Libia: allentato l’embargo sulle armi, le proteste degli esclusi dal summit di Palermo
Il Consiglio di Sicurezza ONU ha esteso le sanzioni alla Libia fino al 2020. La Risoluzione 2441 è passata con 13 voti a favore e due astenuti (Russia e Cina). Questi paesi non si sono espressi a sostegno del provvedimento, in quanto ritengono che debba riguardare le minacce alla sicurezza internazionale e non la politica interna o le questioni penali nazionali.
Mosca in particolare ha accusato i Paesi Bassi e la Svezia di aver proposto i nuovi criteri di sanzione per motivi di populismo, tentando di ottenere punti politici interni. A essere criticato è una nuova motivazione per le limitazioni, inserite nel testo. Quella di pianificare e commettere violenze sessuali e di genere. Il riferimento è in particolare a quelle commesse contro i migranti, che passano dal paese nord africano sperando di arrivare nell’UE. L’obiettivo è creare una deterrenza e far sì che i responsabili possano essere processati.
La risoluzione ONU 2441 sulla Libia è legata anche alla prevenzione di esportazioni illegali di petrolio. Sia greggio sia prodotti raffinati. Soprattutto da parte di istituzioni parallele non legate al GNA di Fayez Sarraj. A proposito si chiede a Tripoli di lavorare con la Libyan Oil Company (NOC) al fine di fornire aggiornamenti regolari su porti, terminal, campi petroliferi e istallazioni sotto il suo controllo.
Nonché sui meccanismi di certificazione dell’export legale. Sulla vendita di armi e munizioni, invece, le Nazioni Unite hanno tolto parzialmente l’embargo. L’esecutivo del paese nord africano, infatti, potrà presentare richiesta per acquistarne. A patto, però, che siano usate dalle forze di sicurezza per combattere Isis, le formazioni alleate, Al Qaeda, Ansar Al Sharia e gli altri gruppi collegati che operano nella nazione. Oltre a Sarraj, negli ultimi giorni anche l’Egitto con il presidente Abd al-fattah al Sisi si era speso per chiedere la rimozione dell’embargo.
La Risoluzione ONU 2441 (file PDF)
Summit di Palermo: le proteste degli esclusi
Libia 10 partiti politici hanno protestato per non essere stati invitati alla Conferenza di Palermo del 12-13 novembre. Lo hanno fatto con una dichiarazione congiunta, indirizzata a ONU, GNA di Tripoli e comunità internazionale. Nel testo si sottolinea il “grande stupore” per essere l’esclusione dall’evento in Italia e da altri, tesi a porre fine alla crisi nel paese africano. Qui, infatti, “sarà discussa e stabilita una roadmap. Obiettivo: porre fine allo stadio di transizione e per creare l’ambiente necessario affinché si tengano elezioni presidenziali e parlamentari permanenti, su una solida base costituzionale”.
Le formazioni ritengono che “l’esclusione non sia nell’interesse dell’intero processo politico. Ciò in quanto nessun accordo può essere siglato senza il consenso di tutti i partiti. Politici, militari o sociali”. Questo per “garantirne il successo e l’implementazione, al fine di salvare la nazione da manomissioni e sprechi di fondi pubblici”.
I partiti esclusi dalla Conferenza di Palermo sulla Libia esortano nuovamente “tutti gli attori” del paese nord africano “a unirsi sulla formulazione di un progetto nazionale.
Che ci salvi – conclude la dichiarazione – dalle profondità dell’ignoto e ci porti fuori dal tunnel”. I 10 firmatari sono: National Forces Alliance (NFA), National Front, Centrist Youth Stream, Al-Watan, Taghyeer, Yes Libya Movement, Democratic Civil bloc, Movement of the Future, Libyan Federal Assembly e National Federal Bloc. Peraltro, la NFA è il gruppo di Mahmoud Jibril, già a capo del Consiglio Nazionale di Transizione libico a Tripoli, dopo la rivoluzione del 17 febbraio e prima alla guida dell’Ufficio per lo Sviluppo economico nazionale sotto Muammar Gheddafi. L’esclusione del suo gruppo appare strana, in quanto il politico da sempre gode di ottime relazioni con i partner stranieri, che lo considerano un interlocutore serio. Tanto che nell’immediato post-Gheddafi fu definito “la faccia della Libia all’estero”.
Foto Libya Herald e ONU
Francesco BussolettiVedi tutti gli articoli
Nato a Roma nel 1974, lavora all'agenzia di stampa Il Velino. E' inviato di guerra embedded dal 2003, quando partecipò alla missione Antica Babilonia con l'Esercito Italiano in Iraq. Ha coperto sul campo anche i conflitti in Afghanistan (Enduring Freedom e Isaf) e Libano (Unifil), nonché quelli in Corno d'Africa (Eritrea, Etiopia e Somalia) e le principali attività della Nato al fianco delle forze armate di diversi paesi. E' ufficiale della Riserva Selezionata dell'Esercito, specialista Psy-Ops, e tra il 2012 e il 2013 ha prestato servizio a Herat nell'RPSE. Attualmente si occupa in particolare di cybersecurity.