Nell’Inghilterra “islamizzata” aumentano gli attacchi al coltello

L’Ufficio per le statistiche nazionali inglesi a giugno rivelava che nei primi sei mesi del 2018 il fenomeno dei cosiddetti “crimini da coltello” era aumentato del 15% rispetto all’anno precedente.

Dopo le ultime settimane drammatiche, nella capitale della Gran Bretagna, dove all’inizio di novembre è stato registrato un omicidio al giorno per accoltellamento, il fenomeno ha raggiunto la media di 41 episodi quotidiani. A ottobre, l’ufficio per le statistiche nazionali (ONS), pubblicava il Crime Suvey per Inghilterra e Galles relativo sempre ai primi sei mesi dell’anno, e dal quale si evince che gli omicidi sono aumentati del 14%, i reati sessuali del 18%, le rapine del 22%, e c’è anche un più generale aumento del 30% per i reati di ordine pubblico registrati dalla polizia.

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Ma è Londra che continua ad essere il teatro prediletto di quella che oggi è anche più di una piaga per il Paese della regina, zona franca per le gang islamiche in crescita. Il sindaco Sadiq Khan e Cressida Dick, il primo commissario donna del Met (il corpo di polizia metropolitana inglese), sono stati accusati di nascondere la vera portata del crimine violento a Londra, sia dietro numeri che ballano, ma che dimostrano come, per la prima volta abbia superato New York per gli omicidi mensili; sia fingendo che il problema non fosse così importante.

E nelle statistiche non rientrano le vittime dichiarate del terrorismo islamico. Sadiq Khan, però, ha preferito dedicare ingenti risorse per combattere il crimine d’odio online, e 34 milioni di sterline in progetti ambientalisti verdi: denaro contestato perché, rivendicano in città, avrebbe potuto essere usato per accrescere il numero di poliziotti. Sempre il sindaco della capitale ha ottenuto che venissero istallati metal detector nelle scuole per rivelare il possesso di coltelli, ma quanti ne siano stati sequestrati e trovati non viene registrato. Né si sa quante scuole siano state coinvolte.

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Nel frattempo da anni va avanti la polemica tra Scotland Yard e il governo per l’introduzione, quattro anni fa, di misure più severe imposte alla polizia dell’allora ministro degli Interni, Theresa May: da allora le forze dell’ordine sono meno libere di fermare e perquisire i sospetti.

Il provvedimento introdotto era di natura “razziale”. Infatti, dopo le celebri rivolte d’Inghilterra del 2011, che interessarono soprattutto diversi quartieri di Londra e Tottenham, scaturite proprio da tensioni razziali, alcuni gruppi per i diritti civili iniziarono a fare pressione sulle autorità per impedire la pratica che gli inglesi chiamano dello StopWatch, e per limitare l’eccessiva presenza di bianchi tra le forze dell’ordine. Sarà un caso, ma è da allora che i crimini legati agli accoltellamenti hanno iniziato a crescere in maniera esponenziale.

E il 2018 probabilmente sarà l’anno record nella storia del Paese in materia di crimini, senza includere nelle statistiche il terrorismo islamico, : se a febbraio oltre 250 coltelli e spade sono stati sequestrati a Londra in una sola settimana, e 283 persone, molte delle quali adolescenti, sono state arrestate per possesso e trasporto, tra agosto e novembre, invece, sono stati segnalati quotidianamente casi limite.

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Due ventenni sono stati ritrovati con “ferite da taglio” a Kensington High Street l’11 giugno. Lo stesso giorno un altro ventenne lottava tra la vita e la morte dopo essere stato pugnalato a Bermondsey, a sud di Londra.

Ancora un accoltellamento con protagonista un ventenne a Kensington, nella zona ovest di Londra il giorno dopo. Cinque giorni dopo, un quindicenne è stato ricoverato in ospedale dopo essere stato pugnalato più volte a sud-est di Londra. Il 2 luglio un adolescente è stato pugnalato allo stomaco con un coltello da cucina di oltre 10 centimetri in una strada trafficata di Islington.

Il 17 agosto, un adolescente è stato “sventrato con un machete” a Camberwell in un combattimento tra 30 persone. E quello stesso giorno un uomo di 42 anni è stato pugnalato a morte a Waltham Forest, a est di Londra, portando all’arresto di un ragazzo di 16 anni e di una donna di 35 anni.

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Episodi tutti simili si sono susseguiti tutti i giorni fino a metà novembre, mentre viene redatto questo articolo, al punto che persino la Nike è stata costretta a rimuovere la vendita di un passamontagna integrale dal sito web, perché oggetto ambito dalle bande che stanno mettendo in ginocchio in Paese.

Lo stato delle cose così drammatico e pericoloso sta spingendo Sajid Javid, il Segretario di Stato per gli affari interni del Regno Unito, a conferire più libertà alle forze dell’ordine d’intervenire. Ma non senza un’ingente dose di polemiche, sulle quali pende quel medesimo terrore di essere accusati di razzismo che ha caratterizzato il fenomeno degli abusi sessuali per mano di islamici.

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Lord Ian Blair (foto a lato), il celebre poliziotto inglese che tra il 2005 e il 2008 ha ricoperto il ruolo di più alto ufficiale all’interno del servizio di polizia metropolitana inglese, qualche giorno fa, intervistato dal Guardian al termine della famosa settimana in cui sono stati contati cinque accoltellamenti in sei giorni a Londra, ha imputato parte della responsabilità del fenomeno al taglio di personale delle forze dell’ordine.

