018, cui seguiranno 113,8 e 109,2 milioni per gli anni successivi; altri 214,1 milioni sono disponibili fino al 2023 e (infine) gli ultimi 76,2 milioni coprono il programma fino al 2033.
Detto brevemente del programma legato alla capacità di aviolancio di RHIB da velivolo C-130J (2,2 milioni nel biennio), è la volta dei programmi aeronautici. Si comincia con lo stesso C-130J e i relativi 6,5 milioni stanziati nel 2018. Si conclude con l’elicottero (per l’Esercito Italiano e la Marina Militare) NH-90. Qui gli stanziamenti saranno (forse…) di 200 milioni sul 2018, altri 252 sull’anno prossimo e 247 per il 2020. Seguiranno 364 milioni nel triennio successivo 2021-2023 mentre gli ultimi 170 milioni per il completamento del programma arriveranno nel 2024.
Quale breve nota a margine, si ricorda che il programma relativo alla LHD (al pari di tutte le unità inserite nel “programma navale” e cioè: LSS, PPA e UNPAV) e quello agli NH-90 sono finanziati dal MISE.
Nel settore della «Protezione delle Forze e Capacità di ingaggio» sono, ovviamente, concentrati molti dei programmi più importanti per le Forze Armate; sia da un punto di vista operativo che da quello finanziario.
In ambito Interforze spicca l’F35; una vicenda sulla quale questo Paese dimostra in pieno la sua più profonda immaturità e, non meno importante, la propria incapacità di decidere. Nonostante il fatto che, ormai, le ragioni di una sua conferma nei numeri previsti (al più, con delle correzioni sulla questione F35B per l’Aeronautica Militare) siano più che solide. Ora, l‘attuale Ministro della Difesa ha promesso una nuova analisi (l’ennesima…), in base alla quale si deciderà cosa fare; con eventuali e ulteriori riduzioni che però sarebbero, con tutta evidenza, segnate più da motivi di opportunità politica che non altro.
Ciò detto, L’F35 nel frattempo continuerà (probabilmente) a ricevere i fondi previsti alla luce dei contratti già stipulati; 745 milioni per quest’anno, 766 per il prossimo e 783 per il 2020. nel triennio 2021-2023 sono previsti 1.447 milioni.
Rimanendo in ambito interforze, gli interventi in campo «Cyber defence/Cyber security» ricevono 14 milioni quest’anno, 16 nel 2019, 5 nell’anno successivo e un totale di 22,7 milioni tra il 2020 e il 2023; fino al 2032 sono poi previsti 61,35 milioni.
Passando ai programmi per l’Esercito, si comincia con il «Futuro EES (Elicottero da Esplorazione e Scorta)» che presenta un piano di stanziamenti con 46,5 milioni per il 2018, 55 per il 2019 e 54,5 per il 2020; nel triennio successivo ci sono 270,3 milioni e, infine, altri 420 milioni fino al 2027. Il FSAF SAMP/T è previsto che si completi al 2020 con stanziamenti di 20,8 milioni nel 2018, altri 16,1 nel 2019 e 16,1 nel 2020. E’ da notare invece che l’evoluzione di questo sistema, con il missile B1NT sta da poco dispiegando i suoi effetti; tra il 2018 e il 2020 si spenderanno 35, 11 e quasi 28 milioni, nel triennio successivo si salirà a 120 milioni e fino al 2029 la somma sarà di 236,6 milioni.
Prossimi al completamento anche i programmi legati al radar contro-fuoco, con gli ultimi 1,5 milioni erogati quest’anno, e il sistema di difesa attiva per FOB (Forward Operating Base) che riceve 5,4 milioni nel 2018 e 2,9 nel 2019. Alquanto singolare lo “0” nella casella dei finanziamenti per il 2018 relativo al VBM Freccia, seguito da 80 e 90 milioni per i prossimi 2 anni, 186 nel triennio successivo e ulteriori 1.144,8 fino 2032 (tutti da verificare). Sempre nel settore dei mezzi ruotati, troviamo il programma Centauro 2, la cui progressione dei fondi è la seguente: 70, 30 e 35, più altri 98,3 nel successivo triennio 2021-2023 e, infine, altri 658,4 milioni fino al 2030. La rassegna prosegue con il VTLM 2 Lince che tra il 2018 e il 2020 riceverà in tutto 45,9 milioni. Concludono la rassegna 2 programmi apparentemente secondari; «Mezzi e materiali per le Forze Speciali» con circa 11,5 milioni di euro tra il 2018 e il 2020; più i disturbatori portatili con un totale di quasi 7,5 milioni nello stesso biennio.
