I contractors russi nella Repubblica Centrafricana
Il progressivo riavvicinamento dei rapporti bilaterali, le recenti visite ufficiali, nonché i comunicati rilasciati dal Ministero degli Esteri russo hanno fugato qualsiasi dubbio: Mosca è ritornata con una certa stabilità ad influenzare il cuore del continente africano. I rapporti di partenariato in materia militare stretti con Egitto, Sudan, Repubblica Centrafricana ed Angola puntano a tagliare longitudinalmente l’Africa e a ristabilire una sfera di influenza su una regione che sembrava definitivamente uscita dai radar russi dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica.
A suscitare il maggior interesse delle cronache è stato il recente accordo di cooperazione militare tra la Russia e la Repubblica Centrafricana, così come ribadito dalla nota ufficiale rilasciata dal Ministero degli Esteri russo il 22 marzo scorso.
L’accordo, stipulato il 9 ottobre 2017 a Soči durante l’incontro tra il Presidente centrafricano Faustine Archange Touaderà ed il Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, prevede l’aiuto russo nel settore tecnologico-militare nel rispetto e nei limiti della risoluzione ONU 2127 adottata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nel 2013 nel tentativo di arginare l’escalation di violenza che da anni sta martoriando la Repubblica Centrafricana.
Mosca e Bangui si sono accordate per l’invio, da parte russa, di un non precisato quantitativo di armi di diversa tipologia, 170 “istruttori civili” e 5 militari addetti alla preparazione e all’addestramento dell’esercito centrafricano. Il tutto, sempre secondo la nota ministeriale, con la consegna fissata tra il mese di gennaio e quello di febbraio 2018.
La misteriosa e violenta morte di tre giornalisti d’inchiesta russi in Repubblica Centrafricana, avvenuta il 31 luglio scorso, ha contribuito a destare sospetti sulle attività di Mosca nel Paese al centro del Continente Nero. I tre sarebbero caduti vittime di un agguato di un manipolo di uomini che parlavano arabo a pochi chilometri dalla città di Sibut, non troppo lontano dalla capitale Bangui, presso la quale la troupe era arrivata tre giorni prima.
Il movente del rischioso viaggio, stando alle testimonianze di alcuni amici dei tre giornalisti, era quello di indagare sulle attività sospette di alcune compagnie militari private russe operanti da qualche mese nella regione. La dicitura “istruttori civili” riscontrabile nella nota ministeriale precedentemente citata, infatti, ha un carattere nebuloso e, per certi versi, contraddittorio.
I sospetti sono caduti immediatamente sulla Wagner, la potente PMC già nota per le sue attività nel Donbass e in Siria, dove molti dei suoi affiliati sarebbero caduti sul campo lo scorso 7 febbraio in circostanze poco chiare, molto probabilmente dopo uno scontro con l’esercito statunitense nei pressi di Deir-El-Zor.
I primi a dare la notizia, come riportato da un articolo pubblicato sul portale citeam.org, sono stati i reporter di Znak.com in un’inchiesta pubblicata il 5 marzo e riguardante le particolari attività della Wagner in Siria ed Ucraina, con tanto di foto e visita nel quartier generale situato nei pressi di Krasnodar.
Un uomo vicino agli ambienti della compagnia privata avrebbe affermato che da un po’ di tempo i wagnerovcy non vengono più inviati in Ucraina, mentre la nuova destinazione sarebbe stata un luogo imprecisato in Africa, probabilmente il Sudan del Sud. Secondo il testimone, lì i contractors della Wagner non avrebbero ricoperto incarichi di combattimento ma solo fornire supporto alle milizie locali in qualità di addestratori. Stando a quanto riscontrato successivamente, l’informatore si sarebbe sbagliato di poco…
L’intervento neklla Repubblica Centrafricana
La situazione socio-politica della Repubblica Centrafricana può definirsi tra le più complesse di tutta l’Africa. Ricco di risorse minerarie, il Paese ha ottenuto l’indipendenza solo nel 1960 per effetto del processo di decolonizzazione portato avanti dalla Francia. Una serie di dittatori si è succeduta al potere dopo l’abbandono di Parigi. Il più longevo, ma anche il più crudele, fu Jean Bedel Bokassa, che regnò incontrastato dal 1966 al 1979 nominandosi addirittura “imperatore”. Dal 2003 il Paese è martoriato da una guerra civile senza fine, in cui i gruppi armati locali la fanno da padroni muovendo istanze di matrice religiosa, animati da interessi economici derivanti dalle remunerative miniere d’oro, diamanti ed uranio.
