Il nuovo Libro Bianco della Difesa cinese
Il 24 luglio scorso è stato presentato, dal Consiglio di Stato Cinese, il nuovo Libro Bianco della Difesa, pubblicato con il titolo “China’s National Defence in the New Era”. Il documento, per la prima volta pubblicato anche in lingua inglese, sembra infatti essere rivolto principalmente verso la platea internazionale.
Il chiaro scopo, infatti, è rappresentato dal voler spiegare il ruolo della Difesa nell’organizzazione statale cinese e come questa sia il risultato della volontà nazionale di dotarsi di una Difesa all’altezza dei possibili impegni operativi, potenziata rispetto al passato e dotata di Forze Armate all’avanguardia.
Una netta inversione di rotta, quindi, rispetto al precedente documento, pubblicato nel 2015 con il titolo di “Chinese Military Strategy”, esclusivamente orientato su aspetti di carattere militare, e marittimo in particolare, nell’ argomentare la sensibile situazione di tensione nel South China Sea.
Quello che è infatti il fulcro attorno a cui ruota l’intero documento è il ruolo della Cina nella pace e stabilità del mondo. Partendo infatti dall’assunto di base che la People’s Republic of China (PRC) non ha mai iniziato una guerra o un conflitto negli ultimi settanta anni, sottolinea quanto il Paese sia coinvolto nel creare e sostenere ogni favorevole condizione tesa allo sviluppo globale attraverso il mantenimento della pace stessa.
Un’azione continua che si fonda su cinque principi di coesistenza pacifica: il rispetto dei diritti dei popoli; la non interferenza con gli affari interni degli Stati; la risoluzione dei conflitti internazionali attraverso il dialogo tra eguali e la negoziazione; la promozione di accordi di partnership non militare ed infine il contrasto alle aggressioni e le espansioni.
Uno scenario quindi che contrappone una Cina pacifica, stabile e promotrice di sviluppo, a degli Stati Uniti che manifestano, oggi più che mai, il loro spirito egemone, la facilità nell’esercitare pressione politica e l’inclinazione all’unilateralismo dei rapporti. Quest’ultimi infatti, con questo loro atteggiamento, si ritengono promotori di instabilità e spingono ad una corsa al riarmo, non solo quantitativa, ma anche qualitativa, con lo sviluppo incessante di tecnologie belliche in ogni dimensione.
La NATO stessa viene citata esplicitamente come veicolo di tali risultati, tanto da costringere la Russia ad adottare significative azioni di risposta altrettanto pericolose per la stabilità regionale e mondiale.
Da questo scenario particolarmente preoccupante viene invece isolato il Pacifico, ritenuto stabile ed in equilibrio, grazie alla fattiva azione dei suoi Paesi, “membri di una comunità with a shared destiny.
Anche in questo scenario però non viene lesinata una “stoccata” agli Stati Uniti, rei di minare la sicurezza regionale fornendo supporto militare e tecnologico alla Corea del Sud e di rinforzare le sue alleanze con Giappone ed Australia. Curiosamente, nella rappresentazione di questo teatro, non viene invece fatto nessun genere di accenno alla Corea del Nord, limitandosi semplicemente a riportare la penisola coreana come una possibile area di incertezza o frizione.
Gli unici rischi alla stabilità e sicurezza cinese vengono invece individuati nella minaccia portata dai separatisti, la cui attività viene ritenuta in aumento. Oltre alla scontata Taiwan, accusata come di consueto di rifiutarsi di riconoscere il principio “one country, two systems”, vengono riportati come elementi che possono rappresentare una minaccia alla sicurezza nazionale e alla stabilità sociale del Paese anche i separatisti per l’indipendenza del Tibet e per la creazione del East Turkistan (gli Uighuri del Sinkiang).
A chiudere quello che è lo scenario introduttivo del documento, viene sottolineato il clima di elevata competizione tecnologica e militare tra le potenze del Paese. Per la prima volta in un documento cinese, e ufficialmente nel panorama internazionale, questo periodo di significative innovazioni viene definito come una vera e propria Revolution in Military Affair (RMA). Termine questo utilizzato da studiosi ed analisti per sottolineare l’introduzione di significativi elementi strategico-militari ed il conseguente paradigm-shift dottrinale nelle organizzazioni militari di tutto il mondo.
L’ultima RMA ufficialmente riconosciuta è stata quella che ha segnato la nascita dell’era nucleare. L’applicazione delle intelligenze artificiali, l’informazione quantica, la gestione di immensi database di dati e reti, tutto racchiuso sotto il termine Information Technology (IT) ha cambiato significativamente il modo di condurre le operazioni militari e di sviluppare i nuovi sistemi d’arma, tanto da rappresentare appunto una rivoluzione.
Nel bel mezzo di questa dichiarata rivoluzione, viene però più volte riportato che le Forze Armate Cinesi hanno ancora molto margine di miglioramento per arrivare a competere con le migliori potenze militari mondiali. Sembra però che tali affermazioni siano più un messaggio per far “adagiare sugli allori” i possibili antagonisti cinesi più che un assunto di base, dato che nella versione cinese del documento tale concetto viene molto stemperato e ridotto.
