Le forze aeree del Pakistan

Si è evitata una guerra aperta tra Pakistan e India ma il breve scambio di colpi di metà febbraio-inizio marzo ha segnato il ritorno alla realtà della guerra e riportato in auge il dogfight nei confronti aerei.

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Il combattimento aereo fra due velivoli nemici è diventato merce rara. Al di là dell’episodio della guerra in Kosovo, gli ultimi duelli diretti ravvicinati si sono avuti solo nel 2000, fra Etiopia ed Eritrea e anche in questi casi, gli scontri si sono fatti a distanza di sicurezza. Nei micro-duelli fra Pakistan e India è stata Islamabad a imbastire una tattica vincente, abbattendo almeno un Mig-21 Bison indiano e  approfittando della breve escalation per saggiare il livello di preparazione dell’aeronautica militare indiana.

Il 27 febbraio ha inviato una prima ondata di aerei esca, con prestazioni di minor livello, come i Mirage III e i JF-17. Dietro questi aerei seguiva, a una distanza di 50 chilometri, una seconda ondata di F-16 Block 52 armati con missili AIM-120 C5.

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Gli aerei della prima ondata hanno attirato in una trappola due MiG-21 Bison, il primo dei quali era decollato da un aeroporto vicino al confine. Gli aerei della prima ondata sono poi rientrati in territorio pachistano, permettendo agli F-16 di posizionarsi in modo ottimale per lanciare i missili aria-aria a lunga gittata e abbattere l’intercettore indiano.

La trappola-esca è perfettamente riuscita nonostante il gap di mezzi e qualità con l’India, il Pakistan ha dimostrato di avere familiarità con le tattiche moderne di guerra anche nel campo aereo, un settore nel quale sta crescendo. Dopo l’esercito e le forze speciali, l’aeronautica è infatti la forza armata pachistana meglio equipaggiata, con 70.000 uomini in servizio e 900 velivoli in linea.

La sua dottrina punta a conquistare la superiorità aerea di teatro e a fornire supporto ravvicinato alle forze terrestri. Scarsamente integrata alla pianificazione militare è però decisamente inferiore al crescente potere aereo dell’India.

 

La superiorità numerica indiana

Oggi l’Indian Air Force conta un po’ meno di 141.000 uomini e donne in servizio attivo, più 140.000 riservisti. Ha un parco di circa 1.350 velivoli, di cui 600 da combattimento. Agli ordini del capo di Stato maggiore, l’Air Chief Marshal Birender Singh Dhanoa, è strutturata in sette comandi, di cui cinque operativi e due funzionali.

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Lo spazio aereo è suddiviso in cinque regioni, ognuna delle quali con un rispettivo Air Command. A noi interessa il primo, il Comando aereo occidentale, con quartier generale a Delhi.

Si tratta del più importante e numeroso, forte di 15 squadre aeree (Wing), incaricato delle operazioni nella regione del Punjab, intorno alla capitale e nella zona che va dal Cachemire al Rajasthan, tutte aree frontaliere al Pakistan. Il 34° Wing della stazione aerea di Halwara, nel Punjab, è stato appena rafforzato con un nuovo squadrone di Su-30MKI, ribattezzato 221 Valiants e affiancato al preesistente 220 Sqn Desert Tigers, che opera con i Su-30 dal settembre 2012.

I cinque grandi comandi operativi hanno autorità anche sulle cosiddette unità di supporto avanzato o Forward Base Support Units (FBSU), che funzionano soprattutto come basi aeree di transito per le operazioni di routine. Molto cambia però in tempo di guerra quando le 19 FBSU possono assurgere a basi aeree tout court, con squadroni operativi impiegabili in missioni combat. Non per nulla, alcune FBSU hanno le loro unità di volo, come la 5 FBSU di Utterlai, nel Rajasthan, che opera i Mig-21Bis/bison del 4 Squadron Oorial, o la FBSU di Awanthipur, nel vacillante Jammu-e-Cachemire. Altre FBSU sono state trasformate progressivamente in Wing.

