Oltre l’orizzonte dell’Op. Sophia: accordi regionali e cooperazione rafforzata
da Istituto Affari Internazionali
L’esperienza di Eunavformed, la prima missione navale europea dedicata alla sicurezza del Mediterraneo, si avvia al termine. Dopo il ritiro dell’ultima nave tedesca, a pattugliare le acque a nord della Libia, era rimasta un’unità italiana ed una spagnola, oltre ad alcuni aeromobili.
La decisione del Comitato Politico e di Sicurezza-COPS di prevedere per altri sei mesi solo sorveglianza aerea rende necessaria una riflessione sui futuri sviluppi della dimensione marittima della Politica europea di sicurezza e di difesa comune-Psdc.
Traffici illeciti via mare e traffici di migranti sono infatti legati tra loro: quello della nave dirottata dai migranti e sequestrata da Malta è comunque un caso che, al di fuori del quadro Ue, potrebbe finalmente portare ad intese tra Roma, Valletta e Tripoli
Porti italiani chiusi
La così detta chiusura (non certo a carattere generale, ma caso per caso) dei porti italiani alle navi delle Ong che abbiano soccorso migranti risale sicuramente al Governo in carica.
Il fondamento di questa linea orientata alla tutela dell’ordine pubblico ed alla sicurezza in mare, non è tuttavia frutto di scelte contingenti ma si basa su consolidate politiche adottate da decenni: si pensi alla Direttiva Napolitano del 1998, alla Fini-Bossi ed al discendente Regolamento interministeriale del 14 luglio 2003, sino alla recentissima Direttiva Salvini.
La stretta sulle Ong, cui venivano addebitati flussi migratori incontrollati considerati un “pericolo per la democrazia”, risale in particolare al Codice di condotta dell’Interno adottato dal Ministro Minniti nel 2017. In quell’ anno, il Governo Gentiloni, nelle riunioni Ue di Tallin e Varsavia propose senza successo a Frontex di stabilire, tra i Paesi partecipanti all’Operazione Triton (ora Themis), forme di condivisione dell’onere di essere luogo sicuro di sbarco (Place of safety-Pos) dei migranti salvati. Analoga richiesta venne inutilmente avanzata al Cops, nel luglio 2017, in occasione del rinnovo della missione Sophia.
Luci ed ombre Eunavformed
Le premesse per depotenziare Eunavformed se non si fosse raggiunta una condivisione dei porti di sbarco erano quindi già state poste da tempo, soprattutto per via della difficoltà di svincolare il Pos dall’applicazione del Regolamento di Dublino.
Alla lunga, Eunavformed aveva inoltre mostrato sue lacune derivanti dalla mancata accettazione libica della presenza delle forze navali nelle sue acque territoriali.
L’operazione poteva comunque registrare al suo attivo, oltre che il salvataggio di più di 40.000 persone, la sorveglianza sulle risoluzioni Onu relative ad embargo di armi e contrabbando di petrolio, nonché un rilevante impegno sul fronte della criminalizzazione delle condotte dei trafficanti. Rilevante, soprattutto, lo svolgimento della funzione di capacity-building della Guardia costiera libica.
Proprio quest’attività potrebbe ora essere l’unica missione da assegnare ad una Eunavformed privata di assetti navali. La rotazione del Comando verrebbe indubbiamente incontro alle aspettative di quei Paesi (Spagna, Francia, Germania) che aspirano a condividere con noi la relazione privilegiata con Tripoli.
Modello Euromarfor
Un’entità, un po’ evanescente ma di sperimentata affidabilità, si aggira nel Mediterraneo ed è la Forza navale europea (Euromarfor) creata dalla defunta Unione dell’Europa Occidentale (Ueo) con il compito di svolgere in mare le missioni di Petersberg dedicate al mantenimento della pace.
Francia, Italia, Portogallo e Spagna dal 1995 ne hanno il comando a rotazione e, avvalendosi delle proprie strutture di comando, l’impiegano caso per caso, qualora la Forza possa partecipare a dispositivi multinazionali come avvenuto per l’Operazione antipirateria Atalanta.
Perché non pensare a farne -magari allargandola ad altri “volenterosi” come la Germania- il perno di una nuova missione navale europea dedicata alla stabilizzazione del Mar Mediterraneo? In fondo, le soluzioni di cooperazione rafforzata, sono già previste dall’Art. 42. 3 del Trattato sull’Unione europea, nell’ambito della Psdc.
Asse con Malta e Libia
Il caso della nave dirottata dai migranti in prossimità di Tripoli evidenzia -proprio nel momento in cui Eunavformed ha iniziato il suo disimpegno- l’esigenza di disporre di un efficace dispositivo navale di sorveglianza marittima.
In attesa di perseguire tale obiettivo, va notato il ruolo, netto e proattivo, assunto da Malta nel sequestrare la nave con l’uso della forza, che è indice di una ritrovata concordia di intenti tra Roma e Valletta nel contrastare i traffici illegali.
Si vocifera di un accordo bilaterale dedicato alla sicurezza marittima cui potrebbe associarsi Tripoli, creando finalmente le necessarie sinergie regionali: non a caso, i diretti interessati sono legati da decenni, sia pur a fasi alterne, da strette intese di cooperazione; si pensi al Trattato italo-maltese del 1980 ed a quello di Bengasi del 2008.
Lo sforzo di Malta va quindi apprezzato e sostenuto, sperando che si chiariscano finalmente le questioni irrisolte relative al SaR (Ricerca e Soccorso). Sarebbe infine auspicabile che La Valletta si impegni, al nostro fianco, nella criminalizzazione delle condotte dei trafficanti.
Foto Op. Sophia, Frontex, Marina Militare e Guardia Costiera Libica
Fabio CaffioVedi tutti gli articoli
Ammiraglio in congedo, docente a contratto di "Introduzione geopolitica e diritto internazionale del mare" presso l'Università di Bari. E' autore del "Glossario di Diritto del Mare", RM, 2020 disponibile in https://www.marina.difesa.it/media-cultura/editoria/marivista/Documents/supplementi/Glossario_di_diritto_del_mare_2020.pdf