Haftar a Roma rilancia le opzioni italiane nella crisi libica

Ufficialmente il generale Khalifa Haftar non rinuncia alla conquista di Tripoli e a mettere sotto pressione le forze più o meno fedeli al presidente del Governo di Accordo Nazionale (GNA), Fayez al- Sarraj, ma la visita a Roma conferma l’impasse militare.

L’Italia è e rimane il principale alleato di al-Sarraj (insieme a Qatar e Turchia) ma la posizione assunta dal governo italiano fin dall’avvio dell’offensiva di Haftar contro Tripoli risulta ora più che mai corretta e pagante nonostante l’opposizione avesse accusato il governo giallo-verde di non essersi riposizionato in fretta dalla parte del presunto vincitore.

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Dopo aver affidato a media e siti internet a lui vicini attacchi e provocazioni nei confronti dell’Italia, Haftar ha avuto giovedì due ore di colloqui riservati col premier Giuseppe Conte che ha incontrato l’uomo forte della Cirenaica subito dopo aver ricevuto l’ambasciatore americano, Lewis M. Eisenberg.

Conte avrebbe ribadito la posizione italiana legata alla road map stabilita dall’Onu che, per essere sviluppata, necessita la cessazione delle ostilità anche per evitare il rischio di una crisi umanitaria nell’area di Tripoli dive gli sfollati sarebbero già oltre 60mila, i morti negli scontri almeno 400 (inclusi civili) e i feriti almeno 2mila.ù

“La situazione è complessa, confidiamo nella via politica come unica soluzione” ha detto Conte ai cronisti senza sbilanciarsi su quanto espresso da Haftar.

Anche se il generale non ha offerto spazio all’ipotesi di tregua (esclusa il 13 maggio dal ministro degli Esteri di Tobruk, Abdulhadi Ibrahim Iahweej) la sua visita a Roma  conferma che il successo militare non è attualmente un’opzione credibile.

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Benchè il suo Esercito Nazionale Libico abbia aperto un nuovo fronte vicino a Sirte con l’obiettivo di deviare da Tripoli alcune brigate di Misurata oggi schierate a difesa della capitale, è evidente che il blitz contro Tripoli scatenato a inizio aprile è fallito e la guerra di logoramento in atto ora non sembra risolvibile sul piano militare.

Sembrano essersene accorti anche gli sponsor principali di Haftar. La Russia, fin da subito scettica circa le possibilità di successo dell’attacco a Tripoli, sostiene con Roma la necessità di cercare soluzioni politiche mentre anche Egitto e soprattutto Emirati Arabi Uniti sembrano voler assumere un profilo più defilato.

Proprio gli emirati, con le forniture di armi e munizioni e probabilmente anche con il sospetto impiego dei loro droni di costruzione cinese schierati in Cirenaica e impiegati per colpire di notte a Tripoli le postazioni delle milizie fedeli ad al-Sarraj, hanno offerto un contributo determinante all’attacco alla capitale.

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Il generale ha dimostrato di tenere inconsiderazione il ruolo dell’Italia, confermatasi partner indispensabile per tutti i protagonisti della crisi libica al punto che secondo alcune fonti Conte avrebbe fatto notare al suo interlocutore che il sostegno di molti Paesi stranieri potrebbe non essere eterno.

Non a caso lo stesso giorno in cui Conte ha visto Haftar l’ambasciatore italiano in Libia, Giuseppe Buccino ha incontrato a Tripoli il ministro dell’Interno del GNA, Fathi Bashaga. Buccino, a cui, ha espresso l’appoggio dell’Italia al governo di Accordo nazionale

Il 14 maggio il ministro degli Esteri francese, Jean-Yves Le Drian, ha dichiarato che il presidente Emmanuel Macron vuole incontrare il maresciallo Khalifa Haftar per premere verso un cessate-il-fuoco e riprendere i colloqui di pace in Libia.

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“La situazione in Libia è estremamente preoccupante, perchè la road map proposta dalle Nazioni Unite a entrambe le parti, che ha quasi avuto un esito positivo, è fallita a causa da un lato dell’iniziativa del maresciallo Haftar e dall’ altra per la mancanza d’iniziativa di Serraj”, ha detto ai parlamentari Le Drian, aggiungendo che per questa ragione Macron intende incontrare di persona entrambi gli esponenti libici e sostenere l’iniziativa Onu.

Quindi anche la Francia, accusata dal GNA di aiutare l’offensiva di Haftar, sembra ora sposare il pragmatismo italiano, specie dopo che il 13 maggio il Consiglio dei ministri degli Affari esteri della Ue aveva condannato “l’attacco militare dell’Esercito Nazionale Libico su Tripoli e la successiva escalation all’ interno della capitale e intorno a essa” perché “costituiscono una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionali e minano ulteriormente la stabilità della Libia aggravando il rischio di una maggiore minaccia terroristica in tutto il paese”.

Il contesto ben si presterebbe quindi a una robusta iniziativa negoziale del governo italiano.

Foto Presidenza del Consiglio, AFP e Twitter

@GianandreaGaian

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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