 

La struttura dell’aviazione pachistana

Nella dottrina del Pakistan, l’India rimane il nemico centrale a livello strategico. La sua minaccia incide sullo sviluppo delle capacità convenzionali e nucleari delle forze armate pachistane. I due paesi hanno un confine di 2.900 chilometri ed hanno combattuto tre guerre per il controllo del Kashmir e una all’epoca della secessione del Pakistan orientale, l’attuale Bangladesh.

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Sebbene il Pakistan sia il 36° paese al mondo per superficie terrestre, con 800.000 kmq, 5.300 km di confini e meno di 500 km di profondità, l’orografia presenta altrettante criticità, per l’assenza di ostacoli naturali a ovest e a est, soprattutto nelle vaste pianure del Punjab e del Punjab meridionale. Un’avanzata indiana di 300-400 chilometri, prima che i carri debbano rifornirsi, potrebbe tagliare in due il paese considerato il rapporto di forze negativo in termini numerici per Islamabad di 3 a 1.

Senza contare che le linee di comunicazione pachistane, in primis l’autostrada fra Lahore e Karachi, corrono perpendicolari a un probabile asse di avanzata indiano e possono essere tagliate fuori nel giro di poco tempo. Molti dei maggiori centri abitati pachistani, come Lahore sorgono in prossimità del confine. Sono tutti punti strategici facilmente raggiungibili. La costa è poco difendibile e la capitale è ubicata a più di 1.000 chilometri dal grande porto di Karachi.

Per questa ragione, dalla fine degli anni ’80 Islamabad ha abbandonato il concetto di difesa pura al Nord e al Centro-Est in favore di una dottrina convenzionale aggressiva, basata sulla ‘difesa-offensiva’ o, meglio, sugli attacchi preventivi e i colpi di mano improvvisi dello strike corps e dell’aeronautica per penetrare in anticipo nel nord del territorio indiano, occupandone rapidamente fette di superficie comprese fra i 50 e i 70 chilometri e lasciando alle altre unità il compito di reggere l’urto della controffensiva indiana. L’Aeronautica giocherebbe un ruolo cruciale nel close air support.

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Quanto a struttura, la PAK FIZA’YA è organizzata in cinque comandi operativi, fra cui tre comandi regionali per il nord, il centro e il sud, con stati maggiori a Peshawar, Sarghola, vicino a Lahore, e a Masroor, non distante da Karachi, la cui missione principale è la condotta delle operazioni aeree nelle rispettive zone di responsabilità.

Ai tre comandi di guerra si aggiungono due comandi funzionali: il Comando della difesa aerea, incaricato della difesa aerea del territorio pachistano e che coordina l’azione dei caccia e delle difese terra-aria, insieme alla rete di allerta aerea avanzata, fatta di radar e velivoli Airborne early warning; e il Comando strategico della forza aerea, che ha per missione principale la messa in opera dei vettori aerei nucleari pachistani, ed è responsabile della difesa antimissile, delle operazioni spaziali e delle operazioni dei mezzi aeroportati di C4ISR, a vantaggio dell’insieme delle forze armate.

 

L’ordine di battaglia

Nell’ordine di battaglia, gli apparecchi migliori sono i 18 F-16 C/D Block 52+ consegnati a partire dal 2010, che sono venuti a completare una flotta di 58 F-16 A/B risalenti agli anni ’80, ma ammodernati per portarli a uno standard prossimo a quello degli F-16 C/D. Nel 2009, l’industria turca TAI si è aggiudicata un contratto per la modernizzazione di 41 F-16 pachistani.

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I velivoli revisionati sono stati tutti consegnati fra il 2010 e il 2014 e la cooperazione con la Turchia si è fatta promettente, perché nel 2015 i due paesi hanno annunciato la firma di un accordo per consentire scambi bilaterali di piloti e una formazione comune e successivamente l’esercito pakistano ha ordinato 30 elicotteri da attacco T-120 prodotti in Turchia e derivati dall’italiano Agusta A-129 Mangusta.