Tra i gruppi più potenti, quello dei “Seleka”, integralisti islamici. Nel 2013 l’esercito francese si era fatto carico di una missione militare (la settima dal 1960) in terra centrafricana, ma nel 2016 la Francia ha cominciato progressivamente a smobilitare i suoi uomini, lasciando il Paese in preda ad un vuoto di potere pressoché totale.
Proprio questo vuoto avrebbe spinto Touaderà a rivolgersi a Mosca, tra le braccia una Russia oggi più che mai bisognosa del ripristino di una sfera di influenza che fu dell’URSS, nonché interessata a riproporsi in qualità di forza globale, proiettata anche aldilà del suo sempre più turbolento e filo-occidentale “estero vicino”. In questo senso, la Repubblica Centrafricana rappresenterebbe un tassello fondamentale nella strategia geopolitica di Mosca nel Continente Nero e non parliamo solo della sua posizione geografica.
Gli aiuti pattuiti sono pervenuti alla Repubblica Centrafricana per via marittima e aerea. Il percorso aereo è stato senza dubbio utilizzato per il trasporto del carico di armi che, stando a quanto riportato dal sito JeuneAfrique.com, ammonterebbe a 900 pistole Makarov, 5.200 Kalashnikov, 270 lanciarazzi portatili anticarro di tipo RPG, munizioni ed una ventina di postazioni anti-aeree. All’alba del 27 gennaio scorso, sulla pista d’atterraggio dell’aeroporto di Bangui è stato fotografato tramite visore notturno (vd. foto 1) l’inconfondibile profilo di un Ilyushin-76, velivolo quadrigetto multiruolo in dotazione all’Aeronautica Russa.
Oltre alla foto, diffusa in rete, è stato possibile pervenire anche alla registrazione intercettata a bordo dell’aereo nel momento delle manovre di atterraggio a Bangui: si tratta senza dubbio alcuno del velivolo IL-76 78805 registrato come appartenente alle forze aeree russe, partito dalla base di Lathakia (Siria) ed atterrato in Repubblica Centrafricana dopo aver fatto scalo a Khartoum.
Il 15 febbraio, a distanza di pochi giorni dall’invio del carico di armi, invece, sono stati registrati i particolari movimenti di una nave da carico Ro-Ro registrata presso l’azienda di trasporti marittimi Akdeniz Ro-Ro Deniz, con sede legale a Mersin, in Turchia. La nave, immatricolata nel 1980 e battente bandiera panamense, è partita dal porto di Novorossijsk con direzione Douala (Camerun). Secondo quanto riportato dal portale Maritime Bulletin.net, un’avaria sopraggiunta al largo delle coste italiane in pieno Mar Ionio ha costretto la nave a costeggiare la Libia per poi fare tappa forzata presso il porto di Sfax, in Tunisia.
Le autorità locali, insospettite dalla nave, hanno voluto controllarne il carico: la compagnia aveva “dimenticato” di segnalare il trasporto di mezzi militari di tipo Ural-4320, veicoli corazzati, bulldozer, ambulanze, tende, generatori elettrici, uniformi militari ed equipaggiamento per la costruzione di stazioni radio e satellitari per un valore di circa 4 milioni di dollari. In sostanza, qualcuno dalla Russia ha caricato sulla nave tutto il necessario per l’installazione di un accampamento militare.
Il suo contenuto è stato sequestrato dalla polizia portuale tunisina, mentre la nave è stata rilasciata il 6 aprile.
L’ambasciata russa a Tunisi non ha voluto rilasciare dichiarazioni in merito. In foto è possibile vedere una parte del carico: si riconosce facilmente il posteriore dei camion Ural di produzione russa, facilmente riconoscibili anche nelle foto delle esercitazioni dell’esercito centrafricano pubblicate su Facebook direttamente dal profilo del Presidente Touaderà il 24 marzo scorso.
C’è da considerare che il porto di Douala risulta essere, in linea d’aria, la destinazione marittima più comoda per poi raggiungere la Repubblica Centrafricana via terra.
l 24 marzo il portale SlateAfrique ha informato riguardo alla presenza di personale militare russo nei pressi della ormai abbandonata tenuta di Berengo, 60 km ad ovest di Bangui, vecchia residenza del dittatore Bokassa (palazzo cerchiato in rosso). I reporter hanno dichiarato di aver visto una fila composta da una decina di tende montate alla destra della tomba di Bokassa (cerchiata in blu). Tramite le risorse satellitari offerte dalla rete, è stato possibile geolocalizzare il posizionamento dell’accampamento all’interno del perimetro della tenuta, facendo riferimento a quanto riportato dai pochi giornalisti presenti in loco. La fila di tende (cerchiata in giallo) è stata ripresa dal satellite il giorno 4 aprile e sarebbe comparsa in una data compresa tra il 21 ed il 22 gennaio.
