L’Iran “sotto assedio” nomina il nuovo comandante dei Pasdaran
A pochi giorni dall’inclusione nella lista nera Usa delle organizzazioni terroristiche, le Guardie della rivoluzione iraniana hanno ufficialmente un nuovo comandante in capo. Il generale Hossein Salami ha ricevuto il 21 aprile la nomina con un decreto emanato dalla Guida suprema di Teheran, l’ayatollah Seyyed Ali Khamenei, che in qualità di comandante in capo delle forze armate lo ha anche promosso al rango di maggiore generale.
Salami, già comandante dell’aeronautica dei Pasdaran, prende così il posto del maggiore generale Mohammad Ali Jafari, di cui era il vice, che guidava le Guardie della rivoluzione dal 2007.
La nomina ha ricevuto il plauso del Parlamento di Teheran. “Questa nomina porta un messaggio chiaro agli Stati Uniti e all’ arroganza globale e anche al mondo islamico” e “mostra la continuità del brillante cammino tracciato dall’ Imam Khomeini verso la costante lotta contro l’arroganza e il pieno sostegno alla rivoluzione islamica”, si legge in una nota diffusa oggi da oltre 200 deputati.
La nomina si inserisce in un contesto sempre più teso con gli USA e il mondo arabo. – Il presidente Usa Donald Trump ha deciso di non rinnovare le esenzioni finora concesse a otto Paesi per l’importazione di petrolio iraniano, con l’obiettivo di azzerarlo.
Il segretario di Stato Usa Mike Pompeo ha confermato che non vi saranno proroghe dopo il primo maggio e che l’amministrazione americana sta già discutendo con le nazioni coinvolte, per capire come rinunciare alle importazioni di Teheran. Immediata la replica dei vertici della Repubblica islamica, che si dicono pronti a chiudere lo Stretto di Hormuz.
Le esportazioni di petrolio iraniano sono crollate a un milione di barili al giorno, rispetto agli oltre 2,5 milioni dell’epoca pre-sanzioni. L’obiettivo di Washington è quello di azzerare un comparto che, finora, garantiva almeno 50 miliardi all’anno alle casse della Repubblica islamica.
Una decisione che, avvertono gli esperti, rischia di colpire soprattutto la parte più debole della società iraniana che ha già registrato un calo significativo nella qualità di vita. L’Iran è entrato in recessione nel 2018 e per il 2019 si stima che il prodotto interno lordo decrescerà di un ulteriore 3,6%. Di fatto, a pagare il conto è la popolazione schiacciata dal peso della crisi in un conflitto che non può controllare.
La scelta dell’amministrazione Usa ha sollevato le critiche durissime della Cina. In una nota il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino Geng Shuang esprime la propria contrarierà “alle sanzioni unilaterali”.
Foto PressTV e AP
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