Agli F-16 relativamente moderni si sommano i più recenti JF-17. L’aeronautica pachistana ne allinea ormai più di 86, ripartiti fra un’unità di formazione, la Combat Commanders School, e quattro squadroni di caccia, i numero 2, 14, 16 e 26. Secondo l’Express Tribune, Islamabad vorrebbe costituire e una flotta di 250 velivoli FC-1/JF-17.

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I primi 50 FC-1 allo standard Block I sono stati tutti consegnati prima della fine del 2013, sia dalla Fabbrica 132 di Chengdu, in Cina, sia dal Pakistan Aeronautical Complex a Kamra. L’assemblaggio dello standard Block II è ormai ben avviato, con una sonda di rifornimento in volo e una nuova suite avionica. Tutti i Block I potranno migrare al nuovo standard entro breve tempo, affiancando i 36 velivoli Block II già in linea con il 14° e il 26° squadrone di caccia.

Se l’informazione dell’Express Tribune è esatta, ciò equivale a confermare l’acquisto dello standard Block III. In parallelo a queste versioni monoposto è quasi pronta anche la versione biposto JF-17B, basata sullo standard Block II e più orientata alle missioni aria-superficie. Il primo prototipo del JF-17B ha effettuato il volo inaugurale nell’aprile 2017. Comprende una sonda di rifornimento in volo smontabile e una suite avionica migliorata, capace fra l’altro di un collegamento dati con gli AWACS ZDK-03 pachistani di origine cinese. Permette inoltre di impiegare una più ampia panoplia di munizioni di precisione. A parte il canopy e il cockpit più lungo della variante monoposto, il JF-17B ha un impennaggio verticale più grande e una forma a freccia più marcata.

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L’ambizione di pachistani e cinesi non si chiude qui, perché l’Istituto 611 Chengdu starebbe studiando una versione semi-furtiva dell’FC-1, con la punta anteriore ridisegnata e un canopy monopezzo. Caccia leggero multiruolo con una massa a vuoto della classe di 6 tonnellate, l’FC-1 rappresenta un eccellente sostituto a basso costo dei vecchi Chengdu J-7 Skybolt, versione cinese dei MiG-21, aggiornati con radar Grifo di Leonardo e ancora in linea con il No. 18 Squadron.

Il suo costo unitario si aggira intorno ai 25 milioni di dollari. Il velivolo può trasportare diversi sistemi d’arma, fra cui bombe guidate da 500 kg e un pod WMD-7 che permette la designazione di obiettivi fra i 15 e i 20 km, missili aria-superficie tipo C-705KD da 150 km di portata e missili antinave, in particolare il missile cinese C-802AK (YJ-83K), dal raggio di oltre 200 km, e i CM-400SKG, missili quasi ipersonici (Mach 4,5-5) dal raggio di 100-240 km.

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La capacità aria-aria del Thunder si basa principalmente sul missile cinese SD-10A, da 70 km di gittata.

Quando ultimate le consegne, l’FC-1 permetterà di radiare i 140 Skybolt ancora in servizio, visto che la catena di produzione è ormai chiusa.

Da notare che l’aviazione pachistana ha ancora in linea un centinaio di Mirage III e Mirage 5, in parte modernizzati a inizio anni ’90 allo standard ROSE (Retrofit of Strike Element). Uno squadrone è stato dotato di capacità di attacco notturno e alcuni velivoli sono stati equipaggiati per il rifornimento in volo, utilissimo per gli strike nucleari. Come detto, non essendo tutti i Mirage allo standard ROSE, il JF-17 Block III dovrebbe esserne il naturale sostituto intorno al 2025.

 

Le altre compnenti

Come tanker l’aeronautica pachistana impiega 4 Il-78 Midas mentre molte novità sembrano attendere il segmento dei droni da combattimento, sempre nell’ambito della cooperazione sino-pachistano. I due paesi avrebbero firmato un accordo per co-produrre 48 droni Wing Loong II. Secondo la pagina Facebook di Sherdils, la pattuglia acrobatica dell’Aeronautica pachistana, il Pakistan Aeronautical Complex e AVIC Chengdu Aircraft Industrial Group assembleranno insieme questi droni concepiti dall’Istituto 61, uno dei principali uffici studi del gruppo AVIC.

