Difesa: Il Documento Programmatico Pluriennale 2019-2021
Come da tradizione oramai consolidata, anche quest’anno il Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa (DPP) è arrivato con grande ritardo poiché ai sensi della Legge 244/2012 dovrebbe essere presentato al Parlamento entro il 30 aprile.
Nella sua impostazione e veste grafica non si registrano variazioni di rilievo rispetto alle edizioni degli ultimi anni. Dunque, un documento che presenta una considerevole mole di informazioni, numeri e considerazioni.
Da un lato il DPP continua a sostenere la necessità di disporre di uno Strumento Militare efficace e moderno, definito a sua volta una risorsa indispensabile per la collettività nazionale, le cui crescenti esigenze di difesa e sicurezza attribuiscono al dicastero della Difesa stesso un ruolo centrale al servizio del Paese.
Dall’altro, tutto questo è poi declinato nell’affermazione in base alla quale si sta (o starebbe…) procedendo nel processo di riforma e modernizzazione, mirato al rafforzamento della dimensione interforze; passaggi rispetto ai quali, però, non giungono segnali di interventi concreti.
Nuove difficoltà anche nella spiegazione di quanto accade nell’ammodernamento delle Forze Armate, da declinare in primo luogo sul capitolo dell’Investimento ma con importanti riflessi anche su alcune voci selezionate dell’Esercizio.
Ribadire che: «Pianificare, programmare e sviluppare la crescita delle Forze armate risulta indispensabile non solo per assicurare la difesa dello Stato (compito primario e prioritario delle Forze armate), ma anche il rispetto degli impegni assunti dal Paese, nonché per far fronte al naturale depauperamento delle capacità e all’usura dei mezzi e dei materiali… che impone un costante processo di ammodernamento, rinnovamento e sostegno logistico…», significa solo ricordare come nel nostro Paese si stia facendo sempre più spesso l’opposto.
Nel DPP si ribadisce il concetto in base al quale il bilanciamento della dimensione quantitativa con quella qualitativa dello Strumento militare rappresenta la principale sfida rivolta al conseguimento di Forze Armate che siano in grado di rispondere alle 5 capacità fondamentali individuate dalla NATO (cioè: Credible, Networked, Aware, Agile, Resilient) ma anche a quelle della visione strategica nazionale (le 5E: Efficaci, Efficienti, Economicamente sostenibili, Eticamente allineate ed Energeticamente neutre); con le ultime 3 di queste a destare ben più di una perplessità.
In questo contesto emerege ancora una volta il progetto «Duplice Uso Sistemico: impiego innovativo delle Forze armate al servizio del Paese», considerato addirittura il presupposto per consentire il passaggio da Forze Armate 3.0, a Forze Armate 4.0.
Inutile ricordare come quello del “duplice uso” non sia affatto un impiego innovativo e che renderlo sistemico sia valutabile addirittura come un errore concettuale che porta a snaturare compiti e missioni principali delle Forze Armate medesime.
In questa stessa ottica si rilancia l’idea di una Strategia Generale Nazionale di Sicurezza ma, in attesa che si concretizzi, si evidenziano fin da subito le preoccupazioni rispetto al fatto che, in un simile contesto, essa possa portare a una diluzione del ruolo del nostro strumento militare.
In maniera analoga, le indicazioni di una maggiore integrazione in ambito UE e NATO finiscono così con il diventare paradossali soprattutto per l’effetto di politiche di bilancio mirate al taglio dei fondi.
Lo stesso proposito di favorire lo sviluppo di una base industriale più solida (industria che dovrebbe poi seguire il paradigma del «multipurpose-by-design», favorendo lo sviluppo di tecnologie e capacità militari multiscopo e multiruolo …) non riesce a essere credibile a fronte delle attuali politiche in materia di Investimento.
L’Impegno Nazionale nel contesto di riferimento
Il DPP 2019-2021 affronta poi nell’oramai consueto ordine i vari temi. Il primo è costituto dall’«Impegno nazionale nell’ambito del contesto di riferimento», con il tutto che si svolge delineando il quadro strategico e politico-militare, quello legato alle organizzazioni internazionali di riferimento e, infine, quello delle operazioni in corso.
Nell’ambito dell’analisi del quadro strategico, il punto di partenza diventa (necessariamente) l’osservazione di un contesto generale che si conferma incerto, caratterizzato da diffusa instabilità, aggravato da un elevato grado di complessità e imprevedibilità legato alla molteplicità di minacce; multidimensionali e in continua evoluzione.
Considerazioni ancora più valide per la particolare collocazione geografica dell’Italia, laddove gli scenari di rischio per il nostro Paese sono elevati come non mai per la contemporanea concomitanza di varie minacce potenziali; siano esse di natura più tradizionale, che più innovative (si pensi alla minaccia ibrida). Ma a complicare il quadro provvedono poi altri fattori, quali il ritorno “in grande stile” della competizione militare tra Stati, i cambiamenti politico/strategici di grandi e medie potenze nonché l’evoluzione delle alleanze internazionali.
Non da meno poi sono i fattori all’apparenza più esterno al mondo della Difesa; i cambiamenti sociali, politici, economici, tecnologici e climatici impongono infatti una riflessione sugli effetti che hanno sugli scenari di sicurezza nazionali e internazionali.
Da un punto di vista geopolitico, si conferma la grande attenzione nei confronti degli archi di crisi meridionale e orientale; con il primo che fa perno su quel “Mediterraneo allargato” che riveste una vitale importanza per il nostro Paese, mentre il secondo si rivolge ai Balcani e (più in là) alle conseguenze della crisi in Ucraina.
In ragione di ciò, e quale effetto dell’analisi del quadro politico-militare, l’Italia conta di assicurare il proprio contributo alla difesa degli spazi euro-atlantici e mediterranei (con una maggiore attenzione alla stabilità di quest’ultima area), agli interventi finalizzati al mantenimento della pace e/o al ripristino della sicurezza e stabilità internazionali e al contrasto al terrorismo internazionale.
Con le principali aree di interesse/intervento rappresentate dalla stessa regione euro-mediterranea, dal Sahel, dal Corno d’Africa, dal Medio Oriente, dall’area balcanica e dall’Afghanistan.
Da qui scaturisce da un lato una riflessione sul nostro contributo alle organizzazioni internazionali di riferimento (NATO, UE, e ONU) e, dall’altro, una “fotografia” rispetto alle operazioni in corso (sia sul territorio nazionale, sia all’estero).
Per quanto riguarda la NATO, se ne ribadisce il ruolo di organizzazione di riferimento perché l’unica in grado di assicurare efficacemente la dissuasione, la deterrenza e la difesa militare contro ogni minaccia. In questo senso, l’affermazione in base alla quale l’Italia continuerà ad assicurare in maniera convinta e responsabile il proprio supporto all’Alleanza Atlantica non appare proprio convincente; soprattutto sul tema degli impegni finanziari.
Sempre più interessante poi l’ambito UE; il percorso per una più efficace/efficiente integrazione europea nel campo della Difesa è ancora lungo ma, al tempo stesso, è innegabile come nell’ultimo periodo siano stati compiuti passi in avanti. Il meccanismo della PESCO (Permanent Structured Cooperation), con il conseguente avvio di diversi programmi nei più svariati campi della Difesa, e la creazione dell’EDF (European Defence Fund) sono i segnali più importanti. Anche in questo specifico ambito tuttavia il nostro Paese dovrà muoversi con attenzione.
La creazione di strumenti quali il «National Implementation Plan» (NIP) che, a similitudine del «Defence Investment Pledge» (DIP) per la NATO, fornirà indicazioni su come ogni Stato membro intenda aderire ai vincoli legali adottati a livello politico e la piena attuazione prevista proprio per quest’anno della «Coordinated Annual Review on Defence» (CARD), da intendere come un atto di controllo e indirizzo nell’ambito dello sviluppo delle capacità militari degli Stati membri, costituiranno l’ennesimo “momento della verità” per Roma.
Infine, l’ONU. Anche in questo ambito, il contributo dell’Italia è forte, in virtù del riconoscimento al “Palazzo di Vetro” del suo ruolo universale.
