A Bologna la presentazione del libro “La visione di Trump” di Germano Dottori

Trump non è una deviazione da un percorso, un incidente della storia, ma il risultato di un processo che è iniziato immediatamente dopo la caduta del Muro di Berlino e proseguirà molto probabilmente anche dopo il suo passaggio alla Casa Bianca. L’America chiuderà le “guerre infinite” combattute in zone ormai ritenute periferiche e proseguirà la propria transizione dal controllo di prossimità del pianeta a quello “da remoto”. Comprendere questo passaggio aiuterà a ridurne i rischi e a cogliere le opportunità che si dischiuderanno anche per le medie potenze come l’Italia. Presentazione di Stefano Feltri. Postfazione di Giancarlo Giorgetti.

 

Pubblichiamo qui sotto un estratto del libro di Germano Dottori “La visione di Trump” che verrà presentato giovedì 3 ottobre a Bologna, alle ore 18,30, nella splendida cornice del Circolo Ufficiali dell’Esercito in Via Marsala 12.

Oltre all’autore, docente di Studi Strategici alla LUISS e consigliere scientifico di Limes, interverranno il generale Giuseppe Cucchi, il generale Antonio Li Gobbi (moderatore) e Gianandrea Gaiani.

 

Cosa dobbiamo attenderci?

 <<Continuare a cooperare con Trump […] non sarà certamente un esercizio a costo zero. Dovrebbe essere invece l’esito di una scelta ponderata tra le alternative a disposizione. Assecondare le derive in atto in una parte dell’Unione Europea, cercando di associare l’Italia a strutture direttoriali più o meno informali che sembrano costruite in modo tale da danneggiare i nostri interessi nazionali in molti settori, a partire da quelli legati alle produzioni ad alto valore aggiunto per la difesa, accentuerebbe verosimilmente la specializzazione del nostro paese nelle subforniture ai nostri maggiori partner d’Oltralpe, riducendone le possibilità di sviluppo a lungo termine e dilatando il gap che ci separa da loro.

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Anche lo sviluppo dei rapporti con la Cina non è esente da rischi. Nell’immediato, può forse aiutarci ad ottenere capitali preziosi da investire nel rinnovamento di infrastrutture che accusano ormai il peso degli anni, come quelle portuali potenzialmente coinvolte nel progetto della Belt and Road Initiative.

Esistono tuttavia delle “linee rosse” che sarebbe meglio non oltrepassare, in virtù dell’impatto strategico complessivo che ne deriverebbe e delle prevedibili contromisure statunitensi conseguenti alla possibile perdita di fiducia nei confronti dell’Italia.

Un conto è espandere i mercati di sbocco dell’export italiano, altro sarebbe cedere alle aziende di Pechino il controllo di comparti attraverso i quali la Repubblica Popolare potrebbe acquisire tecnologie nazionali “sensibili” oppure conquistare un potere di condizionamento suscettibile di riverberarsi in futuro anche sulle scelte di allineamento internazionale del nostro paese.

Vale per l’infrastruttura del 5G come per la vendita di quote del debito sovrano italiano ai fondi cinesi. Pone problemi la stessa condivisione politica delle finalità del progetto cinese, sulla quale non si è forse riflettuto abbastanza.

Su questo specifico punto, i segnali di una crescente apprensione americana non sono mancati. A muoversi nei nostri confronti per “segnalare” i rischi cui l’Italia andrebbe incontro non è stata soltanto l’amministrazione Trump e l’Ambasciata di via Veneto che la rappresenta, ma anche think tank come la Brookings, di tendenze liberal, il cui presidente è stato visto a Roma.

È inoltre di pubblico dominio il fatto che l’ambasciatore Lewis Eisenberg abbia affrontato alcune di queste tematiche in un incontro con il vicepremier pentastellato Luigi Di Maio svoltosi il 15 febbraio 2019 e nel corso di altre visite fatte successivamente ad altri importanti esponenti del Governo italiano prima dell’arrivo nel nostro paese del presidente cinese Xi Jinping. Di danno alla reputazione globale dell’Italia ha esplicitamente scritto su Twitter il National Security Council. Altre iniziative, invece, sono passate praticamente inosservate, pur essendo non meno incisive.

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Si può discutere se questi indirizzi anticinesi siano o meno destinati a persistere negli Stati Uniti. Sulla necessità di contenere l’ascesa geopolitica della Cina, tuttavia, in America si registra ormai un forte consenso bipartisan. La linea di Washington, quindi, non dovrebbe cambiare neanche qualora nel 2020 il partito democratico riuscisse a riconquistare la Casa Bianca.

Nei confronti dell’America è stato lanciato un guanto di sfida che è stato raccolto. E ben difficilmente gli Stati Uniti cambieranno orientamenti, se non nel senso di aggredire Pechino anche su terreni che Trump abitualmente non utilizza, ad esempio ponendo maggiore enfasi sugli strumenti di lotta più opachi o accentuando le pressioni dal lato del rispetto dei diritti umani.

È invece probabile che il confronto elettorale del 2020 investa le future relazioni con la Federazione Russa, con i democratici che verosimilmente chiederanno ancora maggior rigore nei confronti di Mosca e Trump che invece potrebbe utilizzare il suo eventuale secondo mandato per portare a termine il progetto geopolitico di riconciliazione contro il quale maggiormente si è concentrata l’azione dei suoi avversari interni. Questo specifico elemento, di importanza non trascurabile per l’Europa e l’Italia, è quindi tuttora avvolto nell’incertezza.

Sulla direzione di marcia degli Stati Uniti nel loro complesso, però, non dovrebbero esserci dubbi. Trump non è una deviazione da un percorso, un incidente della storia, ma il risultato di un processo che è iniziato immediatamente dopo la caduta del Muro di Berlino.

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L’America chiuderà le “guerre infinite” combattute in zone ormai ritenute periferiche. Si sono impegnati a farlo anche Bernie Sanders ed Elizabeth Warren. E proseguirà la propria transizione dal controllo di prossimità del pianeta a quello “da remoto”. In fondo, lo esigono anche le necessità del duello ingaggiato con la Cina, che verrà presumibilmente deciso nello spazio e nel dominio delle alte tecnologie.

Per certi versi, si dilaterà l’area di responsabilità entro la quale anche le medie potenze come l’Italia potranno perseguire attivamente i propri interessi, se solo lo vorranno e ne saranno capaci. Ciò comporterà, naturalmente, anche dei rischi, dal momento che parallelamente s’indebolirà una rete di protezione alla quale molto spesso il nostro paese si è aggrappato.

Nel mondo che sta emergendo, saremo quindi in un certo senso più liberi di scegliere e persino di agire. Ma non saremo i soli a potercene giovare. Dovremo perciò dotarci delle capacità necessarie a cogliere le opportunità che si paleseranno e schivare i pericoli che incontreremo sul nostro cammino. L’adeguamento anche istituzionale del nostro paese alle sfide che ci attendono è ormai indifferibile>>

 

Germano Dottori

La visione di Trump – Obiettivi e strategie della nuova America

Editore: Salerno

Collana: L’altrosguardo

Anno edizione: 2019

In commercio dal: 6 giugno 2019

Pagine: 220 p., Brossura

Euro 16

EAN: 9788869733796

 

 

 

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