A titolo d’informazione, si evidenzia che il futuro EES, il VBM Freccia, il Centauro 2, il VTLM 2 e il missile B1NT sono finanziati con fondi MISE.
Rimanendo in ambito «Protezione delle Forze e Capacità di ingaggio», è il turno della Marina.
Rapidamente trattato il programma di “Ricerca e Sviluppo prototipi navi” oramai prossimo al completamento con gli ultimi 1,6 milioni, la rassegna si apre con il piano di ammodernamento delle Forze Speciali-GOI (Gruppo Operativo Incursori) che riceve 15, 14 e 10 milioni negli anni tra il 2018 e 2020; altri 30 sono previsti nel triennio successivo e ulteriori 40 fino al 2027. Ricco anche il “menù” delle unità navali. Si comincia con l’Ammodernamento di Mezza Vita (AMV) per i cacciamine della classe Gaeta e 32,6 milioni complessivi per il triennio 2018-2020; stesso arco temporale per i cacciatorpediniere classe Orizzonte e una dotazione complessiva di 30,3 milioni, nonché per gli U-212 1ªserie con 27,8 milioni sempre tra il 2018 e il 2020. Ben diverso è il profilo finanziario e temporale per le altre unità più recenti.
Le FREMM prevedono infatti stanziamenti di 303 milioni per il corrente anno, circa 379 per il 2019 e 290 l’anno dopo; circa 282 sono i milioni programmati nel triennio successivo e altri 306 fino al 2025.
Ancora più ampio l’impatto per i PPA; 368 milioni circa per il 2018, 515 per l’anno prossimo e, infine, 528 per il 2020; decisamente importante la somma concentrata nel periodo 2021-2023 con 1.247 milioni mentre per il completamento del programma al 2034 si prevedono (appena) altri 489 milioni. Infine, le UNPAV: 2,4 milioni di euro tra il 2018 e il 2023, altri 1,4 fino al 2027. La stessa Marina è inoltre coinvolta in diversi programmi di armamento. Come il Nuovo Siluro Pesante (NSP) che riceve 12,5 milioni tra questo e il prossimo anno ma che vede poi un buco di finanziamenti fino almeno al 2024; da lì in poi sono previsti altri 113 milioni fino al 2030 (?).
Una situazione non molta diversa dal munizionamento Vulcano; anche in questo caso ci sono 3,7 milioni solo sul 2018 mentre altri 35 arriveranno solo dopo il 2024 e fino al 2032. Sono invece prossimi alla loro naturale conclusione i programmi del siluro MU-90 (5,3 milioni residui in questo biennio) e del missile controcarro Spike (1,6 milioni, sempre nel 2018-2019).
Nella consueta distinzione tra i diversi programmi, come noto quello relativo alle FREMM (oltre a PPA e UNPAV) è a carico del MISE.
Per l’Aeronautica, l’analisi ha inizio del missile Meteor; poco più di 25 milioni previsti in questo triennio, altri 22, in quello successivo e ulteriori 7,7 fino al 2024. Vicino alla conclusione il percorso relativo a un altro missile, l’AGM-88E Advanced AntiRadiation Guided Missile (AARGM); poco più di 60 milioni fino al 2020. Così come (non senza una certa sorpresa) quello di ammodernamento dello Storm Shadow, con appena 2 milioni per il solo 2018. Prima di affrontare il tema legato ai velivoli, ancora qualche nota per il «Potenziamento della capacità delle Forze Speciali» (2,6 milioni totali per il biennio 2018-2020), le capacità di contrasto nei confronti dei mini/micro APR (5 milioni nello stesso biennio) e la prosecuzione dello sviluppo della versione JEDI (Jamming Electronic and Defense Instrumentation) del C-27J (11 milioni nel medesimo arco temporale).