Tutto ciò si traduce in un impegno quotidiano delle Forze Armate che ammonta (mediamente) a più di 13.700 militari in 38 operazioni.
Sennonché, andando a spacchettare questi numeri, si scopre rapidamente che in totale sono 8.000 circa quelli impiegati in missioni nazionali, mentre i restanti 5.700 sono schierati all’estero in quelle internazionali. Un dato destinato a consolidarsi, visto l’aumento di altri 500 uomini per una «Operazione Strade Sicure».
Per quanto riguarda le missioni oltremare, era stata promessa una rivoluzione riguardo alla nostra presenza militare all’estero;, che però non c’è stata. Inoltre, ogni proposito di maggiore trasparenza e linearità delle decisioni si è infranto con i colossali ritardi nei provvedimenti di approvazione delle missioni internazionali. Infine si conferma il graduale ma costante disimpegno dai diversi teatri operativi; in termini di militari dispiegati così come di “profilo operativo” delle missioni stesse.
Il Bilancio della Difesa 2019
Sovvertendo in qualche modo l’ordine dei capitoli del DPP, pare complessivamente più lineare introdurre subito il tema del bilancio della Difesa per il corrente anno, posticipando la trattazione del capitolo dedicato allo «Sviluppo dello Strumento Militare» al fine di legarlo in maniera più propria alla tema dell’Investimento.
Dunque, sul fronte di numeri non ci sono novità rispetto a quanto trattato a suo tempo in tema di Bilancio della Difesa 2019; al punto che, per eventuali approfondimenti di dettaglio sulle cifre, si rimanda proprio a tale articolo.
Tuttavia, è d’obbligo riportare comunque le cifre degli stanziamenti previsionali indicati dalla LdB 2019-2021, con una Funzione Difesa che sale fino 13.982,5 milioni di euro, rispetto ai 13.797,2 milioni dell’anno passato.
In pratica, un aumento di 185,3 milioni; non solo di modestissima entità ma addirittura fuorviante visto che è il risultato di una serie di variazioni a dir poco “sconfortanti”.
Ugualmente desolante si presenta così l’analisi di quanto accade sul versante del rapporto percentuale tra spese per la Funzione Difesa e PIL; per il 2019 si scende ancora, fino allo 0,786%. Non il record negativo assoluto ma basti pensare che ancora fino alla prima metà circa degli anni 2000, la Funzione Difesa si manteneva stabilmente sopra l’1% del PIL…
E sono gli stessi numeri e grafici inclusi nel DPP a certificare come sia in termini di risorse, sia in termini di impegno complessivo rispetto al PIL, il trend a valori correnti rimanga negativo; guardandosi bene, peraltro, di accennare il benché minimo confronto a valori costanti. Dal quale emergerebbero dati ancora più sconfortanti.
Tra l’altro, a dispetto della natura “programmatica” del DPP stesso, appare a dir poco singolare il fatto che non siano fornite indicazioni rispetto all’evoluzione degli stanziamenti previsionali per la Funzione Difesa nei prossimi 2 anni.
Il Personale
Per quanto ampiamente prevista, la variazione che si registra su questa voce di spesa rimane comunque impressionante.
Dai 10.072,9 milioni di euro del 2018 ai 10.366,2 milioni di euro per il 2019. In un solo anno, una crescita di 293,3 milioni. Il tutto avviene per la concomitanza del «Provvedimento di concertazione per il personale delle Forze armate relativo al triennio normativo ed economico 2016-2018» (cioè il rinnovo del contratto del comparto Difesa) e del «Riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze armate».
E mentre gli effetti del secondo si faranno sentire anche negli anni a venire (oltre alla prospettiva di ulteriori aggravi di costo per effetto di interventi correttivi in fase di preparazione), c’è da ricordare che è stato appena annunciato l’avvio della «concertazione» per il triennio 2019-2021.
In pratica, anche per effetto degli scarsissimi risultati sul fronte dei risparmi che si dovrebbero ottenere con la riduzione/riequilibrio dei ruoli del Personale, la spesa per quest’ultimo è destinata a crescere senza sosta anche nei prossimi anni. Di quanto non è dato sapere, visto che (a differenza di quanto accade per Esercizio e Investimento) per il 2020 e il 2021 non vengono fornite cifre.
In aggiunta ai dati già noti, il DPP fornisce anche il quadro aggiornato della consistenza e della ripartizione del Personale stesso. Continua così il processo di avvicinamento alla scadenza del 2024, quella fissata dalla Legge 244/2012 e che prevede per la fine di quell’anno una consistenza organica delle Forze Armate fissata in 150.000 militari. Un obiettivo sempre più irraggiungibile; non tanto nei numeri complessivi quanto, piuttosto, nella corretta ripartizione organica fra i diversi ruoli del Personale
Di certo, non sarà con i ritmi attuali che si otterranno i risultati sperati.
Perché il numero degli Ufficiali scende di 53 unità, ma si dovrebbe arrivare a 18.300. Quello dei Marescialli si riduce di ulteriori 2.208 unità ma il traguardo dei 18.500 previsti è lontanissimo (tanto per fare un esempio, i Primi Marescialli oggi attestati sulle oltre 35.000 unità, nel 2024 dovrebbero essere pari a 4.650!).
Su questi numeri inoltre occorrerà valutare l’impatto futuro del concorso straordinario interno per ben 6.694 (altri) Marescialli. Iniziativa che distribuirà generosamente lo stesso grado di Maresciallo in grandi quantità. Positivo anche l’aumento dei Sergenti (+860 unità), ma anche in questo caso il traguardo di 22.170 non è certo dietro l’angolo.
Analoghe variazioni positive si registrano anche per i volontari di truppa. Quelli in Servizio Permanente (VSP) scendono di 397 unità, mentre quelli Ferma Prefissata (VFP) aumentano di 534 unità. Anche in questo caso, tuttavia, le criticità restano enormi. I già modesti (perché prevedono una percentuale di Volontari di Truppa in servizio permanente assolutamente sproporzionata) obiettivi fissati dalla L. 244/2012 (56.330 VSP e 34.700 VFP) sono distanti.
FUNZIONE DIFESA – SITUAZIONE DEL PERSONALE MILITARE | ||||
Consistenza previsionale Anni/Persona
2018 |
Consistenza previsionale Anni/Persona
2019 |
Modello
a 150.000 Militari |
||
UFFICIALI | 21.851 | 21.798 | 18.300 | |
MARESCIALLI | 49.769 | 47.559 | 18.500 | |
SERGENTI | 15.583 | 16.443 | 22.170 | |
VOLONTARI
– VSP – VFP |
81.815 | 81.952 | 91.030 | |
53.171 | 52.774 | 56.330 | ||
28.914 |
29.178
|
34.700 | ||
ALLIEVI | 1.353 | 1.350 | / | |
SCUOLE MILITARI | 705 | 748 | / | |
Totale | 171.079 | 169.855 | 150.000 |
Tutto ciò ci riporta ai 2 grandi/cronici problemi che riguardano per l’appunto le politiche del Personale: il completo squilibrio nella ripartizione dei ruoli (che determina un analogo sbilanciamento nella corretta alimentazione di reparti e unità) e una percentuale troppo alta di Personale in servizio permanente che (unito al primo) determina un pericoloso innalzamento dell’età media dello stesso.
Sarebbero dunque assolutamente indispensabili provvedimenti rapidi ed efficaci; attuando in pieno la L. 244/2012 come primo passo e implementando poi contenuti del Libro Bianco della Difesa 2015.
Il punto è che adottare simili provvedimenti avrebbe un “costo politico” perché richiederebbe l’assunzione di scelte impopolari.
Del resto, dai ricongiungimenti familiari alla creazione delle «Associazioni professionali tra militari a carattere sindacale», è evidente che le priorità in materia sono altre.
L’Esercizio
Questo capitolo di spesa, come oramai noto ai più, rappresenta da anni gravi criticità per la persistente sottocapitalizzazione. Leggendo il dato relativo agli stanziamenti per il 2019 e cioè 1.746,4 milioni di euro, con una crescita di ben 327,6 milioni sul 2018, qualcuno potrebbe anche lasciarsi prendere da un certo entusiasmo.
