Foreign Fighters e immigrazione: le minacce islamiche alla sicurezza di Vienna

Per l’intelligence austriaca  il problema principale per la sicurezza del Paese resta il terrorismo islamico e i combattenti di ritorno dai territori, che per un po’ sono stati dell’Isis, la preoccupazione incombente.

Un raopporto dell’Ufficio austriaco per la protezione della Costituzione e l’antiterrorismo (BVT- Bundesamt für Verfassungsschutz und Terrorismusbekämpfung) ), l’agenzia di intelligence interna, valuta pericoloso il rimpatrio dal Medio Orente dei “foreign fighters”  austriaci: troppo difficili da prevedere nelle loro azioni, rappresentano un pericolo considerata l’esperienza acquisita sui campi di battaglia.

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La minaccia più consistente è costituita dai “foreign fighters”.  A partire dal 2017 circa 313 cittadini austriaci hanno partecipato attivamente o hanno tentato di partecipare ai combattimenti a fianco degli islamisti in Iraq e Siria. Si stima che 94 di questi siano tornati in Austria, mentre 55 sono ritenuti morti.

Le autorità hanno anche impedito con successo a 59 persone di lasciare il Paese, tra queste 22 erano donne. Ad agosto 2017, l’Austria ha incarcerato 64 combattenti stranieri, il 20 percento dei quali di età compresa tra 16 e 21 anni mentre è stato rilevato che i combattenti stranieri austriaci fossero prevalentemente immigrati di seconda generazione, provenienti da Cecenia, Turchia e Balcani, tra 18 e 35 anni.

Come negli ultimi anni, l’Austria è stata risparmiata dagli attentati terroristici jihadisti. Tuttavia, il Bundesamt für Verfassungsschutz und Terrorismusbekämpfungo (BVT) ha ribadito nella sua relazione annuale del 2018 che “l’estremismo islamista – e in particolare il terrorismo jihadista – è attualmente la più grande minaccia per le società liberal-democratiche”.

Le autorità di Vienna monitorano il sostegno che i musulmani austriaci offrono a gruppi quali Isis op Hamas. Nel 2014 quando diversi simpatizzanti austriaci dell’Isis pubblicarono foto di messaggi di supporto sui social media w secondo un’inchiesta pubblicata all’epoca dal quotidiano Der Standard  l’Austria è stata un “hub” centrale per i jihadisti che avevano come destinazione la Siria attraverso i Balcani.

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A distanza di qualche anno, l’ultimo rapporto annuale della BVT esprime la medesima preoccupazione per le reti estremiste jihadiste nei Balcani occidentali. Reti che potrebbero potenzialmente costituire una minaccia per la sicurezza nazionale austriaca non solo per la vicinanza geografica, ma per il numero considerevole – oggi ancor di più – di minoranze bosniache e serbe che vivono in Austria.

È sempre il rapporto 2018 (anno in cui sono state chiuse in Austria 7 moschee in mano a radicali islamici ed espulsi doxzine di estremisti) a sottolineare come le organizzazioni jihadiste – in particolare Isis e al-Qaeda – siano state in grado di diffondere le loro ideologie in Austria in un processo ampiamente facilitato dai social media e dall’immigrazione.

E le autorità austriache sono anche preoccupate per i gruppi islamici informali, in particolare quelli che sottoscrivono un’interpretazione fondamentalista dell’islam o promuovono i principi salafiti. Il rapporto del 2017 evidenziava come un numero crescente di richiedenti asilo si fosse unito a gruppi salafiti in Austria.

Ben nota alle autorità è, per esempio, The True Religion (Die Wahre Religion o DWR), un’organizzazione salafita islamista fondata da Ibrahim Abou Nagie, che ha diffuso propaganda e proselitismo nelle città austriache (“street dawa”).

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Il gruppo è composto da una rete di predicatori prevalentemente salafiti tedeschi che dal 2011 allestiscono stand e distribuiscono copie del Corano nelle aree a maggioranza musulmana in Germania, Svizzera e Austria.

Il DWR non ha fatto apparizioni o manifestazioni pubbliche in Austria nel 2017, eppure sono emerse nuove organizzazioni salafite come “Imam” a Vienna e “Fitrah” a Graz. Entrambi i gruppi si impegnano nella “street dawa” e diffondono video, immagini e articoli delle loro attività sui social media. “Imam” e “Fitrah” rinunciano pubblicamente alla violenza, ma la BVT teme che entrambi i gruppi “forniscano il terreno fertile per la radicalizzazione e il reclutamento di nuovi seguaci attraverso l’indottrinamento sistematico”.

La BVT valuta che la denuncia pubblica della violenza da parte di questi gruppi faccia parte di una strategia per evitare una troppo stretta sorveglianza da parte di polizia e agenzie governative.

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Negli anni precedenti, l’Austria aveva visto sventare diverse trame terroristiche, da parte di estremisti islamici. La più nota riguarda un immigrato bosniaco di 25 anni che nel 2017  aveva pianificato un attentato jihadista lanciandosi con la sua auto sul mercatino di Natale di Graz: un’azione che avrebbe dovuto emulare l’attentato terroristico di Berlino compiuto con un camion dal tunisino Anis Amri  l’anno prima.

La stessa città di Graz è stata etichettata come una “roccaforte” per il fondamentalismo islamico, con un rapporto che nel 2017 valutava come  almeno 11 delle moschee della città fossero dominate dalle cosiddette “opinioni islamiche radicali”.

Non va dimenticato che il governo austriaco ha vietato, nel maggio scorso, l’uso del velo a scuola per le ragazzine di età inferiore ai 14 anni con una legge che proibisce qualsiasi “abbigliamento influenzato ideologicamente o religiosamente associato alla copertura del capo” nelle scuole primarie della nazione.

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Tasselli di un puzzle che finisce con l’intrecciarsi con i dati relativi all’immigrazione giunti recentemente dall’Unione europea che registrano  un aumento del 10% nel numero di domande di asilo nei primi sei mesi dell’anno.

L’agenzia dell’UE per l’asilo, l’EASO, riferisce che 400.500 migranti hanno presentato domanda di asilo dall’inizio di quest’anno alla fine di luglio di quest’anno, con un aumento del 11% rispetto allo stesso periodo del 2018.

Una possibile inversione di tendenza poiché, dopo anni di declino rispetto al picco del 2015 quando i flussi migratori illegali via Balcani portarono a 1.257.000 domande di asilo, le richieste avevano registrato un progressivo calo fino alle 586.000 del 2018.

Numeri che in ogni caso non forniscono dati completi sulla quantità di clandestini che entrano nell’Unione europea, poiché alcuni non presentano domanda ma tra i primi dieci paesi di origine dei richiedenti asilo 8 sono islamici (Siria, Afghanistan, Iraq, Pakistan, Turchia, Iran, Nigeria e Albania) e in 7 di questi è estremamente diffuso jihadismo e terrorismo islamico quali.

 

 

Lorenza FormicolaVedi tutti gli articoli

Giornalista nata a Napoli nel 1992, si occupa di politica estera, in particolare britannica, americana e francese ma è soprattutto analista del mondo arabo-islamico. Scrive per Formiche, La Nuova Bussola Quotidiana, il Giornale e One Peter Five.

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