Per ciò che riguarda per l’appunto l’argomento velivoli, 3 sono i programmi operanti. Quello dell’Eurofighter Typhoon, ancora finanziariamente “corposo”: 606 i milioni stanziati quest’anno, 598 il prossimo e 580 quello dopo. Nel triennio 22021-2023 si raggiunge la cifra di 741 milioni e, infine, 676 sono quelli previsti fino al 2024. L’ammodernamento del Tornado prevede (o prevedrebbe) circa 138, 128 e 133 milioni in questi 3 anni; altri 212,4 saranno poi stanziati tra il 2021 e il 2023 per un programma, a quel punto, sarà quasi concluso visto che (con altri 17 milioni) si arriverà al 2025. Infine, l’elicottero HH-101 CSAR che procede in maniera omogenea: 134 milioni per quest’anno più 118 e 121 per quelli successivi; 124 saranno i milioni per il triennio seguente e altri 155 quelli destinati al suo rapido completamento successivo.
A conclusione del capitolo dedicato a «Protezione delle Forze e Capacità di ingaggio», si ricorda che i programmi coperti dal MISE sono quelli relativi all’Eurofighter Typhoon, all’HH-101 e (con un ridotto contributo dal bilancio ordinario della Difesa) all’ammodernamento dei Tornado.
Il settore del «Sostegno delle Forze», per sua stessa natura legata a esigenze più immediate, prevede molti programmi destinati a esaurirsi non oltre il 2020. Accade così per un «Programma articolato triennale di sostegno alle Forze», a carattere Interforze: 65,8 milioni per quest’anno e ben 786 milioni nel biennio successivo.
Lo tesso accade, sempre in ambito interforze al SO.FU.TRA. con i suoi 39,8 milioni sul 2018 e 59,8 milioni nel 2019-2020. Con lo stesso percorso per le attività di mantenimento delle capacità operative di satelliti (per le comunicazioni e per la sorveglianza); qui gli stanziamenti sono pari a 23,5 milioni su quest’anno e un totale di 39 per i 2 anni successivi. Molto “rapidi” e finanziariamente modesti invece quelli legati alla ricerca sanitaria (0,1 milioni nel 2018) e sulla manutenzione evolutiva della rete integrata Difesa (7,3 milioni per quest’anno).
In ambito Esercito, si avvia alla conclusione il programma dell’elicottero CH-47F con 41 e 19,5 milioni su questo biennio, mentre il supporto logistico del sistema missilistico FSAF riceve stanziamenti annui pressoché uguali di 35 milioni di euro fino al 2022. Il SO.FU.TRA. per l’Esercito vale quasi 187 milioni per il 2018, con finanziamenti decrescenti per i 2 anni successivi e cioè 112,6 e 55,4 milioni.
Passando alla Marina, spicca il programma della nuova Logistic Support Ship (LSS) che assorbe 88 milioni nel 2018, rapidamente in discesa negli anni successivi: 20 milioni nel 2019 e altri 3,4 l’anno dopo. Il triennio successivo riceve 10,3 milioni, per arrivare poi al 2029 con ulteriori 9 milioni. Sul fronte del supporto/mantenimento capacitivo dei velivoli in dotazione, ritroviamo gli interventi a favore degli EH-101 (42 milioni totali nel biennio 2018-2019) e degli NH-90 (28,1 milioni nello stesso periodo). Più ampio invece quello a favore degli AV-8B, con 37 milioni circa per il 2018, altri 22,6 per ciascuno dei prossimi 2 anni e 23,8 nel triennio successivo; la conclusione è prevista nel 2024, non prima di aver ricevuto altri 7,4 milioni. Infine, il SO.FU.TRA. per la Marina stessa vale 104,6 milioni per il 2018 e cifre decrescenti (72 e 32,5 milioni) nel biennio successivo.
Per l’Aeronautica, è riportato il solo SO.FU.TRA. di propria competenza, con 161 milioni stanziati nel 2018, ai quali seguono altri 115,6 milioni nel 2019 e altri 52,2 l’anno dopo.
Il capitolo dedicato alla «Consultazione, Comando e Controllo (C3)» è caratterizzato da molti programmi d’importo modesto e (anche in questo caso) con un orizzonte temporale limitato. Fra questi però si distingue quello relativo alla Forza NEC (Network Enabled Capabilty): 65 milioni nel 2018 e nel 2019, altri 58,2 nel 2020 e ulteriori 12 fino al 2021.