In questo senso, è lo stesso DPP a dover ammettere che i fondi stanziati per il 2019 (all’apparenza un segnale positivo vista la notevole crescita rispetto all’anno scorso), in realtà sono “ingannevoli”. Sull’aumento di risorse rispetto al 2018 infatti, a incidere in maniera importante sono la maggiore dotazione dei «Fondi scorta» (che non costituiscono in alcun modo un reale aumento di dotazione finanziaria) e gli stanziamenti per il pagamento dei debiti pregressi della Difesa.
In pratica, si continua privilegiare quella parte dell’Esercizio più direttamente collegata al funzionamento dello Strumento Militare; questo mentre quella dedicata all’operatività e al suo mantenimento in efficienza soffre sempre di più.
Senza che peraltro si registrino particolari segni di miglioramento per gli anni venturi; a legislazione vigente (secondo cioè quanto definito dalla LdB 2019-2021) per il 2020 è previsto un modestissimo aumento di 10 milioni di euro, seguito da altri 14 milioni nel 2021. Davvero un’inezia.
E a poco serve anche il contributo offerto da una serie di voci in grado di apportare risorse aggiuntive. Si tratta di quanto viene versato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze alla Difesa per le missioni internazionali, delle riassegnazioni e infine dei corrispettivi di Difesa Servizi nonché di eventuali permute.
Per il 2019, il DPP stima che l’insieme di queste voci valga circa 1 miliardo di euro. Una cifra importante che però risulta composta per un 1/3 da ulteriori spese per il Personale (circa 330 milioni per le indennità dei militari impiegati nelle missioni all’estero) e per 2/3 da risorse che vanno a confluire nell’Esercizio (circa 770 milioni).
Ebbene, per quanto tutto ciò rappresenti un’autentica “boccata di ossigeno”, non si deve dimenticare che solo una minima parte di queste risorse aggiuntive riesce a coprire esigenze fondamentali quali l’addestramento dei contingenti destinati alle missioni all’estero e alla preparazione/ricondizionamento dei mezzi lì impiegati; anche in questo caso, infatti, assolutamente preponderante è la parte che va a coprire mere spese di funzionamento/di permanenza nei teatri operativi.
Nell’ambito di queste risorse aggiuntive, il DPP torna a precisare quanto anticipato dalla Deliberazione del Consiglio dei Ministri in merito alla partecipazione italiana alle missioni internazionali; e cioè che la somma effettivamente imputabile alla Difesa per quest’anno è pari a 784 milioni di euro, che vanno appunto a coprire le esigenze per le missioni militari all’estero.
E così, anche per quest’anno prosegue il programma SO.FU.TRA. (Sostegno Futuro alla Transizione); un meccanismo che preleva risorse in Conto Capitale per sostenere alcuni settori particolarmente in difficoltà: il mantenimento in efficienza di mezzi/sistemi d’arma, l’approvvigionamento di munizionamento, le esigenze di sostegno e supporto al Personale e la manutenzione straordinaria delle infrastrutture.
Tutto ciò si traduce in uno stanziamento complessivo di 237,9 milioni di euro; un ulteriore e importante aiuto che però, nel momento in cui lo stesso Investimento subisce sempre più i colpi delle varie “sforbiciate” di fondi, finisce con il mettere in difficoltà proprio quest’ultimo capitolo di spesa. Sullo sfondo rimangono infine tutte le perplessità di simili meccanismi che, da un lato dimostrano l’estrema “fragilità” del bilancio della Difesa (tale da costringere al ricorso di ogni tipo di espediente) e, dall’altro, restituiscono l’immagine della “partita di giro” (insomma, sempre gli stessi soldi che vengono fatti girare per mettere una toppa al buco di turno).
Per un tema che sta a cavallo dei capitoli di spesa dell’Esercizio e dell’Investimento, continua la denuncia anche in questo DPP della grave situazione complessiva legata alle infrastrutture; mancano cioè risorse sia per la manutenzione (ordinaria e straordinaria) delle infrastrutture stesse, sia quelle per il loro rinnovamento.
Un patrimonio sempre più vecchio, che fatica ad adattarsi da un lato alla continua riduzione del Personale e, dall’altro, dalle nuove esigenze che nascono. In tale ottica viene annunciato un «Master plan infrastrutturale».
In realtà, nulla di particolarmente originale: ridimensionare ulteriormente il numero degli immobili, ottimizzando gli spazi disponibili con l’accorpamento presso un’unica sede di più Enti; dismettere/valorizzare gli immobili non più utili; contenere gli oneri di gestione relativi al mantenimento delle infrastrutture e ammodernare tutte le infrastrutture che rimarranno in uso, sulla base delle priorità e delle esigenze dello strumento.
Per un maggior dettaglio delle voci comprese nel capitolo di spesa dell’Esercizio (così come per una sommaria ricostruzione delle altre componenti del bilancio del Ministero della Difesa (MinDife) e cioè: Funzione Sicurezza del territorio, funzioni esterne e Ausiliaria) si rimanda nuovamente all’articolo sul Bilancio della Difesa 2019.
Investimento
E’ proprio su questo capitolo di spesa che l’arrivo del DPP costituisce un passaggio fondamentale nella ricostruzione dell’esatto ammontare delle risorse disponibili; mentre infatti i dati relativi al Bilancio del MinDife erano già noti, quelli stanziati all’interno dello Stato di Previsione del Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) emergono con chiarezza solo con il DPP stesso.
In questo senso, il quadro si presenta oggettivamente preoccupante anche se le informazioni contenute in questo Documento consentono di chiarire meglio la natura dell’intervento operato; sia sul bilancio del MinDife, sia su quello del MISE.
Partiamo dai numeri. Per quanto riguarda il primo dei 2 Dicasteri, il totale delle risorse stabilite dalla LdB 2019-2021 è pari 1.869,9 milioni.
Rispetto al 2018, la differenza negativa è pari a ben 435,6 milioni di euro.
Tuttavia, per capire meglio il significato di quanto accaduto, occorre aggiungere le spiegazioni fornite dal DPP; quest’ultimo attribuisce il decremento sul 2019 quale effetto dell’introduzione del «Nuovo concetto di impegno», basato su un più puntuale allineamento delle risorse disponibili con l’esatto momento del loro pagamento.
Tanto che i 493,2 milioni sottratti al bilancio 2019 saranno poi “restituiti” negli anni successivi: 214,8 milioni nel 2020, altri 234,7 milioni nel 2021 e gli ultimi 43,7 milioni nel periodo 2022-2028.
E infatti, almeno secondo la LdB vigente, lo stesso Investimento dovrebbe beneficiare già dal 2020 di questi movimenti. Il prossimo anno dovrebbe risalire a 2.444,3 milioni mentre nel 2021 la cifra disponibile raggiungerebbe i 2.585,2.
Per quanto riguarda la spiegazione fornita dallo stesso Ministero, secondo il quale l’intervento complessivo sull’Investimento sarebbe dunque frutto di una rimodulazione delle risorse che ha comportato semplicemente il loro spostamento su esercizi finanziari successivi (senza impattare cioè sui programmi già avviati o di prossimo avvio), c’è da dire che essa non convince del tutto.
In primo luogo, perché in realtà la stessa LdB 2019-2021 prevede espressamente il taglio (non la rimodulazione) di 85 milioni di euro per il 2019.
E in secondo perché alla fine, spostare risorse non vuol dire aumentare risorse.
Nel frattempo, come ricordato, il DPP fornisce i dati anche sugli stanziamenti del MISE, pari a 2.446,2 milioni di euro; anche in questo caso la diminuzione rispetto al 2018 è davvero pesante: altri 331,4 milioni in meno.
C’è però da aggiungere come anche buona parte di questa riduzione sia in realtà rappresentato da rimodulazioni o riprogrammazioni degli stanziamenti. A oggi quindi, non veri e propri tagli ma spostamento in esercizi finanziari successivi di pagamenti previsti per il 2019.