Questo scenario non risulta essere completamente inedito: già nel dicembre scorso il corrispondente di guerra russo Aleksandr Koc pubblicò sul suo profilo Twitter il video di una fase di addestramento avvenuta in Sudan. L’addestratore parla un arabo stentato con un inequivocabile accento russo, l’audio è intervallato da diverse imprecazioni sempre pronunciate in lingua russa dalla stessa persona.
Il personale di Mosca è già effettivamente presente nel continente nero e non solo in Repubblica Centrafricana con compagnie militari private. Ad ulteriore riprova della presenza militare della Wagner nell’accampamento della tenuta di Berengo, una foto scattata in loco da un uomo presente sul posto (l’immagine non può essere stata ripresa con uno zoom per l’evidente prospettiva della stessa) e pubblicata nel gennaio del 2018 in allegato al comunicato stampa rilasciato dagli eredi legittimi di Bokassa, visibilmente preoccupati per la tenuta del palazzo di famiglia e dalla presenza di “soldati russi” nei pressi della tomba del dittatore.
Ricordiamo, a tal proposito, che, stando alle fonti vicine alla Wagner, gli uomini sarebbero stati richiamati dal Donbass per via di una impellente missione di addestramento in Africa. Coerentemente a quanto detto, la figura in primo piano sembrerebbe corrispondere a quella di un militare noto, quantomeno ai servizi di sicurezza ucraini, per le sue recenti attività belliche nella regione di Lugansk perdurate almeno fino al 2017.
Il profilo risulta essere molto somigliante a quello del sergente Vjačeslav Valerevič Bateev, cittadino russo, classe 1972, soggetto noto negli schedari dell’SBU (i servizi dsegreti ucraini) per essere un affiliato della compagnia militare privata Wagner (scovato nel continente africano dagli stessi servizi ucraini nel mese di febbraio durante diverse operazioni in Sudan) agli ordini del comandante Dmitrij Valerevič Utkin, russo, classe 1970, figura recentemente molto discussa in Russia non solo per via delle sue attività ma anche per i rapporti col Cremlino.
Dmitrij Utkin è ormai un volto noto in Patria. Le sempre più insistenti indagini riguardo la sua compagnia militare privata hanno portato diversi giornalisti a scavare nel suo passato, nel tentativo di capire quali siano gli effettivi rapporti che intercorrono tra la sua siocietà e la politica estera di Mosca.
Fino al 2013 comandante del 700esimo reggimento spetsnaz dislocato nel distretto di Pskov, attualmente “in riserva”, Utkin è stato poi contractor della Moran Security Group società specializzata nella sicurezza dei trasporti marittimi in zone di intensa pirateria e in seguito apparso in Siria tra le fila dello “Slavjanskij Korpus” in appoggio alle forze di difesa di Bashar al-Assad.
Alla testa della Wagner è stato presente nel Donbass, come testimoniato anche dal video del 2015 che ritrae un separatista filorusso colpito dal fuoco nemico confessare la provenienza del suo battaglione: “il mio comandante è Wagner”, scandisce chiaramente il soldato ferito, interrogato da un uomo con un accento marcatamente ucraino.
Dopo gli anglo-americani anche Mosca punta su contractors e PMC
Nato e cresciuto proprio in Ucraina, nel villaggio di Smolino, nella provincia di Kirovograd, Utkin è stato decorato con l’onorificenza di “Eroe della Patria” per le sue attività professionali, così come confermato più tardi dal portavoce del Presidente, Dmitrij Peskov Una foto della serata ritrae lo stesso posare con il numero uno del Cremlino, insieme ad altre figure note ai servizi di sicurezza ucraini per i loro legami con la socieetà Wagner.
Il portale ucraino Censor.net ha inviato i propri reporter nel villaggio di nascita del famoso comandante, al fine di scavare nel suo passato. A detta di diversi testimoni, Ljudmila Utkina, la madre di Dmitrij, si sarebbe mostrata orgogliosa delle foto che ritraggono il figlio al Cremlino. Si sarebbe lasciata sfuggire anche qualcosa di più: “Dima va dove zio Vova gli dice di andare!”, con zio Vova, vezzeggiativo di Vladimir Putin.
Voci di corridoio a parte, a far notizia ultimamente in Russia sono stati i nuovi movimenti di Utkin. Dopo i servigi resi nel Donbass, sembra aver momentaneamente abbandonato il mondo militare per occuparsi di quello dell’imprenditoria. Dal 14 novembre 2017, infatti, “Wagner” è stato nominato direttore generale della Concord Manadgement&Consulting S.p.A., azienda operante nel campo della ristorazione appartenente al noto imprenditore pietroburghese Evgenij Prigožin, al momento posto sotto sanzioni dal Ministero delle Finanze degli USA.