Per quanto riguarda gli altri, in ambito interforze troviamo il DII Software (11 milioni di euro nel biennio), algoritmi e cifratura per cifranti (6,6 milioni nel triennio), il MIDS-LVT (Multifunction Information Distribution System-Low Volume Terminal, con 3 milioni annui fino al 2026), la digitalizzazione/dematerializzazione degli archivi in ambito Difesa (0,3 milioni per quest’anno), il BRASS (Broadcast Ship An Ship Shore, con 8,9 milioni nel 2018), il programma SDR-N (Software Defined Radio-Nazionale, con 10,8 milioni tra il 2018 e il ’19), il NGIFF (New Generation Identification Friend or Foe, che riceve 10,5 milioni in questo biennio), nonché il programma di “Crypto modernization” legato a sviluppi in ambito NATO (6 milioni ancora in questi 2 anni).
Per l’Esercito, oltre a quella Forza NEC finanziata dal MISE, c’è il potenziamento della RIFON (Rete Integrata in Fibra Ottica Nazionale), dei ponti radio, dei satelliti e dei sistemi VOIP; qui il programma è più articolato e prevede 16,6 milioni nel triennio 2018-2020, altri 10,8 in quello successivo e, infine, ulteriori 15,6 milioni totali fino al 2026. Al fine potenziare la “Cyber Defence Capability”, si prevedono stanziamenti pari 10,5 milioni di euro fino al 2020, 5 milioni ulteriori nel triennio successivo e gli ultimi 9 “spalmati” fino al 2032.
In ambito Marina, il programma NILE (NATO Improved Link Eleven – Link 11) assorbe in totale 1 milione di euro fino al 2020.
Ricco di programmi di spicco anche lo sviluppo della COF collegata alla «Superiorità Decisionale». In ambito Interforze, a essere molto presenti quelli legati allo spazio; cioè i sistemi satellitari Helios 2 (13 milioni di euro nel presente triennio) e CSG (COSMO-SkyMed Second Generation, con 67,2 milioni tra questo e il prossimo anno), ai quali si aggiunge l’acquisto di terminali satellitari per l’impiego degli ATHENA-FIDUS (4 milioni nel presente biennio).
Inoltre, si segnala il MGCP (Multinational Geospatial Coproduction Program, con 3 milioni annui fino al 2020). Il settore velivoli comprende la prosecuzione del leasing per un velivolo SPYDR in funzione JAMMS (Joint Airborne Multisensor Multimission System) per un totale di 14,6 milioni fino al 2019. Prosegue anche il programma del P-72A con 14 milioni nel 2018, altri 10 annui nel prossimo triennio fino al 2021. A questi si aggiunge la quota legata al programma NATO AGS (Allied Ground Surveillance), in totale 16,4 milioni per questo e il prossimo anno.
Per l’Esercito, l’attenzione si punta sull’Electronic Warfare System Support Facility (EWSSF), destinato a completarsi proprio nel 2018 con gli ultimi 4,2 milioni.
Si torna poi al settore velivoli, ma in ambito Aeronautica. L’aggiornamento della piattaforma Predator riceve 10,3 milioni tra il 2018 e il 2019 (quasi tutti il prossimo anno); a questo si aggiungono i 6,2 milioni per questo anno destinati allo studio di definizione di un APR della categoria MALE (Aeromobile a Pilotaggio Remoto – Medium Altitude, Long Endurance) in ambito europeo.
La rassegna si conclude con il capitolo delle «Spese non riconducibili a capacità»; oltre alla già illustrata voce dedicata alla Ricerca Tecnologica (o Ricerca & Sviluppo), le cosiddette spese obbligatorie (63 milioni di euro quest’anno, circa 90 per i prossimi 2 e poi a seguire altri 255 nel triennio successivo) e quelle legate ad accordi/contenziosi (7 milioni di euro annui fino al 2023).