Con una differenza fondamentale rispetto a quanto visto per il MinDife; mentre infatti per quest’ultimo è prevista una risalita degli stanziamenti nel prossimo biennio, non altrettanto si può dire per il MISE.
A legislazione vigente, nel 2020 è prevista un’ulteriore contrazione fino a quota 2.291,7 milioni di euro, mentre nel 2021 si conserverebbe a fatica quota 2 miliardi con i 2.023,7 milioni previsti.
Resta il fatto che la somma degli stanziamenti provenienti dalla Difesa e dal MISE conoscerà nel 2019 un picco assolutamente negativo; alla fine infatti, essa dovrebbe assestarsi sui 4.322,3 milioni di euro circa, contro i 5.083,1 milioni del 2018. Insomma, una diminuzione netta di poco superiore 760 milioni di euro!
Sebbene in ripresa, anche per i prossimi 2 anni tale somma resterebbe bassa; poco più di 4,7 miliardi nel 2020 e poco più di 4,6 miliardi l’anno successivo. Sempre e comunque inferiore a quel livello di 5,5 miliardi da tempo considerato come il minimo indispensabile per garantire un passo adeguato al processo di ammodernamento e rinnovamento delle Forze Armate.
A fronte di “vorticosi” spostamenti di fondi da un anno a un altro (o, come visto in precedenza, da un capitolo di spesa a un altro), le risorse rimangono sostanzialmente poche.
Come più volte denunciato, a fare danni non è solo la sempre più forte sottocapitalizzazione che si registra in alcuni settori ma anche l’impossibilità di pianificare partendo per l’appunto da un livello di risorse anche modesto ma comunque costante nel tempo. È infatti del tutto evidente che le continue e talvolta violente fluttuazioni in termini di stanziamenti siano il peggior nemico di un’attività di pianificazione efficiente.
I “fondoni”
Sempre da un punto di vista prettamente finanziario, il DPP non poteva non far cenno ai 2 Fondi avviati con le ultime Leggi di Bilancio: il “Fondo per gli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese” (Articolo 1, comma 140 della LdB 2017 e Articolo 1, comma 1072 della LdB 2018) e il “Fondo per il rilancio degli investimenti per le amministrazioni centrali” (Articolo 1, comma 95 della LdB 2019).
Il punto è che questi fondi potenzialmente importanti (si veda: Gli investimenti per la Difesa dopo lo sblocco di 7,2 miliardi del MISE) stentano ancora a dimostrare una reale importanza.
E una spiegazione, di fatto, la fornisce lo stesso DPP illustrando quali siano i loro ambiti di intervento prioritario che, di fatto, indicano una prevalente azione per i programmi esistenti.
Insomma, i programmi davvero nuovi sono pochi e (come si vedrà in seguito) spesso finanziati per le sole fasi di studio o di sviluppo o, ancora, non interamente finanziati.
Se a ciò aggiungiamo ritardi nell’approvazione degli schemi di riparto delle risorse, qualche taglio e altri problemi vari congeniti (rappresentati soprattutto dal fatto che le somme più consistenti liberate da questi si materializzeranno ben dopo la metà del prossimo decennio…), il quadro si presenta ancora parzialmente confuso.
Laddove peraltro, sempre in termini di ambiti prioritari di intervento sull’Investimento, la situazione non cambia di molto quando nella sezione dedicata a «Lo sviluppo dello Strumento Militare» si delineano le direttrici lungo le quali ci si intende muovere a livello di risorse complessivamente disponibili (MinDife e MISE); ancora una volta, l’attenzione sarà più rivolta ai programmi esistenti che non all’avvio di nuovi.
Sullo sfondo, l’ennesima richiesta di dare maggior stabilità al settore Difesa, in particolare sull’Investimento. E più precisamente, una “Legge pluriennale per gli investimenti della Difesa” di durata sessennale; in pratica, la riproposizione di quanto già ipotizzato in fase di Libro Bianco 2015 e di discendente Disegno di Legge (DdL).
Un importante sviluppo rispetto a tutto quanto fin qui detto si registra infine sul fronte del DdL per l’Assestamento di Bilancio; un provvedimento che modifica (parzialmente) il quadro della situazione, soprattutto sul capitolo dell’Investimento stesso. Sul fronte del bilancio ordinario della Difesa infatti si registrerebbe una variazione positiva, costituita dalle integrazioni per riparto del già citato “fondone” relativo all’Art. 1 Co. 1072.
Già il DPP anticipava che tali somme sarebbero state inserite nelle disponibilità della Difesa stessa dall’anno 2019. Ebbene, l’Assestamento quantifica tali integrazioni in 216,5 milioni. Una notizia dunque positiva, rapidamente “smorzata” però dalla definitiva indisponibilità di 150,2 milioni di euro. Si tratta dell’accantonamento disposto con la LdB 2019 e che (a causa del peggioramento dei conti pubblici) è stato trasformato in un vero e proprio taglio.
E’ da notare che, in teoria, anche i bilanci della Difesa dei prossimi anni andranno a beneficiare della definitiva ripartizione delle risorse di quel “fondone”; modificando in positivo la possibile evoluzione degli stanziamenti.
Movimenti simili si evidenziano inoltre sul bilancio del MISE. Anche in questo caso l’Assestamento presenta variazioni positive (+ 137,3 milioni) e negative (- 100 milioni) in conseguenza di provvedimenti analoghi a quelli visti per il MinDife; con spostamenti dunque non particolarmente rilevanti.
Lo sviluppo dello Strumento Militare
Se fino a questo momento, l’analisi dell’Investimento è stata declinata pressoché esclusivamente all’insegna dei numeri, è giunto il momento di allargare lo sguardo analizzando le linee di sviluppo delle Forze Armate.
Il tutto non senza aver prima ricordato (così come fa il DPP stesso) il contesto nel quale la Difesa opera; un contesto rappresentato dalle 4 missioni fondamentali assegnate alle Forze Armate.
- La prima missione, la difesa dello Stato;
- La seconda missione, la difesa degli spazi euro-atlantici ed euro-mediterranei;
- La terza missione, il contributo alla realizzazione della pace e della sicurezza internazionali;
- La quarta missione, concorsi e compiti specifici.
Si tratta di un quadro ampiamente consolidato e codificato, che stabilisce l’ordine d’importanza delle missioni assegnate allo Strumento Militare del nostro Paese.
Anche in questa occasione, si è trovato il modo e il tempo (in maniera comunque ormai prevedibile) di ribadire il concetto in base al quale: «… si assisterà ad un incremento qualitativo e quantitativo delle attività connesse all’assolvimento della quarta missione, anche nell’ottica del rafforzamento della resilienza nazionale».
Ancora una volta, si ribadisce che: se è vero che una serie di cambiamenti epocali (sociali, politici, economici, tecnologici, climatico/ambientali) si stanno materializzando in maniera evidente, altrettanto vero è che essi non produrranno affatto per le Forze Armate un maggior impegno in chiave domestica. Queste ultime dovranno sì cambiare per affrontare scenari operativi (e conflitti) diversi; ma di certo non dovranno farlo rispondere sempre più a calamità naturali o a esigenze di sicurezza interna/ordine pubblico.
Non a caso nell’audizione informale presso le commissioni Difesa congiunte di Camera e Senato del 18 luglio, il capo di Stato maggiore, generale Enzo Vecciarelli, ha delineato un quadro di situazione geo-strategico internazionale nel quale “l’Italia è’ attraversata da un continuum di flussi veicolanti al tempo stesso opportunità, sfide e minacce per la sicurezza nazionale”.
Il generale ha sottolineato che “tale situazione implicherà per le Forze armate la necessità ancora più stringente di mantenere e rafforzare capacità militari classiche al fine di poter essere credibili e in grado di svolgere con efficacia gli impegni futuri“.
Nel complesso l’obiettivo che emerge dal DPP è disporre di uno Strumento Militare bilanciato in termini quantitativi, qualitativi e capacitivi, in grado di operare a difesa del Paese e a salvaguardia dei suoi interessi vitali.