“Una delle cose che uno statistico cerca sempre è vedere se un cambiamento nel comportamento è una coincidenza o se c’è un nesso di causalità. Sembra strano che il taglio del budget per la polizia del 20% coincida con un aumento significativo di crimini di ogni tipo. È una coincidenza o è causalità?”

Blair è celebre in Inghilterra per le sue affermazioni, di qualche anno fa, in merito al terrorismo islamico e alle questioni razziali. In un’intervista alla BBC Radio 4, Blair dichiarò che il terrorismo islamico fosse “una minaccia ben più grave della Guerra Fredda o della Seconda Guerra Mondiale”.

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E, a più riprese, anche recentemente, ha affermato che i media sono stati incapaci di coprire un adeguato dibattito sull’islam, respingendo, in maniera sbagliata, i legami tra religione islamica e attentati terroristici. Oltre che i reati “minori”. Lo scorso anno, la Camera dei Comuni dichiarava, inoltre, che Londra era diventata anche la capitale mondiale delle “aggressioni da acido”, e proprio nelle “no go zones”, le aree urbane “islamizzate” e ormai fuori dal controllo dello Stato.

E se l’uso del riconoscimento facciale continua a suscitare aspre critiche da parte dei gruppi per i diritti civili, e se l’ex detective della polizia di Nottinghamshire, Andrew O’Hagan, ha affermato che gli agenti oggi hanno “troppa paura  di utilizzare” i loro poteri per il terrore di perdere il lavoro per le accuse di razzismo, le dichiarazioni dell’ex commissario Blair s’inseriscono nel solco di un problema che coinvolge soprattutto le enclave islamiche inglesi e le bande di musulmani che da anni terrorizzano il Paese. Sono i quartieri islamici, le “no go zones”, il teatro di quel “crimine da coltello” che inizia a terrorizzare il sindaco di Londra che, in questi giorni, ha ammesso, “occorreranno 10 anni per ristabilire l’ordine”.

Oltre la già celebre Birmingham – città ormai ostaggio dell’islam – sono stati individuati vari quartieri di Londra e dintorni come zone altamente pericolose e a maggioranza islamica. Hackney, Camden, Stoke Newington e Bethnal Green, sono posti da evitare dopo il tramonto. Così come Stratford – sede del Parco Olimpico – e Elephant & Castle, e perfino la ricca Islington, vengono evitate anche dai vari fattorini di sera.

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Nel Regno Unito, gran parte del dibattito sulle “no go zones” si è concentrato sul cosiddetto “volo bianco”: la migrazione su vasta scala di nativi britannici bianchi da un determinato quartiere in cui si trasferiscono sempre più immigrati musulmani. Sebbene la questione del “volo bianco” rimanga un tabù per i multiculturalisti britannici, le statistiche ufficiali e la ricerca accademica non fanno che confermare che molte città britanniche stanno subendo enormi trasformazioni demografiche a causa dell’immigrazione di massa.

Uno studio del professore di Oxford, David Coleman, già nel 2010 tendeva a dimostrare che se gli attuali livelli di immigrazione continueranno, i britannici bianchi diventeranno una minoranza in poco più di 50 anni. Coleman aveva avvertito che questo sarà accompagnato da un cambiamento totale nell’identità nazionale: culturale, politica, economica e religiosa. E a otto anni di distanza si iniziano già a notare tutti i cambiamenti di sorta.

Nel gennaio 2013, la Manchester University analizzava i dati ufficiali del censimento 2011, e notava che i nativi britannici bianchi erano già una minoranza a Leicester (45%), Luton (45%) e Slough (35%).

Un’analisi dei dati del censimento del 2011 – l’ultimo che è stato fatto – rivela l’esistenza di oltre 100 enclave musulmane in Gran Bretagna. La popolazione musulmana supera l’85% in alcune parti di Blackburn e il 70% in una mezza dozzina di quartieri da Birmingham a Bradford.

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Ma ci sono anche grandi comunità musulmane a Dewsbury, Leicester, Londra, Luton e Manchester. E in molti casi le percentuali non hanno fatto che aumentare. Si tratta di enclave governate secondo la legge della sharia e nelle quali i crimini da coltello e le aggressioni da acido, di cui sopra, non fanno che crescere.

Un rapporto del Ministero dell’Interno svelato dal Sunday Times, ha scoperto che il “crimine da coltelli” è aumentato dell’86% nel Bedfordshire dal 2014. E là, in particolare a Luton, un quarto dei residenti è musulmano: la popolazione nativa britannica è quasi scomparsa. E i musulmani di Bury Park sono stati accusati di “pulizia etnica” per aver molestato i non musulmani, al punto che molti sono stati costretti ad andarsene.  Bury Park, una “città all’interno di una città”, è nota per l’alta disoccupazione, il traffico di droga e il crimine. La Gran Bretagna, oggi, è piena di Bury Park.

Foto: The cutting edge, The Guardian, Crisus Magazine, Reuters, The Telegraph, Daiuly Express e BBC

 

Lorenza FormicolaVedi tutti gli articoli

Giornalista nata a Napoli nel 1992, si occupa di politica estera, in particolare britannica, americana e francese ma è soprattutto analista del mondo arabo-islamico. Scrive per Formiche, La Nuova Bussola Quotidiana, il Giornale e One Peter Five.

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