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Considerato che PAC Kamra assembla localmente da oltre dieci anni i JF-17 Thunder con l’assistenza tecnica di Chengdu, si può quindi desumere che l’accordo, se confermato, seguirà lo stesso iter. In pratica CAC fornirà pezzi originali e piani, e PAC Kamra li assemblerà in un primo momento, fino al trasferimento delle tecnologie necessarie affinché una parte dei componenti e degli equipaggiamenti possa essere prodotta localmente.

Bisognerà tuttavia attendere conferme istituzionali, visto che alcune fonti locali pachistane parlano per ora di un semplice memorandum d’intesa e che la consegna del primo Wing Loong II alle forze aeree pachistane avverrà un anno dopo la firma dell’eventuale contratto.

Cina e Pakistan non sono nuove nemmeno nella collaborazione in materia di velivoli a pilotaggio remoto. Islamabad produce oggi un piccolo drone d’attacco noto come Burraq, che altro non è se non una produzione su licenza del drone cinese CH-3, concepito dal gruppo aerospaziale CASC.

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Tra gli UAV tattici da ricognizione, la PAF ha in linea anche 45 Jasoos II, 25 Falco di SELEX Galileo e 12 RQ-7 Shadow. I velivoli Intelligence Surveillance Reconnaissance ad ala fissa sono 2 Falcon 20 e 4 KingAir 350, mentre ai 3 ZDK-03 citati prima si aggiungono anche i 4 SAAB 2000 Erieye AEW&C. Tutti assetti fondamentali per una forza aerea che ambisca a effettuare missioni complesse come gli strike nucleari tattici sulle concentrazioni di truppe indiane.

I velivoli da trasporto principali sono 16 C-130B/E/H Hercules, affiancati da un pugno di CN-235-220 (3), altrettanti Y-12 e 1 SAAB 2000. Per i collegamenti VIP è in linea un Airbus A-310-300, un CESSNA Citation e sono in fase di consegna 4 Embraer Phenom 100. Completano gli organici 3 Boeing 707-320, 4 Gulfstream IV e un C-12 Huron.

Fra i velivoli ad ala rotante sono in consegna 45 Mi-171, che affiancheranno 15 SA-316/-319 Alouette III.

I velivoli da addestramento sono i Mushshak/Super Mushshak e i Karakorum ma si profila un interesse futuro per l’M346 di Leonardo, come ribadito dal capo di stato maggiore dell’aeronautica, Maresciallo Mujahid Anwar Khan.

 

La difesa aerea

La difesa aerea è garantita da un insieme di 6 apparati AN/TPS-77 di Lockheed Martin, radar cinesi e 12 batterie di HQ-2, in fase di radiazione con l’arrivo degli HQ-9, cui si aggiungono 10 batterie di Spada 2000 e 23 batterie di Crotale 4000.

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Anche i sistemi antiaerei dell’Esercito stanno aggiornandosi con forniture cinesi. A marzo 2017 un comunicato ufficiale dell’ISPR informava che l’esercito pachistano aveva messo in linea il sistema di missile antiaereo cinese LY-80, come nuovo LOMADS (Low to Medium Altitude Air Defence System). La cerimonia d’introduzione era avvenuta il 12 marzo a Rawalpindi, in presenza del generale Qamar Javed Bajwa, capo di stato maggiore (https://ispr.gov.pk/press-release-detail.php?id=5144). L’LY-80 è la versione per l’export del missile HQ-16A dell’esercito cinese.

Rivela la pagina informativa del costruttore SAST filiale del gruppo aerospaziale CASC, che il sistema punta a difendere contro gli obiettivi aerei che si muovano fra i 15 2 i 15 mila metri di altitudine a una distanza massima di 40 km. La probabilità di intercetto è dell’85% per gli aerei e del 60% per i missili da crociera.