A tale scopo:
- La componente Terrestre dovrà essere bilanciata e flessibile, orientata a intervenire nelle aree di prioritario interesse nazionale, capace di assicurare rapidi schieramenti di truppe idonee a operare lungo l’intero spettro delle operazioni;
- La componente Marittima dovrà essere in grado di contrastare potenziali minacce alla liberta dei traffici marittimi e proteggere l’accesso alle risorse nelle aree di prioritario interesse nazionale;
- La componente Aerea dovrà assicurare, capacità di Comando e Controllo, di Difesa Aerea e Missilistica Integrata (DAMI), di penetrazione strategica e di ingaggio di precisione degli obiettivi, di Airborne C4 I2, di mobilità aerea e proiezione delle Forze, di ricerca e soccorso, nonché di pattugliamento e ricognizione sul territorio nazionale e nelle aree d’intervento;
- La componente spaziale dovrà esprimere capacità negli ambiti di Comando, Controllo e Comunicazioni, Positioning/Navigation/Timing (PNT), Intelligence, Surveillance & Reconnaissance (ISR), METeorologia e Oceanografia (METOC), ISR Ottico, RADAR e Iperspettrale, SIGnal INTelligence;
- La componente Cyberspace, proseguirà il proprio potenziamento secondo un approccio integrato nel contesto ICT/C4, delle capacità tecnologiche, operative e di analisi e, non da ultima, nella promozione della cooperazione interministeriale, interagenzia, intersettoriale e internazionale;
- La componente Forze Speciali, dovrà continuare a esprimere capacità adeguate ai compiti assegnati.
Di conseguenza, sono state elaborate delle linee di sviluppo capacitivo legate alle Capacità Operative Fondamentali (COF), identificate in ambito nazionale e NATO; di seguito sinteticamente riassunte:
- Preparazione delle Forze: in questo ambito, sono previste due differenti linee di sviluppo: una relativa ai sistemi di simulazione e una alla pianificazione/condotta di eventi addestrativi;
- Comando, Controllo e Consultazione (C3): all’’interno di questa COF saranno perseguiti il potenziamento e l’interoperabilità dei sistemi C3, di telecomunicazioni e di tutto ciò che ricomprende i domini cibernetico e spaziale;
- Capacità informativa: fondamentale per il miglioramento/velocizzazione del processo decisionale, tale COF sarà potenziata attraverso lo sviluppo di sistemi ISTAR, di Guerra Elettronica e nelle attività afferenti (ancora una volta) i domini cibernetico e spaziale;
- Protezione delle forze e capacità d’ingaggio: qui lo spettro delle direttici di sviluppo è ampio, dai sistemi di contrasto agli IED alla protezione di infrastrutture, mezzi e personale, fino al contrasto delle minacce CBRN. Inoltre si agirà sull’intero spettro delle capacità d’ingaggio delle componenti terrestre, marittima, aera e Forze Speciali, l’ammodernamento dei sistemi di scoperta e difesa aerea;
- Proiezione delle Forze: nell’ambito di questa COF, la Difesa perseguirà l’obiettivo di aumentare la proiettabilità delle forze (per esempio, attraverso una moderna «Capacità Nazionale di Proiezione dal Mare»);
- Sostegno delle Forze: Il potenziamento della capacità di supporto delle forze sarà attuato mediante il mantenimento/rinnovamento delle linee operative dedicate a tale funzione e il rinnovamento della capacità complessiva di sostegno logistico terrestre, marittimo e aereo.
Insomma, un quadro complessivo che letto nella sua interezza, restituisce complessivamente l’idea di uno sforzo destinato a esprimere davvero uno strumento militare bilanciato anche se in concreto le scelte fin qui operate non sembrano andare in quella direzione.
I programmi di Investimento
In maniera quasi inevitabile, anche il DPP di quest’anno ripropone le “singolari” categorie utilizzate per identificare i diversi programmi di Investimento; cioè a dire: Multipurpose-by-design, Eticamente Allineato, Energeticamente Neutro, Basato su Tecnologie Emergenti, sulle quali pare decisamente inutile soffermarsi…
Per quanto riguarda i programmi di prossimo avvio nell’anno in corso si segnalano:
- I sistemi «New Generation Identification Friend or Foe (NGIFF) – 2ª fase», con 30 milioni nel 2019 su un totale di 188 complessivi fino al 2025,
- il vasto complesso di attività dedicate alla digitalizzazione della Difesa/ misure di sicurezza informatica/ potenziamento della rete con 12,9 milioni di euro nel 2019 su 524,5 milioni totali fino al 2033,
- i prossimi 2 satelliti della costellazione «COSMO SkyMED 2nd Generation» (CSG) con 52 milioni nel 2019 e 212 totali fino al 2024,
- il sistema di interfaccia «MUltinational Space-based on Imaging System-Common Interoperability Layer» (MUSIS-CIL) con 6,9 milioni nel 2019 su 18,4 totali fino al 2021,
- la «Ricerca tecnologica militare» con 10 milioni nel 2019 su 69,5 totali fino al 2033, la cooperazione in ambito UE-PESCO con 5 milioni nel 2019 su 62,4 milioni totali fino al 2024,
- il «Mantenimento delle capacità operative» con 49,5 milioni nel 2019 quali parte dei 1.152,6 totali fino al 2033 (in larghissima parte concentrati però alla fine del periodo…),
- la flotta «Trasporto/Utility» e APR con 5 milioni nel 2019 sui 700,3 totali fino a 2029 (in pratica, ciò che rimane dell’originario progetto di acquisto degli APR del tipo P2HH),
- l’intervento sulle reti e le infostrutture della Difesa con 10,5 milioni nel 2019 su 659,7 totali fino a 2033 (anche qui, con una parte significativa dei fondi concentrata alla fine del periodo),
- la sola fase di sviluppo del sistema missilistico CAMM-ER con 1 milione nel 2019 sui 95 totali fino al 2024 (programma “resuscitato” dopo essere stato cancellato).
Tutti questi programmi hanno una dimensione Interforze.
Per l’Esercito Italiano si evidenziano:
- il mantenimento della linea carri Ariete con 4 milioni nel 2019 e 35 totali fino al 2021 (niente a che vedere con la precedente programmazione che prevedeva un più ampio Ammodernamento di Mezza Vita),
- i «Sistemi Individuali di Combattimento» (SIC) con 24,9 milioni nel 2019 e 725,8 totali fino al 2031 (ma il completamento del programma ne richiede altri 882) i mezzi di soccorso per pubbliche calamità con 40 milioni nel 2019 e 380 totali fino al 2027 (sui quali si potrebbe fare qualche considerazione non proprio benevola),
- il «VTLM Lince 2» con 1 milione nel 2019 e 305,1 totali fino a 2033 (ma anche qui mancano risorse, per la precisione 253 milioni, per completare il programma,
- l’avvio del «Light Utility Helicopter» (LUH) interforze con 8,2 milioni nel 2019 e 382 totali fino al 2026 (ma anche l’onere complessivo è ben più ampio perché pari a 2.200 milioni),
- mezzi per concorso alle Forze di Polizia con 2 milioni nel 2019 e 77,4 totali fino a 2027 (e anche su questo programma…).
In ambito Marina Militare:
- la nuova unità navale «Special & Diving Operations Submarine/Rescue Ship» (SDO/SuRS) con 28 milioni nel 2019 e 424 totali fino al 2032,
- la nuova «Unità Idro-Oceanografica Maggiore» (NIOM) con 1 milione nel 2019 e 300 totali fino a 2032,
- i nuovi sottomarini «U-212 Near Future Submarine» con 11 milioni nel 2019 e 806 totali fino al 2030 (ma, ancora una volta, insufficienti per completare il programma con i suoi 2.305 milioni)
- il sistema missilistico «Teseo Mk.2/Evolved» con 8 milioni nel 2019 e 150 totali fino al 2025 (mancano 245 milioni per il suo completamento).
Per quanto d’interesse dell’Aeronautica Militare:
- il programma di auto-protezione dei velivoli della Difesa con 25 milioni nel 2019 e 243,5 in totale fino a 2027,
- il completamento delle capacità Search And Rescue (SAR) con nuovi elicotteri medi e 5 milioni nel 2019 più altri 760 fino al 2033,
- l’ammodernamento dei radar «Air Traffic Control» (ATC) con 11 milioni nel 2019 e 152 totali fino al 2027,
- i veicoli antincendio Dragon con 4 milioni nel 2019 e 46 in totale fino al 2027.