Il “fondone”
Una delle novità più interessanti dello scorcio finale della passata legislatura è stata l’istituzione del “Fondo per gli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese”. Istituito con la Legge di Bilancio 2017-2019 (Articolo 1, comma 140) esso prevede una dotazione 47,5 miliardi di euro tra il 2017 e il 2032. Con la successiva Legge di Bilancio (Articolo 1, comma 1072), tale fondo è stato rifinanziato con 36,1 miliardi di euro tra il 2018 e il 2033. In entrambi i provvedimenti sono presenti ingenti stanziamenti per il comparto Difesa, con risorse destinate sia al MinDife, sia al MISE; nel dettaglio circa 12,7 miliardi con il primo provvedimento (di cui 2,8 per il MISE) e circa 9,4 miliardi con il secondo (3,6 dei quali nel bilancio del MISE).
È innegabile che tale Fondo rappresenti un dato positivo per il comparto Difesa; con esso si dovrebbe assicurare il finanziamento di una molteplicità di programmi e interventi di grande importanza. Accanto però alle note positive, non si possono non ricordare i punti critici. In particolare, è evidente che la maggior parte delle risorse rese disponibili con l’Art.1co.140 finiscono con l’essere concentrate negli anni finali del piano; un problema che è stato risolto parzialmente con il successivo Art.1co.1072.
Sullo sfondo di entrambi, però pesa soprattutto la mancanza di una certezza sulla disponibilità di risorse nell’esatto momento in cui sarà necessario attingervi. Insomma, i dubbi che certi stanziamenti possano non materializzarsi sono reali.
Ciò detto, in attesa che si concluda il percorso dell’Art.1co.1072 (in termini di distribuzione puntuale delle risorse disponibili), per l’Art.1co.140, la ripartizione è stata completata.
Di seguito un primo elenco con principali programmi di acquisizione (alcuni dei quali già citati):
- P2HH (766 milioni), CH-47F ad autonomia estesa (528,3 milioni), elicottero multiruolo della Difesa (900 milioni), capacità auto-protezione dei velivoli della Difesa (230 milioni), APR delle classi mini/micro (71 milioni), capacità di contrasto APR (91 milioni), ammodernamento radar traffico aereo (152 milioni), SDO SuRS, cioè Special & Diving Operations Submarine Reserve Ship (424 milioni), unità del servizio idrografico (600 milioni), unità cacciamine (605 milioni), sistema missilistico Marte ER, AMV del carro Ariete (386,7 milioni), capacità operative per la difesa del territorio e il soccorso alla popolazione (426 milioni), piano spaziale della Difesa (180 milioni), sistemi di simulazione «Live, Virtual e Constructive» terrestri/Interforze/Interagenzia (94,7 milioni).
E un secondo con quello dei principali Interventi:
- rinnovamento «Cyber Defence» (243,3 milioni), potenziamento della rete informatica/ telecomunicazioni (524,5 milioni), potenziamento della capacità di intervento in eventi CBRN (18,1 milioni), bonifiche di infrastrutture/poligoni (919,9 milioni), ammodernamento/ adeguamento delle infrastrutture (3.999,8 milioni).
Sennonché, accanto alle possibili difficoltà appena ricordate e riferite alle caratteristiche peculiari del Fondo in oggetto, corre l’obbligo di allargare lo sguardo; quel tanto che basta per analizzare il “momento particolare” delle questioni legate al bilancio della Difesa e, nel suo complesso, le Forze Armate.
Dapprima, il già ricordato stato di “abbandono” in cui versa il programma P2HH; da mesi in discussione presso le competenti Commissioni Parlamentari, potrebbe essere adottato dal Governo comunque. Invece, esso appare ancora sospeso in una sorta di limbo.
Dopo di che è stata la volta del programma CAMM-ER che, appena presentato anch’esso in Parlamento, è stato rapidamente ritirato in base a ordini provenienti “dall’alto”. È da notare che anche questo avrebbe dovuto essere finanziato (545 milioni) con l’art.1 co.140; tanto da essere comunque ancora inserito nella lista dei “programmi in riserva di finanziamento”. Poi però, e allo stesso tempo, sparisce nuovamente dall’elenco proposto nel DPP con riferimento a quelli previsti dallo stesso art.1 co.140…
Poi è stata la volta della cancellazione del «Polo unico della Difesa» (altrimenti noto come “Pentagono italiano”), da realizzarsi presso il sedime aeroportuale “Francesco Baracca” di Centocelle; una struttura cioè all’interno della quale concentrare gli Stati Maggiori di tutte le FFAA, laddove sono già dislocati il SGD/DNA, il COI e il COFS. Anch’esso inserito nel “fondone” con una spesa prevista di circa 1,1 miliardi di euro, questo stesso programma è diventato così la prima “vittima eccellente” del nuovo corso perché testualmente: «…si tratta di un faraonico progetto di cementificazione dell’area romana…». Come se, tra gli altri, non esistettero importanti vantaggi funzionali/ operativi a fronte della realizzazione di una tale infrastruttura.
