Gabrielli rilancia l’allarme “foreign fighters” per i flussi migratori Balcanici
Il flusso di migranti lungo la rotta dei Balcani è ripreso ed è probabile che tra chi tenta di raggiungere l’Europa possano nascondersi i combattenti in fuga da Siria ed Iraq dopo la sconfitta sul terreno dello Stato Islamico. Il capo della Polizia Franco Gabrielli ha rilanciato il 17 maggio l’allarme sui foreign fighters per ribadire quando sia fondamentale per la sicurezza dell’Italia e dell’Europa stessa la cooperazione con le forze di polizia di quei paesi.
L’occasione l’ha offertala sesta edizione del “Foro di Roma”, la riunione con i capi delle polizie di Albania, Bosnia, Bulgaria, Croazia, Grecia, Macedonia, Moldova, Montenegro, Romania, Serbia, Slovenia e Ungheria e alla quale hanno partecipato i rappresentanti di diverse agenzie di sicurezza europee: Europol, Interpol, Frontex e Selec.
Che i Balcani siano infatti da decenni un punto di passaggio per combattenti islamici ma anche un luogo dove coltivare integralismi e radicalismi, non è un segreto per nessuno visto che, come ricorda l’ultimo rapporto della Fondazione Icsa, sin dall’inizio del conflitto nell’ex Jugoslavia i mujaheddin afghani videro nella Bosnia “la possibilità di aprire un nuovo teatro operativo dopo la chiusura di quello afghano e un’occasione di diffusione del loro credo e del jihad alle porte dell’Europa”.
Così a partire dal 1992 arrivarono a Sarajevo combattenti di ogni provenienza uniti dall’esperienza afghana, armi e cospicui finanziamenti da varie ong islamiche. Lo stesso Bin Laden, allora sconosciuto, fu visto più volte nella capitale bosniaca.
“Quei fondi, quegli arsenali, quei contatti sviluppati nei primi anni novanta – dicono ancora gli analisti – posero le basi del successivo sviluppo dell’attuale minaccia nei Balcani” che “rappresentano una base d’appoggio per il terrorismo di stampo jihadista”. Sia quello nato nelle comunità da tempo islamizzate sia quello “di ritorno”.
Da queste valutazioni emerge la necessità, ribadita dal capo della Polizia, di monitorare i flussi con la massima attenzione: “a fronte di un significativo decremento dei flussi nel Mediterraneo – ha detto Gabrielli- abbiano registrato una ripresa sulla rotta balcanica, anche se non ai livelli del 2015. E questo fenomeno, commesso alla caduta dell’Isis, rappresenta un motivo di preoccupazione per la sicurezza dell’Italia e dell’Europa perché “è possibile, e in alcuni casi probabile, un afflusso di foreign fighters”.
La cooperazione con quei paesi è quindi fondamentale, non solo per la lotta al terrorismo ma anche per contrastare le organizzazioni che si occupano della tratta di esseri umani e i rapporti tra organizzazioni criminali locali e le mafie italiane.
“La vera sfida della cooperazione – conferma il vicecapo della polizia e direttore della Criminalpol, Vittorio Rizzi- è rappresentata dal dialogo tra le piattaforme informative e dall’interoperabilità delle banche dati, che colleghino le informazioni in modo intelligente ed automatico, rendendo immediatamente fruibili all’operatore di polizia quegli elementi selezionati effettivamente necessari per bloccare la minaccia”.
E un esempio di questa cooperazione sono anche le pattuglie miste, sul confine sloveno come su quello croato, che verranno intensificate.
(con fonte Ansa)
Foto: Polizia di Stato e Stato Islamico
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