Nel complesso, si rileva che la quasi totalità di questi programmi trova finanziamento proprio all’interno dei “fondoni” declinati nelle varie versioni.
Inoltre, è sufficiente un rapido confronto con il DPP dell’anno scorso per verificare quanti dei «Programmi di prossimo avvio nel 2019» avrebbero dovuto, in realtà, essere già partiti per l’appunto lo scorso anno. Con questi “trascinamenti” che confermano così in pieno tutte le difficoltà di programmazione/pianificazione.
In questa edizione del DPP viene inoltre fornito il dettaglio anche dei programmi che saranno avviati nel 2020-2021.
Si comincia dall’Esercito con i sistemi di simulazione che riceveranno 0,5 milioni nel 2020 e avranno un impatto finanziario complessivo di 19,5 milioni fino al 2025 (ma per il suo completamento mancano 25,5 milioni) e si conclude con il programma per il munizionamento di vario calibro che partirà nel 2021 con 0,7 milioni e ne assorbirà altri 207 fino al 2033 (anche in questo caso mancano ben 393 milioni per il completamento).
Per la Marina si segnala l’avvio della fase di studio per le «Unità Navali Polivalenti di Contro Misure Mine» (CMM) con appena 3 milioni tra il 2024 e il 2024 più la munizione guidata «Vulcano», con 0,2 milioni nel 2020 mentre gli attuali finanziamenti prevedono altri 88 milioni circa fino al 2033 (a fronte di un fabbisogno complessivo ben superiore e pari a 344 milioni).
Per l’Aeronautica sono previsti l’ammodernamento di mezza vita del missile Storm Shadow che parte con 1 milione di euro nel 2020 e prosegue fino al 2024 con altri 56 milioni (e, ancora una volta, mancano quasi 80 milioni per l’effettivo completamento), la creazione di una «Operational Training Infrastructure» per i diversi simulatori di volo che vede assegnati i primi finanziamenti nel 2020 con 1 milione di euro e prosegue fino al 2025 con un finanziamento totale di 20,2 milioni (tanto per cambiare, l’onere complessivo è però ben superiore: 181 milioni), l’acquisto di armamento di precisione per i velivoli con 0,5 milioni del 2020 su un totale di 72 milioni fino al 2029 (ma il programma ha un onere complessivo di 540 milioni) e l’ammodernamento delle reti/sistemi radar per l‘osservazione meteorologica dell’AM e con 1 milione nel 2020 e altri 13 fino a 2033 (il programma ha però un onere complessivo di 57 milioni).
Ancora la forza aerea ha in previsione l’integrazione dei sistemi d’arma con i sistemi «C6ISTAR-EW» nazionali che è destinata a partite nel 2021 con 0,3 milioni e proseguire fino al 2033 con altri 71 milioni (con un onere complessivo del programma di 333 milioni…) e l’integrazione degli assetti aerei nella «Air Expeditionary Task Force – Combat Service Support» (AETF – CSS) con 0,4 milioni nel 2021 e altri 11 fino al 2033 (e, ovviamente, anche questo privo di finanziamento completo visto che l’onere complessivo è di 20 milioni).
Non sfugge come sia elevata la percentuale di programmi che sono avviati senza che ne sia assicurata la disponibilità di fondi per il loro completamento. Prima di passare ai programmi in qualche modo effettivi (cioè quelli «Operanti»), un breve cenno anche a quelli attualmente «Privi di finanziamento». Un elenco lunghissimo.
Per la COF legata alla «Preparazione delle Forze»: con i programmi legati all’acquisizione di velivoli leggeri per addestramento, sistemi di simulazione Live, Virtuale e Constructive, simulatori di volo, il fabbisogno complessivo è indicato in 935,6 milioni di euro.
Per la «Proiezione delle Forze»: dal completamento dell’HUB aereo nazionale ai sistemi per i velivoli MC-27J, più altri programmi, il fabbisogno è di 63,7 milioni.
Lungo l’elenco riferito alla «Protezione delle Forze e Capacità d’Ingaggio»: rinnovamento delle capacità delle Forze Speciali, del parco veicoli tattici ruotati, acquisizione di «Sistemi Individuali di Combattimento», di veicoli corazzati trasporto truppe, di missili contro-carro, sviluppo di un sistema missilistico di difesa aerea integrata europeo, di un caccia europeo di 6ª generazione (quale, però, non è ancora dato sapere), di un carro armato europeo, di unità cacciatorpediniere sempre in ambito europeo e l’acquisizione delle nuove «Unita Navali Polivalenti di Contro Misure Mine»; un elenco (che non è comunque completo) per complessivi 3.743.4 milioni.
Per il «Sostegno alle Forze»: nuove unità «Logistic Support Ship», supporto logistico linee elicotteri Difesa, supporto e aggiornamento delle fregate della classe FREMM, rinnovamento logistica portuale, più altro ancora, per complessivi 3.202,7 milioni.
Alla COF legata al «Comando, Controllo e Consultazione (C3)»: per interventi vari sulle reti e le strutture informatiche, informative e spaziali, eccetera, il fabbisogno complessivo è indicato in 779,1 milioni.
Infine, per la «Superiorità Decisionale»: per l’acquisizione di velivoli UAV/APR delle classi Micro e Mini, imbarcati ma anche su quelli della categoria MALE, sviluppo e acquisizione di sistemi di raccolta, analisi e disseminazione dati, velivoli equipaggiati per l’«Airborne Early Warning» e altro ancora, sono richiesti fondi per complessivi 911,1 milioni.
I programmi di Investimento «operanti»
Ovviamente, anche la descrizione di quanto già per l’appunto operante segue la suddivisione secondo le cosiddette COF.
Dunque, si parte dalla «Preparazione delle Forze» che prevede stanziamenti a favore del Poligono Interforze Salto di Quirra (PISQ) con 14,4 milioni di euro nel 2019 e stanziamenti successivi per un totale di 222.3 milioni, gli interventi sul parco infrastrutturale della Difesa con 22,5 milioni nel 2019 e ulteriori risorse almeno fino al 2024 per 283,2 milioni, l’insieme delle opere di bonifica con 8,4 milioni nel 2019 e altri 28,4 milioni fino al 2024 (ma entrambi questi 2 programmi sono destinati a proseguire oltre questa data), il capitolo dedicato a dissesto idrogeologico e risanamento ambientale vale 11,7 milioni nel 2019 su un totale di 529 milioni fino al 2032, la prevenzione del rischio sismico riceve 12,9 milioni nel 2019 nell’ambito di un intervento complessivo dell’importo di 802,2 milioni fino al 2032, gli alloggi della Difesa ricevono 9 milioni quest’anno all’interno di uno stanziamento totale di 89 milioni fino al 2024, le infrastrutture NATO pesano per 66,6 milioni nel 2019 a fronte di un impatto totale di 332,9 milioni fino al 2024 (programma destinato comunque a proseguire). E questo in ambito Interforze.
Per l’Esercito si ricordano i sistemi di simulazione che ricevono importi modestissimi da qui fino al 2023, le bonifiche/dismissioni dei mezzi corazzati 3 milioni di euro l’anno fino al 2024, la costituzione del centro Security Force Assistance (SFA) dell’Esercito che riceve complessivi 1,6 milioni nel biennio.
Poi c’è il piano di ammodernamento della segnaletica della Marina con 0,3 milioni per ciascun anno fino al 2021 (e altri 0,8 milioni nel triennio 2022-2024), quindi il “Piano Brin” sugli Arsenali con 3 milioni nel 2019 e altri 12,1 fino al 2023.
Infine, i programmi per i 2 addestratori dell’Aeronautica; vale a dire il T-345 con 41 milioni nel 2019 e complessivi 475 fino al 2030 e il T-346 con 36 milioni nel 2019 e altri 9 nel prossimo anno. Per entrambi, a causa di integrazioni di diverse attività di supporto, sarà da verificare la disponibilità di tutte le risorse necessarie per il loro completamento.