Quindi sono arrivate le indicazioni più precise dallo stesso DPP: «…si è proceduto ad articolare una rimodulazione decennale dei volumi finanziari destinati ai programmi NH-90, VBM 8×8 e Tornado mirata a ridurre i livelli di spesa nel brevissimo periodo. …, la manovra ha così consentito di recuperare, con riferimento al 2019, un volume pari a circa 370 milioni di euro …».
Infine l’esame combinato dello Stato di Previsione del Ministero della Difesa (e MISE) nonché del Disegno di Legge di Bilancio 2019-2021; un esame che fornisce indicazioni su nuove e più pesanti riduzioni di fondi per il 2019. Per ciò che riguarda il primo, pur nella difficoltà di estrapolare dei dati fruibili ai fini dell’analisi, traspare con forza una tendenza costituta da nuovo e importante aumento delle spese per il Personale, un modesto aumento dei fondi per l’Esercizio (ma solo per destinarli al funzionamento) e già un primo nonché consistente intervento riduttivo (tra tagli e riprogrammazioni) sulle risorse disponibili per l’Investimento. Laddove un analogo intervento (a conferma delle indicazioni provenienti dal DPP) si registra sui fondi messi a diposizione dal MISE.
Per quanto riguarda il DdL di Bilancio, in primo luogo si interviene con un ulteriore taglio genericamente definito sulle «spese militari» di 60 milioni di euro annui a decorrere dal 2019, più altri 531 milioni nel periodo 2019-2031 a valere sulle risorse inserite nel “fondone”. Inoltre, a valere sul bilancio del MISE si procede con un’ulteriore “riprogrammazione” delle spese per un totale di 168 milioni nei prossimi 3 anni sul programma Eurofighter e di altri 50 milioni di euro nello stesso triennio sul capitolo di spesa originariamente destinato al programma FREMM ma che (in seguito) è stato ampliato fino a comprendere anche il VBM Freccia; già nel 2019, saranno 78 i milioni “riprogrammati” e quindi non disponibili.
Nonostante dunque la necessità di dover comunque attendere che tali provvedimenti facciano il loro corso e si trasformino in Legge in modo da disporre di cifre precise, il dato di fondo è comunque evidente: la grande “caccia” è iniziata e per la “preda” Forze Armate ci sono poche speranze di cavarsela.
Ma soprattutto, tutto lascia intendere che un altro passo verso la trasformazione in “stipendificio” sia sta compiuto; per il prossimo anno infatti, a fronte dell’ennesimo aumento delle risorse per il Personale, è come detto l’insieme delle cifre contenute negli Stati di Previsione dei Dicasteri interessati, combinati con i provvedimenti contenuti nel DdL di Bilancio a far presagire un pesante intervento sull’Investimento; in totale, le prime e sommarie informazioni disponibili (bisognose però di ulteriori conferme) indicano una diminuzione di risorse sul 2018 pari a circa 900 milioni di euro, tra MinDife e MISE.
Laddove, evidentemente, un’analisi più precisa potrà essere svolta solo in presenza dei dati definitivi.
Il bilancio “integrato” della Difesa
Parlare di bilancio “integrato” della Difesa (nei termini nei quali è stato spesso declinato) appare un esercizio sempre più retorico. Da un lato infatti, tocca registrare le difficoltà con le quali dati e informazioni utili sono rese disponibili, da un altro la complessità di un bilancio che attinge a molti “rivoli” diversi (e con qualche problema d’intelligibilità), da un altro ancora, infine, la constatazione che soprattutto a livello internazionale le metodologie adottate per definire la “spesa militare” sono diverse.
