L’Isis come l’Idra di Lerna?

Alcuni mesi or sono abbiamo avuto modo di constatare come l’ISIS, ovvero Daesh, non fosse morto, ma diventato un “mutante”. Di fronte al dato dell’assordante silenzio seguito poco dopo con l’esaurimento degli attentati in Europa, la “quarantena” del Qatar e la scomparsa dalle pagine dei quotidiani delle vicende siriane in cui il sedicente Stato Islamico era coinvolto – ci siamo chiesti se non avessimo preso lucciole per lanterne.

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La “cattiva abitudine” della HUMINT (Human Intelligence) è quella di chiedersi il perché delle cose, non attraverso la IoT – Internet of Things – ma ricercando risposte ai molti dubbi originati dal processo evolutivo nonché alimentati dalle fake news delle fonti SIGINT (Signal Intelligence) in aggiunta a quelle HUMINT. Pertanto siamo tornati sul “Campo di battaglia” ed abbiamo constatato che Daesh, in parte scalzato dai territori del “Califfato”, ha comunque dato vita ad una nuova struttura.

Non più verticistica, in versione ordinamento statuale, ma caratterizzata da “metastasi” – in sostanza nuclei, sviluppando così una struttura meno piramidale, fondata ed articolata sui nuclei stessi compartimentati – che sulla base delle direttive strategiche decidono tempi e modi per compiere le proprie azioni.

Vediamo gli elementi di novità più rilevanti.

  • La guerra fra ISIS ed Al Qaeda – tanto propagandata – ora sembra defunta e non trova più spazio sui quotidiani.

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  • La wilaya Maghreb non si è affatto decomposta, ma ha costituito una grande “confederazione” del terrore sotto la sigla di “Jamaat Nusrat Al Islam wa Al Muslimin” (Fronte di supporto all’Islam e ai Musulmani). “Confederazione” in cui sono confluiti vari gruppi presenti nell’area, fra cui: Ansar Dine, Macina Liberation Front, Al-Mourabitoun (già affiliata all’ISIS) e Al-Qaeda nel Maghreb islamico (AQMI). In sostanza, una serie di gruppi terroristici si sono uniti in un’unica “coalizione” per colpire dal Mali al Marocco, passando per la Libia, la Tunisia e l’Algeria.

La proiezione operativa di tale “coalizione”, però, non si ferma all’area nord africana, ma si estende all’Italia e all’Europa tutta: infatti ha fatto registrare la sua presenza anche in territorio nazionale, in quanto nel marzo del 2018 è stato arrestato a Bergamo un militante italo-marocchino dell’ISIS trovato in possesso di un opuscolo dal titolo: “Lo Stato Islamico, una realtà che ti vorrebbe comunicare“. Il documento – redatto completamente in italiano e rivolto agli aspiranti terroristi residenti nel nostro Paese – aveva il fine di chiarire loro natura e obiettivi dell’ISIS, in vista di una futura chiamata alle armi per la “conquista” di Roma.

  • Le Filippine, che sembravano aver debellato le precedenti “metastasi” del Fronte di Liberazione Nazionale Moro, sono state contaminate da altre “metastasi” sviluppatesi dopo la dissoluzione del Fronte, confluite in un nuovo califfato denominatosi Stato Islamico del sud-est Asiatico”. Califfato costituito ad opera di Abu Dar, nuovo capo dell’organizzazione “Abu Sayyaf” che, oltre al gruppo di Abu Sayaff, comprende anche altri gruppi estremisti militanti (Bangsamoro Islamic Freon Fighters-BIFF e gruppo Maute) con l’intento di estendere tale nuova struttura terroristica a tutta l’area indonesiana.

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  • La quarantena imposta al Qatar ha suscitato una benevola solidarietà dei Fratelli Musulmani – in primis della Turchia – nonché l’avvio di una politica agro-alimentare di auto sufficienza, al fine di evitare la dipendenza dai propri vicini.

Inoltre, tale quarantena ha provocato la fuoriuscita dell’Emirato dall’OPEC sia per sottrarsi ai diktat dell’Arabia Saudita sia per la sua ulteriore cooperazione con l’Iran, al fine di avviare il potenziamento della sua economia essenzialmente basata sulla produzione di gas. Infine, ha riacceso l’esasperata competizione nell’area del Corno d’Africa, ove è in corso una annosa controversia commerciale – tra i Paesi del Golfo persico – per la gestione dei diversi porti ubicati sulla costa. Il confronto ora vede Turchia e Qatar che contendono i maggiori approdi – sia per motivi commerciali che militari – ad Arabia Saudita, Somalia, Gibuti, Eritrea, Sudan ed Emirati Arabi Uniti. I Paesi coinvolti aspirano tutti al controllo di una delle maggiori vie marittime al mondo, lo stretto di Bab el-Mandeb, che collega il mar Rosso all’Oceano indiano e al Mar Arabico.

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  • La prospettiva di una imminente costituzione di una “Nato Araba” che sembra aver preso vitalità per contenere una possibile intesa Russia – Iran – Cina. Potrebbe sembrare un’utopia, ma la tv araba al Jazeera lo ha divulgato con enfasi.