Tutti i programmi menzionati sono finanziati tramite il Bilancio Ordinario (BO) della Difesa; a eccezione di quelli legati a T-345 e -346 che sono invece coperti dal MISE.
Il settore della «Proiezione delle Forze» è quasi completamente occupato dalla Marina con gli stanziamenti per nave Cavour con 13,7 milioni sia nel 2019 che nel 2020, la LHD Trieste con 113,8 milioni nel 2019 e altri 399,3 fino al 2033, gli elicotteri NH-90 che sono destinati EI e MM in diverse versioni e che ricevono 252 milioni nel 2019 più altri 768 fino al 2031 e, infine, le capacità di aviolancio di battelli gonfiabili a chiglia rigida con 1,26 milioni nel 2019.
Nave Trieste e NH-90 sono finanziati dal MISE, gli altri dal BO della Difesa.
La COF legata alla «Protezione delle Forze e Capacità d’Ingaggio» è inevitabilmente quella con la “lista della spesa” più consistente.
E si parte subito dall’ambito Interforze con il programma più costoso (e controverso): l’F-35. Nello “specchietto” dedicato si ricapitolano alcuni tratti essenziali ma, ovviamente, non si scioglie certo il nodo delle decisioni. Si continua dunque nel rispetto gli impegni già sottoscritti con 690 milioni per il 2019 e altri 2,3 miliardi fino al 2024; oltre quella data non vengono fornite indicazioni. Il programma di ammodernamento della capacità «Cyber» della difesa riceve 1,4 milioni nel 2019 e altri 105 fino al 2032. Entrambi finanziati con il BO della Difesa.
A seguire, per l’Esercito l’elenco inizia con il programma «Famille de missiles Sol-Air Futurs» (FSAF) riceve 16,1 milioni sia nel 2019 che nel 2020, l’acquisizione di APR classe Micro riceve 3 milioni nel 2019, i sistemi di difesa attiva delle basi avanzate (Forward Operating Base, FOB) non è finanziato nel 2019 ma riceve 2,9 milioni ilo prossimo anno, i VBM Freccia ricevono appena 15 milioni nel 2019 a fronte di successivi finanziamenti destinati a completarsi nel 2032 pari a 1.485,8 milioni, la blindo Centauro II riceve 30 milioni per quest’anno mentre gli stanziamenti successivi fino al 2030 sono pari a 791,7 milioni.
Il programma (urgente) di acquisto di alcuni VTLM vede lo stanziamento di 1,6 milioni nel 2019, il reintegro di mezzi da utilizzare in caso di calamità riceve 22,6 milioni di euro quest’anno, la fase di sviluppo del «Sistema Individuale di Combattimento» (SIC) non riceve fondi nel 2019 e appena 11 milioni l’anno prossimo.
E ancora l’avvio (“a sorpresa”) di un importante programma di collaborazione nel campo dei veicoli corazzati (ruotati e cingolati) con Israele con 1,1 milioni nel 2019 e altri 16,8 fino al 2021, il nuovo «Elicottero da Esplorazione e Scorta» (N-EES) che disporrà di 55 milioni per quest’anno e altri 745,3 fino al 2027, lo sviluppo del VTLM 2 con 15 e 22,9 milioni nel biennio 2019-2020, il nuovo missile B1NT (evoluzione dell’Aster 30) con 10,7 milioni nel 2019 e 384,3 (da integrare con risorse aggiuntive) fino al 2029, i mezzi e i materiali speciali per le Forze Speciali con 2,6 e 3,5 milioni nel biennio e, infine, i disturbatori portatili con uno stanziamento complessivo di 3,1 milioni nel periodo 2019-2021.
I programmi relativi al VBM Freccia, Centauro II, N-EES, VTLM-2 e B1NT sono finanziati dal MISE, il resto con il BO della Difesa.
Rimanendo nello stesso ambito, inteso come COF di riferimento, per la Marina gli stanziamenti previsti servono a finanziare il programma per il nuovo siluro pesante per i sottomarini con 7 milioni nel 2019 e un totale di 3 nel prossimo biennio, il sistema missilistico controcarro di 3ª generazione che non riceve fondi nel 2019 e 0,8 milioni nel 2020, il siluro leggero MU-90 anch’esso privo di finanziamento per quest’anno e con 0,5 milioni nel prossimo, le fregate FREMM con 379,3 milioni nel 2019 e altri 877,7 fino al 2033, le cifranti KIV 7M con 0,6 milioni nel 2019 e 1 milione il prossimo anno, il programma di Ricerca/Sviluppo su apparati e sistemi delle unità navali con 0,3 milioni nel 2019, il piano di ammodernamento delle Forze Speciali (in particolare del Gruppo Operativo Incursori, GOI) con 12,7 milioni per quest’anno e un totale di altri 86,3 milioni fino al 2027.
E ancora l’Ammodernamento di Mezza Vita dei cacciamine della classe Gaeta che però è privo di finanziamenti per questo biennio per ricevere poi 16,8 milioni fino al 2022, il completamento del programma dei cacciatorpediniere classe Orizzonte con 10,1 milioni nel 2019 e nel 2020, così come quello relativo ai sottomarini U-212A della 1ª serie con 7,3 milioni nello stesso biennio, la nuova classe di «Pattugliatori Polivalenti d’Altura» (PPA) con 515,2 milioni del 2019 e 2.263,3 per il suo completamento fino al 2034 nonché, infine, le «Unità Navali Polivalente Alta Velocità» (UNPAV) con 0,4 milioni nel triennio e altri 2,2 fino al 2027. I programmi legati alle FREMM, ai PPA e alle UNPAV sono a carico del MISE, il resto del BO della Difesa.
Per l’Aeronautica la rassegna si apre con il missile Meteor e suoi 16,6 milioni per il 2019 più altri 36,9 fino al 2024, il missile antiradiazioni AGM-88E con 15,6 milioni nel 2019 e gli ultimi 10,9 l’anno prossimo, il caccia Ef-200 con 612 milioni nel 2019 e altri 2.397 fino al 2026 (se non oltre…), gli interventi ammodernamento/ aggiornamento della linea Tornado con 131,3 milioni per quest’anno e altri 397,3 fino al 2027, gli elicotteri per il CombatSAR HH-101 con 118 milioni per il 2019 e ulteriori 400 fino al 2029.
Inoltre il programma legato alla «Capacità aerea non convenzionale» che si esaurisce nel biennio con 22,3 e 3,6 milioni, il potenziamento delle capacità delle Forze Speciali con somme modeste di 0,3 e 1 milione nei 2 anni, la capacità di contrasto nei confronti di Mini/Micro APR con 1,5 milioni nel 2019 e, il completamento del programma di sviluppo/integrazione dello YEC-27J con 11 milioni.
A eccezione dei programmi EF-2000, HH-101 CSAR e (in parte) quelli sulla linea Tornado che sono finanziati dal MISE, il resto è a carico del BO.
Con riferimento al «Sostegno alle Forze», i programmi operanti in ambito Interforze sono quelli relativi a un vasto e articolato piano a sostegno delle Forze Armate di durata triennale con 346,6 milioni nel 2019 e altri 1.621,9 nel prossimo biennio, il Sostegno Funzionale alla Transizione (SO.FU.TRA.) con 50,8 milioni nel 2019 e altri 121,7 fino al 2022, la ricerca sanitaria con 0,5 milioni nel biennio, la manutenzione della rete integrata della Difesa che però non ha risorse nel 2019, salvo poi disporre di fondi per 8,5 milioni fino al 2022 e il mantenimento delle capacità operative dei sistemi satellitari con 33,8 milioni nel biennio.
Per l’Esercito si trovano i programmi legati agli elicotteri CH-47F con 19,4 milioni nel biennio 2019-2020, il supporto logistico del sistema missilistico FSA con 39,8 milioni per ciascuno degli anni dal 2019 al 2022 e il SO.FU.TRA. con 89,6 milioni nel 2019 e altri 255 fino al 2023.