Su queste premesse in cui si avverte la mano del leader cinese Xi Jinping e del “suo pensiero”, quest’ultimo ormai riconosciuto come parte integrante della Costituzione cinese, si fonda di conseguenza quella che è la National Defence Policy in the New Era. Una nuova era che però non è da intendersi quale nuova era di bipolarismo o competizione mondiale.
Un simile accostamento potrebbe essere effettuato solo da chi non conosce a fondo la cultura cinese. Come nuova era si intende una nuova era per il socialismo e per la Cina che, grazie al pensiero illuminato del suo leader, può lasciare il suo vecchio mondo ingabbiato in rigidi ideali ed abbracciare, non dominare, il resto dei popoli del mondo in una forma di ringiovanimento, del popolo cinese.
La National Defence Policy cinese viene riportata nel documento, basata su nove obiettivi o lines of operations principali, tutti considerati difensivi per natura:
- Deterrenza e resistenza ad un aggressione
- Salvaguardia della sicurezza politica nazionale, della sicurezza del popolo e della stabilità sociale
- Opposizione e contenimento dell’indipendenza di Taiwan
- Smantellamento dei movimenti separatisti (Tibet e East Turkistan)
- Salvaguardia della sovranità nazionale, della sua unità, integrità e sicurezza
- Salvaguardia dei diritti ed interessi marittimi cinesi
- Salvaguardia degli interessi relativi alla sicurezza nello spazio, nello spettro elettromagnetico e nel cyberspace
- Salvaguardia degli interessi economici mondiali
- Supporto allo sviluppo sostenibile del Paese
Una difesa attiva a 360 gradi contro ogni possibile genere di minaccia, in ogni dominio, sia in modalità self-defence che come risposta post-strike.
Nel perseguimento di tale policy vengono inoltre identificate alcune condizioni intermedie da raggiungere, quali obiettivi a termine: la completa meccanizzazione del proprio esercito che si completerà nel 2020; la modernizzazione della dottrina, i Comandi, l’addestramento del personale, e lo sviluppo dei sistemi d’arma e gli equipaggiamenti da completare entro il 2035; il tutto orientato a portare le Forze Armate cinesi nel club delle migliori al mondo entro il 2050.
Nel perseguimento di tali obiettivi intermedi, viene dedicato ampio spazio nello spiegare la riorganizzazione dei Comandi di vertice e regionali, tesi nelle intenzioni a ridurre la dipendenza decisionale dagli organi centrali, ricercando una maggiore delega per le responsabilità decisionali, di pianificazione, di esecuzione e di assessment.
Analizzando la nuova struttura, talie intenzioni non sembrano però aver avuto i risultati sperati dato che comunque il controllo operativo delle forze (OPCON) rimarrà comunque in mano alla Central Military Commission (CMC).
Aspetto invece sicuramente da sottolineare è la nascita del Comando della PLA Rocket Force (PLARF) che sottolinea quanto questi sistemi d’arma, vero fulcro delle strategie Anti-Acces/Area Denial (A2AD), siano ritenute importanti per la Difesa cinese.
La seconda parte del documento è invece molto simile ai paritetici documenti occidentali. Vengono elencate le esercitazioni internazionali svolte nell’ultimo quadriennio, le iniziative di cooperazione con gli altri Paesi e le attività dual use svolte a supporto della popolazione e della Comunità Internazionale e dell’ONU.
Viene inoltre dedicato ampio spazio, anche con l’ausilio di grafici, nel mostrare le spese statali dedicate alla Difesa che, a conferma di quanto avvenuto nelle ultime tre decadi, si mantiene ben al di sotto del 2% del PIL.
Dato non rassicurante per il resto del mondo, tenendo in considerazione il mirabolante incremento del PIL cinese negli ultimi dieci anni, che si è tradotto comunque in un significativo incremento anche delle spese militari connesse.
Nonostante gli interessanti spunti di riflessione sopra riportati, si può però affermare che il nuovo Libro Bianco cinese non presenta significativi elementi di novità ma anzi riafferma la visione cinese dello scenario internazionale.
Il pensiero del leader Xi Jinping (nella foto sopra) è più che mai presente con spinte propagandiste, tanto da legare l’innovazione delle Forze Armate cinesi quale elemento fondamentale per il mantenimento della pace globale. Uno sviluppo militare quindi che avrà non solo un ruolo centrale nella realizzazione del “sogno cinese” (della ricerca della pace e felicità) e della sua rejuvenation, ma contribuirà, egocentricamente parlando, al futuro e alla pace dell’umanità.
Per fare un paragone calcistico, la squadra cinese appare sempre più confermare un gioco con una formazione in cui le sue Forze Armate rappresentano la forte difesa mentre il vero attacco viene lasciato alle politiche di espansione economica e commerciale.
Foto: PLA, Reuters e Xinhua
Fabio Di FeliceVedi tutti gli articoli
Laureato in Scienze Politiche, nel 2017 ha conseguito un Master in Studi Militari presso l'Università del Corpo dei Marines Americani a Quantico, Virginia. Ex-Ufficiale della Marina Militare e della Brigata Marina San Marco con cui ha svolto missioni internazionali nei Balcani, Iraq, Libano e Afghanistan. Dal 2018 è un Ufficiale nell'Esercito Australiano. Esperto in operazioni anfibie ed analisi dei conflitti, appassionato di storia militare, collabora con riviste militari e di geopolitica.