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In Cina gli HQ-16 equipaggiano le fregate Type 054A, mentre gli HQ-16A sono in dotazione alle unità mobili al suolo. Sia la marina che l’esercito reputano il missile come il miglior SAM a bassa altitudine. SAST sta continuando a far evolvere i sistemi, rimpiazzando il sistema di guida semi-attiva SARH sulle versioni di base con una guida duale in modo attivo-semiattivo, tanto sugli HQ-16C navali quanto sugli HQ-16B terrestri.

Ogni batteria di LY-80 comprende un radar di sorveglianza di una portata di 140 km, un veicolo da comando e fino a quattro radar per la condotta del tiro di una portata di 85 km, ognuno dei quali può guidare quattro lanciatori con 24 missili. Della batteria fanno parte anche diversi veicoli di supporto. Il Pakistan ha acquistato i sistemi in due tranche, con un primo lotto di otto radar di sorveglianza IBIS-150 e tre batterie antiaeree commissionate nel 2013-2014 per 265,77 milioni di dollari e un secondo lotto supplementare di sei batterie nel 2014-2015 al costo di 373,23 milioni di dollari.

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Ribattezzata Hasan, la variante pachistana del sistema integra diverse migliorie richieste da Islamabad, primo cliente in assoluto. La quota d’ingaggio è passata ad esempio da 15 a 18 km e la portata da 40 a 45 km. L’LY-80 fornisce una difesa supplementare a quella dell’FM-90 di più corta portata. E siccome l’esercito pachistano punta a dotarsi di un sistema a lungo raggio, un altro prodotto cinese figura in cima ai potenziali candidati, con l’FD-2000, versione per l’export dell’HQ-9, in dotazione alla marina e all’aviazione cinesi derivato dal russo S-300.

Fra i SAM e i cannoni di difesa aerea a più corto raggio, il Pakistan allinea 200 RBS-70, 2.500 Anza Mk1 ed Mk2 che sono gli HW-5 e i QW-1 cinesi, copie degli SA-14 e degli SA-16; 230 Mistral e una sessantina di FIM-92A Stinger. Completano il quadro i cannoni per la difesa di punto Type-72 da 85 mm, i Type-59 da 57 mm, i Type-55 da 37 mm e i GDF-002/005 da 35 mm. Roba vecchiotta, che non rappresenta un serio pericolo per l’India.

 

L’Aviazione dell’Esercito

Con uno sguardo a Delhi e alla controguerriglia, l’Esercito Pakistano sta rafforzando anche la componente elicotteristica. Ha portato i Cobra allo standard AH-1Z, 15 macchine in fase di consegna, cui si sommano 48 AH-1F, 4 Mi-35M Hind (possibile ordine per altri 12) e 3 Z-10. Ma la vera novità consiste nel procurement di 30 T-129 Atak.

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I negoziati fra Turkish Aerospace Industries (TAI) e il ministero della Difesa pachistano sono stati finalizzati il 13 luglio scorso. Le consegne si svilupperanno nei prossini 5 anni e il valore del contratto, ufficialmente non reso noto, dovrebbe aggirarsi intorno agli 1,5 miliardi di dollari secondo le valutazioni del Jane’s Defence Weekly.

Fanno parte del pacchetto i ricambi, l’addestramento, il supporto logistico e le munizioni, fra cui verosimilmente i razzi a guida laser CIRIT da 70 mm e i missili anticarro a lungo raggio MIZRAK/UMTAS. Inizialmente in gara con il cinese WZ-10, il T-129 è stato testato dal giugno 2016 fino alla scorsa primavera da equipaggi pakistani, che hanno avuto la possibilità di provare a fondo gli elicotteri, sia in Turchia che in patria, anche sull’Hindukush a oltre 8.000 piedi, soglia massima per l’efficacia delle operazioni condotte con gli AH-1F/S COBRA.