Con riferimento alla Marina i programmi di aggiornamento/supporto delle linee di elicotteri EH-101 (con un totale di 12 milioni nel biennio 2020-2021), NH-90 (17 milioni nel 2019) e degli aerei AV-8B con 16,5 milioni nel 2019 e altri 53,5 fino al 2024; quindi è la volta del programma SO.FU.TRA. con 71,6 milioni per quest’anno e altri 148 fino al 2022 e, infine, la «Logistic Support Ship» (LSS) Vulcano con 20 milioni nel 2019 e un totale di altri 22,7 milioni fino al 2029.
Per l’Aeronautica il solo programma SO.FU.TRA. con 25,9 milioni nel 2019 e un totale di ulteriori 287,3 fino al 2022. In questo settore, solo il programma LSS Vulcano è finanziato dal MISE; il resto è inserito nel BO della Difesa.
Quindi, è il turno della COF legata al «Comando, Controllo e Consultazione (C3)» con i programmi Interforze relativi all’acquisto di Software con 3,1 milioni di euro nel 2019, di cifranti e relativi algoritmi di cifrature con 5,3 milioni nell’attuale biennio, del «Multifunction Information Distribution System (MIDS)-Low Volume Terminal (LVT)» con 3 milioni l’anno fino al 2026, l’ammodernamento del settore crittografico della Difesa con 4,4 milioni in questo biennio, gli apparati radio «Software Defined Radio Nazionale» (SDR-N) con 2,8 milioni nel 2019 e il «New Generation Identification Friend of Foe» (NGIFF) con 3,7 milioni nel 2019-2020.
Passando in ambito Esercito, si distingue il programma «Forza NEC» per la cui fase di sviluppo sono stanziati con 65 milioni nel 2019 e altri 70,2 nel prossimo biennio, il potenziamento dei ponti radio, satelliti, sistemi VoIP con un totale di 35,5 milioni tra il 2020 e il 2028 più il rinnovamento della capacità «Cyber defence» con 2,6 milioni nel 2019 e altri 17 fino al 2032.
Per la Marina, prosegue il programma Link 11 con 0,4 milioni nel biennio. Tutti i programmi sono inseriti nel BO della Difesa.
SI passa poi al capitolo dedicato alla «Superiorità Decisionale», ricca di programmi Interforze. Si parte con il sistema satellitare Helios 2 con 6 milioni complessivi nel biennio 2019-2020, poi è la volta del CSG con 33,5 e 16 milioni dello stesso periodo, lo sviluppo e produzione del «Multinational Geospital Co-Production Program» (MGCP) con 9 milioni ripartiti in maniera uguale tra il 2020 e il 2022, la prosecuzione del contratto di leasing per la piattaforma aerea «Joint Airborne Multisensor Multimission System» (JAMMS) fino al 2021 con 6 milioni per quest’anno e altri 10,6 nei 2 anni successivi, il pattugliatore P-72A con 10 milioni per ciascun anno fino al 2021, la quota della partecipazione al sistema «Allied Ground Surveillance» (AGS) della NATO con 4,4 milioni nel 2019, terminali satellitari per sistema ATHENA-FIDUS con 2 milioni nel 2020 e altri 6 fino al 2030 e, infine, il «Piano spaziale della Difesa» con 2 milioni nel 2020 e ulteriori 22 fino al 2032.
In ambito Aeronautica prosegue il piano di aggiornamento della piattaforma APR Predator con 13,2 milioni di euro nel 2019. Tutti i programmi in questione sono finanziati con il BO della Difesa.
A completamento del quadro, una serie di spese «Non riconducibili a capacità»; oltre alle spese obbligatorie (22,6 milioni nel 2019 e somme crescenti negli anni a venire) e quelle relative ad accordi/contenziosi (stabilizzate sui 7 milioni l’anno), di grande valore sono quelle legate alla «Ricerca tecnologica», con 48,1 milioni l’anno fino al 2024.
Il “Bilancio della Difesa Integrato”
A corollario di questo approfondimento sul Bilancio della Difesa, una parte conclusiva destinata a fornire un quadro d’insieme più completo possibile.
Nonostante l’esigenza di affinare alcune informazioni, la “fotografia” del comparto Difesa stesso rispetto al 2019 e in termini di risorse disponibili appare sufficientemente consolidata, attraverso la somma degli stanziamenti per la Funzione Difesa, più lo stanziamento del MISE, più la stima dell’apporto dei Carabinieri alla Funzione Difesa medesima e, infine, più il costo delle missioni all’estero (finanziate dall’apposito fondo del Ministero dell’Economia e delle Finanze, MEF).
Nel dettaglio, aggiungendo per intero il capitolo delle riassegnazioni così come esposto dal DPP medesimo e seguendo la classificazione adottata in ambito NATO nell’inclusione anche della voce di spesa delle Pensioni, si ricava che il Personale continua a pesare per oltre il 67%, l’Esercizio si posiziona poco sopra al 12% mentre l’Investimento conserva a fatica una percentuale del 20%.
A dimostrazione che già recuperando questo squilibrio (portando cioè il Personale a pesare per non oltre il 50% del totale e impiegando quanto così ottenuto per i capitoli di spesa in sofferenza) si restituirebbe una “coerenza” complessiva ben diversa. Lo si ripete: anche solo a parità di (poche) risorse come quelle attuali.
A proposito di NATO, corre quasi l’obbligo di concludere questa analisi proprio con l’argomento degli impegni del nostro Paese nei confronti dell’Alleanza Atlantica.
Prima di tutto i numeri, visto che proprio recentemente e la NATO ha reso noto il suo rapporto sulle spese militari per quest’anno. Al netto dei numeri riportati resta il fatto che in termini di rapporto percentuale tra le spese per la Difesa e il PIL meno dell’Italia spendono solo 6 Paesi; almeno un paio dei quali molto vicini e, quindi, potenzialmente prossimi al sorpasso…
Al netto di qualche “artificio contabile” (già illustrati su Analisi Difesa nell’articolo le “Le spese per la Difesa in ambito NATO” nonché considerando gli aggiustamenti seguiti all’impiego del deflatore), l’immagine offerta è nitida: l’Italia non solo non sta facendo progressi sul percorso indicato dal vertice NATO in Galles nel 2014 ma sta gradualmente ma inesorabilmente peggiorando la propria condizione sotto forma di un sempre più basso livello quantitativo e qualitativo della propria spesa.
Di questo passo, il principale obiettivo da raggiungere nel 2024 (e cioè il 2% nel rapporto tra spese per la Difesa e PIL) non sarà conseguito prima di almeno 20 anni.
Detto della prima delle «3 C» (Cash, Capabilities & Contributions) e cioè «Cash», note dolenti sembrano delinearsi anche per la seconda; sul piano delle «Capabilities», pure il rispetto del paramento del 20% dei fondi per la Difesa destinati al «Major Equipment» (cioè all’Investimento) appare a rischio. Se poi continuasse la tendenza al disimpegno dalle missioni all’estero, anche la C di «Contributions» subirebbe un duro colpo.
In questo contesto appare poco rilevante la proposta del Ministro della Difesa di conteggiare anche le risorse: «…per il potenziamento della resilienza nazionale», con particolare riferimento alla «Cyber Security», alla «Energy security», alla sicurezza delle infrastrutture critiche e anche le spese sostenute nell’ambito di iniziative della Unione Europea nel campo della Difesa.
Prescindendo da eventuali considerazioni nel merito, sfugge la “ratio” di una simile proposta. Ampliare per tutti i membri dell’Alleanza le vcalutazioni circa il perimetro di spesa infatti non farebbe altro che spostare più in alto la stessa asticella del 2% amplificando le distanze tra l’Italia e gli allesti sul fronte degli stanziamenti per la Difesa e Sicurezza.
Immagini: www.difesa.it
Giovanni MartinelliVedi tutti gli articoli
Giovanni Martinelli è nato a Milano nel 1968 ma risiede a Viareggio dove si diplomato presso l’Istituto Tecnico Nautico per poi lavorare in un cantiere navale. Collabora con Analisi Difesa dal 2002 occupandosi di temi navali in generale e delle politiche di Difesa del nostro Paese in particolare. Fino al 2009 ha collaborato con la webzine Pagine di Difesa.