Ciò precisato, al fine di ottenere un primo confronto omogeneo con gli anni passati, questa è comunque la situazione aggiornata:
Premesso che il dato sul “Fondo Missioni” del MEF (in assenza di notizie più puntuali sul recente rifinanziamento) è una stima, al pari di quella del contributo dei Carabinieri alla Funzione Difesa (utilizzando percentuali di calcolo “ufficiali” piuttosto generose), il 2018 si conferma un anno all’insegna del recupero; sono 545 circa i milioni di euro in più rispetto all’anno scorso, pari a +3,1%. Un recupero ancora più evidente rispetto al picco negativo del 2015.
Se infatti il 2016 e il 2017 avevano già segnato una prima inversione di tendenza, è giusto ricordare che quel ritorno al segno “più” era quasi integralmente dovuto all’aumento delle spese per il Personale. Anche così, il miliardo di euro di aumento rispetto al 2015 rimane pur sempre “drogato” dai circa 410 milioni di euro in più su quel capitolo di spesa.
Anche sul fronte del rapporto tra questo bilancio “integrato” della Difesa e il PIL si registra un leggero miglioramento; dall’1,01% del 2017 all’1,02% del 2018. Un miglioramento modestissimo che, oramai è certo, resterà isolato; già dal 2019 si tornerà infatti a scendere.
A rendere ancora più difficile la situazione, il tema della distribuzione delle risorse; secondo un calcolo sufficientemente puntuale, quel bilancio “integrato” della Difesa restituisce un Personale ancora sopra al 60%, un Esercizio attestato intorno al 12% e l’Investimento al 27%. Basterebbe ricordare però come quest’ultimo capitolo di spesa, in realtà, destini parte di propri fondi al secondo (con il SO.FU.TRA.) per capire come certi numeri possano anche ingannare.
Di più considerando che quasi tutte le valutazioni a livello internazionale tendono a integrare anche le somme destinate al pagamento delle pensioni al Personale ritirato dal servizio, applicando lo stesso metodo al nostro bilancio la voce del Personale stesso lieviterebbe in maniera consistente. Facendo risaltare ancora di più gli squilibri esistenti, oltretutto destinati ad acuirsi nel 2019 per effetto di più che probabili aumenti di spesa sempre questo capitolo e nuovi tagli all’Investimento.
Tuttavia, come detto, questo tipo di classificazione appare sempre più inadeguata in funzione del noto 2% delle spese per la Difesa in rapporto al PIL, stabilito in ambito NATO.
Nello specifico la stima relativa al 2018 vede le spese per la Difesa italiane attestarsi su 21.183 milioni di euro (1,15% del PIL), con il 66% di queste devolute al Personale (conteggiato secondo specifici criteri).
Logica dunque vorrebbe che per una maggiore chiarezza anche il ministero della Difesa cominciasse a fornire i propri dati secondo la metodologia adottata in ambito Alleanza Atlantica. Del resto è sempre più vicino il momento in cui anche in tale contesto si comincerà ad analizzare la spesa militare degli Stati membri dell’UE, definendo parametri condivisi e obiettivi più concreti.
Un richiamo, quello della NATO e dei suoi obiettivi in termini di spesa che non è per nulla casuale; anche quest’anno il DPP gli dedica una certa attenzione. Anzi, ancora di più rispetto alla scorsa edizione.
Gli ultimi Governi avevano tentato una “difesa” disperata, aggrappandosi al meccanismo delle «3C» (Cash, Contributions and Capabilities) nel tentativo di valorizzare l’aspetto “Contributions” legato alla nostra presenza in molte missioni all’estero mentre la nuova Ministro della Difesa si spinge oltre. La proposta avanzata in pratica punta vedere riconosciuti nel computo del parametro del 2% gli: «…investimenti volti ad assicurare la resilienza nazionale».
Immagini: www.difesa.it
Giovanni MartinelliVedi tutti gli articoli
Giovanni Martinelli è nato a Milano nel 1968 ma risiede a Viareggio dove si diplomato presso l’Istituto Tecnico Nautico per poi lavorare in un cantiere navale. Collabora con Analisi Difesa dal 2002 occupandosi di temi navali in generale e delle politiche di Difesa del nostro Paese in particolare. Fino al 2009 ha collaborato con la webzine Pagine di Difesa.