“Il cuoco di Putin” (così Prigožin è stato soprannominato in Russia per le sue attività ristorative), proprietario di lussuosi ristoranti a Mosca e San Pietroburgo, è salito agli onori delle cronache per i suoi stretti legami con il Cremlino: alla sua compagnia è stato appaltato, nel passato recente, una buona parte della fornitura per le mense nelle scuole del distretto di Mosca, nonché le pulizie e la manutenzione delle caserme appartenenti al Ministero della Difesa. I servizi di catering operanti al Cremlino negli eventi degli ultimi anni portano tutti la firma della Concord.
Con l’aumentare della notorietà e delle inchieste riguardanti la vita professionale e privata di Prigožin, Putin sembra aver preso le distanze, almeno formalmente: il recente ricevimento di Capodanno tenutosi nel Teatro Bol’šoj non è stato organizzato dalla Concord, bensì da una sconosciuta società nata soltanto a maggio del 2018, la MSK, formalmente sotto la guida di un giovanissimo imprenditore 22enne, Danil Aksjutin.
Un’inchiesta della BBC ha scoperto, tramite una semplicissima ricerca telefonica, che la nuova società (costituitasi da poco, ma con già tre eventi di primo piano commissionati dall’FGBU per un totale di 35,7 milioni di rubli) di fatto coincide con la Concord dello stesso Prigožin. Anche il Ministero della Difesa sembra aver notevolmente diminuito i servizi appaltati alle aziende legate al “cuoco”: dai 35 miliardi di rubli del 2016 ai quasi 3 del 2018.
Non è dato sapere se la diminuzione è stata causata dai dissapori con il Ministro della Difesa Sergej Šojgu o semplicemente Prigožin stia volontariamente dissolvendo il suo impero operando tramite strutture fantoccio come nel caso della MSK.
Quel che è certo è come il suo profilo stia salendo sempre più spesso agli onori delle cronache russe ed internazionali per via dei suoi affari: un uomo partito dal mondo della ristorazione, dal suo lussuoso locale galleggiante sulla Neva, costruitosi un impero in diversi settori, spesso e volentieri utile ai vari apparati dello Stato per gestire affari “scomodi”.
Parliamo non solo delle PMC nel Donbass, in Siria e in Africa, ma anche della famigerata “fabbrica dei troll” sita in via Savuškina 55 ed ufficialmente nominata “Internet Research Agency” (attività finanziata dalla Concord), nella periferia settentrionale di Pietroburgo, accusata in Ooccidentedi tenrare attraverso web e social media di influenzare i recenti processi politici in Usa ed Europa.
Se la questione dei troll risulta è ancora controversa, una cosa appare più che certa: il ristoratore più noto di Russia sembra essersi avvicinato sensibilmente agli affari inerenti al mondo politico-militare. Lo ha evidenziato anche la presenza di Prigožin ai colloqui tenutisi presso il Ministero della Difesa russo nel novembre scorso tra il ministro tra Šojgu ed il generale della Cirenaica libica Khalifa Haftar (nella foto sopra in giacca blu).
I servigi del “comandante Wagner” sono stati richiesti anche nel deserto libico, come ha rilevato recentemente The Telegraph riferendo di 300 contractors russi aggregati alle truppe di Haftar nelle operazioni nel Fezzan?
Mosca sta attuando diverse strategie per riacquisire un ruolo di potenza globale puntando a ristabilire una sfera di influenza in Africa e nel vicino Oriente, anche utilizzando i contractors delle compagniue militari private (come fanno da tempo Usa,Gran Bretagna e alcune potenze arabe del Golfo Persico) e anche gazie alla favorevole congiuntura internazionale che vede l’ascesa del ruolo cinese e soprattutto l’arretramento degli Stati Uniti in diverse regioni chiave del Pianeta.
Foto: Youtube, Twitter, Facebook e Wikipedia
Giannicola SalduttiVedi tutti gli articoli
Laureato in lingue e letterature straniere presso l’Università di Salerno, ha svolto periodi di perfezionamento presso l'Università statale di Belgrado e l'RGPU di San Pietroburgo. Dal 2016 è ricercatore associato dell’Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie. Le sue aree di competenza riguardano principalmente storia, lingua, cultura slava e le dinamiche geopolitiche dello spazio post-sovietico e post-jugoslavo. I suoi interventi sono ospitati su In Terris, Sputnik, Geopolitica, Fides, Domus Europa, Eurasian Business Dispatch. È stato unico inviato italiano accreditato per il VII round dei colloqui di Astana (Kazakhstan) per la Siria.