L’obiettivo era verificarne l’efficienza e l’adattabilità ad operare in condizioni ostili e temperature elevate come quelle che caratterizzano l’intero paese.

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Le performance garantite dal velivolo e, in particolare, dal suo potente sistema propulsivo basato su 2 motori LHTEC CTS800–4A, omologhi a quelli dei 15 AH-1Z VIPER, hanno fatto prevalere l’ATAK. Nell’accordo non si fa riferimento all’eventuale creazione di una struttura per l’assemblaggio degli elicotteri in Pakistan, possibilità di cui si era parlato la scorsa primavera. Non è da escludere, tuttavia, una ripresa di tale idea o, quantomeno, la possibilità che alcune componenti dei T-129 vengano prodotte dal Pakistan Aeronautical Complex.

La commessa pachistana comporta ritorni valutabili in mezzo miliardo di dollari anche per Leonardo Elicotteri che produce l’intero sistema di trasmissione del velivolo e alcune componenti avioniche.

Nel settore utility, si punta nell’immediato all’acquisto di altri Bell-412, oggi 34, già ricevuti grazie ai Coalition Support Funds, mentre è stata rimpinguata la flotta dei Mi-17/171 Hip, che con 46 macchine in linea ha permesso di radiare buona parte degli Huey e degli Mi-8 Hip.

Anche i 45 Puma dovrebbero cedere il passo a una nuova macchina che potrebbe essere l’NH-90, l’AW-149 o il cinese Z-15. La flotta di velivoli utility ad ala fissa include un trasporto Cessna 421, un Challenger, un Citation Bravo, un King Air 350, 4 Y-12, 2 Turbo Commander e 19 elicotteri Bell-206B.

 

Conclusioni

Dotate di un inventario numeroso ma eterogeneo, le forze aeree pachistane dovrebbero vedere il parco velivoli maggiormente standardizzato intorno al 2025, con una percentuale sempre maggiore di materiali cinesi per ambira a disporre di una flotta con 400-500 velivoli da combattimento. Intorno al 2030 il Pakistan potrebbe allineare alcuni apparecchi di quinta generazione di concezione cinese come i J-31 o derivati, per rimpiazzare gli F-16.

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PAC ha già avviato gli studi concettuali per un velivolo autoctono di quinta generazione, noto come Fifth Generation Fighter Aircraft o FGFA.

L’avvenire del resto della flotta è incerto. Gli apparecchi AEW saranno probabilmente gli stessi di oggi, quattro Saab-2000 Erieye e quattro ZDK-03, similmente ai tanker. I trasporti potrebbero essere parzialmente rimpiazzati da aerei nuovi di fabbricazione cinese, prodotti verosimilmente su licenza. La flotta da addestramento ha già percorso lo stesso iter. Siccome la proiezione non è centrale nei piani pachistani, non ci saranno grandi evoluzioni sotto questo profilo. Infine i Mirage IIIR da ricognizione dovrebbero esser presto radiati, e una combinazione di pod sugli apparecchi da combattimento e di UAV Male permetteranno di assicurare le missioni ISR, in continuità con la politica nucleare dell’Aeronautica.

Foto: Pakistan Air Force, AP, TAI e Russian Helicopters

 

Francesco PalmasVedi tutti gli articoli

Nato a Cagliari, dove ha seguito gli studi classici e universitari, si è trasferito a Roma per frequentare come civile il 6° Corso Superiore di Stato Maggiore Interforze. Analista militare indipendente, scrive attualmente per Panorama Difesa, Informazioni della Difesa e il quotidiano Avvenire. Ha collaborato con Rivista Militare, Rivista Marittima, Rivista Aeronautica, Rivista della Guardia di Finanza, Storia Militare, Storia&Battaglie, Tecnologia&Difesa, Raid, Affari Esteri e Rivista di Studi Politici Internazionali. Ha pubblicato un saggio sugli avvenimenti della politica estera francese fra il settembre del 1944 e il maggio del 1945 e curato un volume sul Poligono di Nettuno, edito dal Segretariato della Difesa.

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