Per contrapporre la possibile crescita della Repubblica Islamica Iraniana – che intende porsi come polo di attrazione degli sciiti nell’area cavalcando il sogno della multipolarità, auspicato dall’ex Presidente iraniano Mohammad Khatami ed improntato sul rispetto reciproco fra le Nazioni – Trump sembra voler dar vita a tale nuova Alleanza.

Nel merito, Washington starebbe valutando la costituzione in Medio Oriente della suddetta NATO araba per la sicurezza di cinque Stati arabi del Consiglio di cooperazione del Golfo -Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti,Kuwait, Oman, -con l’aggiunta di Egitto e Giordania. Il piano provvisorio avrebbe come titolo l’Alleanza Strategica del Medio Oriente (MESA = Middle East Strategic Alliance) che dovrebbe operare contro l’espansionismo iraniano, il terrorismo e l’estremismo.

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Sono queste le 7 teste dell’ISIS? A prima vista appaiono inconciliabili con la metafora dell’Idra di Lerna che aveva ovviamente un solo corpo che le governava tutte, mentre quelle dell’ISIS appaiono scollegate tra loro. Ma per vedere l’invisibile occorre utilizzare al contrario il cannocchiale della geopolitica, che fornisce – anche se in piccolo – una visione olistica degli enormi interessi in gioco che si stanno sviluppando e che si potenzieranno nel prossimo futuro.

La geopolitica – ovvero l’araba fenice che ogni tanto muore, ma poi torna a rinascere dalle sue ceneri – punta le proprie lenti sulle nuove aree di rilevante interesse strategico, già in fase di avanzata espansione. Il suo ago magnetico indica due direzioni, il nord e l’est.

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L’area artica – in parte disciolta dai ghiacci, dal preoccupante effetto serra- che offre nuove appetibili risorse energetiche e minerarie. L’area asiatica, ove dall’est si sta avviando lo sviluppo delle Nuove Vie della Seta – sia terrestri che marittime – finalizzate a capitalizzare l’Asia centrale, l’Europa e l’Africa. Aree sulle quali insistono interessi planetari.

Al momento, la contesa di queste nuove appetibili risorse è oggetto di aperti contrasti – con le nuove armi elettroniche prodotte dalla cyberwarfare – fra una superpotenza (gli USA) e due grandi potenze (Russia e Cina). E c’è già la prima vittima della guerra in atto: Meng Wanzhou, direttrice finanziaria e vice presidente di Huawei.

Ma è pensabile che il Califfato – altro pretendente al “Governo Universale” – stia a guardare con le mani in mano? Il Califfato (“sommatoria” di Salafiti, Wahabiti e Fratelli Mussulmani) invece, che non dispone al momento di tali tecnologie, si sta predisponendo a promuovere caos destabilizzante sulle aree di canalizzazione di queste direttrici geopolitiche:

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  • quella terrestre, con la costituzione della Wilaya Khorasan situata all’inizio della Nuova Via della Seta ed a stretto contatto con gli Uiguri (etnia turcofona che vive nel nord ovest della Cina, soprattutto nella regione autonoma dello Xinjiang);
  • Quella del traffico marittimo (Suez, Gibilterra, Panama, aree del Golfo Persico e area indonesiana – la più importante) che è appannaggio esclusivo del Rimland per contenere l’espansione terrestre dell’Heartland, ove è stato costituito un nuovo Califfato trasferendo cellule jihadiste in quell’area;
  • quella europea-africana, con la riunificazione delle metastasi – di AQMI e di ISIS in diaspora – dipendenti da nuovi leader e organizzate in nuove strutture.

In realtà l’Isis si è decentrato, in analogia a quanto attuato in passato da Al Qaeda, dando vita a cellule autonome, pilotate da una atavica e consolidata direttrice strategica – costituzione del Califfato – per lo sviluppo di una jihad puntiforme sia nelle campagne sia nei centri abitati. Jihad affidata per lo sviluppo a lupi solitari, foreign fighter rientrati nel Paese di origine e a nuovi aspiranti, reclutati – fra le seconde generazioni di migranti musulmani – nelle varie aree operative ed indottrinati. Tutto ciò, peraltro, non avviene più a Damasco, a Raqqa o a Dacca, ma nel cuore dell’Europa, inclusa anche l’Italia.

Foto: Stato Islamico

 

Luciano Piacentini, Claudio MasciVedi tutti gli articoli

Luciano Piacentini: Incursore, già comandante del 9. Battaglione d'Assalto "Col Moschin" e Capo di Stato Maggiore della Brigata "Folgore", ha operato negli Organismi di Informazione e Sicurezza con incarichi in diverse aree del continente asiatico. --- Claudio Masci: Ufficiale dei Carabinieri già comandante di una compagnia territoriale impegnata prevalentemente nel contrasto al crimine organizzato, è transitato negli organismi di informazione e sicurezza nazionali dove ha concluso la sua carriera militare.

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